La famiglia Berlusconi spinge il patto con Matteo Salvini. Obiettivo: liberarsi di Forza Italia

Con il Cavaliere ancora convalescente e i bilanci disastrosi di Fi, i figli Marina e Pier Silvio, assieme a Fedele Confalonieri, tentano di affidare a Matteo i propri interessi di azienda e l’eredità politica di papà Silvio. La prima richiesta leghista: riavere più spazio su Mediaset

Qualcuno con buona memoria si ricorderà che un paio di settimane fa, durante un intervallo ludico fra «notti magiche inseguendo un gol sotto il cielo di un’estate italiana» canticchiata nel traffico e l’esposizione di tre mele anziché le iconiche tre pere ai turchi, Matteo Salvini ha comunicato serioso, e quand’è serioso indossa la camicia bianca, l’intenzione di federare Forza Italia e la Lega ex Nord. Però stavolta Salvini, un po’ avventato, forse precipitoso, certamente impreciso, ha il sostegno di un alleato necessario per sfuggire alla concorrenza di Fratelli d’Italia: la famiglia Berlusconi.


Che sia una federazione, la solita fusione, un partito unico, un cartello elettorale, un genere più impegnativo di una pigra convivenza nel centrodestra, questa cosa qui, di cui Salvini parla e riparla, poi tace e si pente, è una cosa che ha negoziato con la famiglia Berlusconi, con Silvio convalescente fra la villa di Arcore e l’ospedale di Milano, con i figli di Silvio, soprattutto Marina. Questa cosa qui, che adesso non ha una definizione compiuta e neanche una formula decifrabile, è un modo per Salvini di liberarsi di Giorgia Meloni e per la famiglia Berlusconi di liberarsi di Forza Italia.


DIETRO IL PATTO
Salvini ha capito che per competere con Giorgia Meloni deve andare dove non arriva Giorgia Meloni. Al centro, che poi in politica è quello spazio elettorale che sa di tutto e sa di niente a cui ambiscono in troppi. Così gli hanno garantito quando ha accettato di aderire al governo di Mario Draghi.


Salvini si sfama con la popolarità, gli indici di ascolto, le condivisioni dei video, le caterve di mi piace. Se Meloni lo supera su Facebook, si dispera. Se Meloni lo supera negli equilibri del centrodestra, è finito. Allora ha pensato che questa adesione al governo di Mario Draghi, che ha accettato perché gli hanno imposto di accettare, è l’occasione perfetta per rifare la coalizione senza mettersi lì a rivaleggiare con Fratelli d’Italia che ha il vantaggio di muoversi all’opposizione in beata solitudine.

 

Marina Berlusconi


Matteo ha accennato vagamente questa cosa qui ai ministri Giancarlo Giorgetti e Massimo Garavaglia e ai dirigenti leghisti, non ha illustrato i particolari perché ne era sprovvisto, non si è soffermato su nulla, però all’improvviso un giorno ne ha fatto un annuncio solenne. L’annuncio di un piano. Salvini si piazza a destra, tipo cippo di confine, e scruta gli eventuali possedimenti al centro. Arriva talmente lontano con lo sguardo che il renziano Ettore Rosato sembra già un vecchio funzionario del Carroccio tanto è viva la volontà di Italia Viva di partecipare.


Forza Italia è la più vicina, ovvio. Forza Italia non vuole l’annessione di Salvini, si dice. Soltanto Antonio Tajani, rimasto coordinatore unico di Forza Italia perché fregato da Gianni Letta nella lista dei ministri, è favorevole a questa cosa qui con la Lega di Salvini. Letta è il maestro dei sensali, è un azionista di Forza Italia, quasi un azionista di maggioranza di Forza Italia nel governo poiché ha portato a Draghi il foglietto con i nomi delle ministre Mara Carfagna e Mariastella Gelmini. Letta è contrario. Il senatore e avvocato Niccolò Ghedini, a cui è consentito l’accesso nella villa di Arcore per ragioni anche di affetto e non limitate al disbrigo delle pratiche legali, ha spesso supervisionato le trattative di lista con la Lega discutendone aspramente con Gianni Letta.


Pure Ghedini è contrario. E sono contrarie le ministre Carfagna, Gelmini e i parlamentari che non sopportano un epilogo salviniano perché non considerano che Salvini non è più il Salvini degli eccessi. Almeno a giorni alterni. Questa cosa qui, la federazione, la solita fusione o il partito unico come lo chiama Berlusconi perché si intende del ramo con i precedenti della Casa delle libertà oppure del Popolo delle libertà, invece ha convinto la famiglia di Berlusconi, la figlia Marina, il figlio Pier Silvio, lo “zio” Fedele Confalonieri, il più alto rappresentante del partito azienda di Fininvest e Mediaset. Non perché Letta e Ghedini siano insensibili alle logiche del partito azienda di cui Confalonieri è l’interprete milanese e non dei palazzi romani, ma perché Letta e Ghedini hanno nobili trascorsi nei palazzi romani che frequentano e che Letta frequenta da mezzo secolo e in quei luoghi sanno che Salvini è respinto.


La famiglia è stufa di sopperire alle perdite di Forza Italia, di foraggiare con 100.000 euro a testa un partito con un terzo degli eletti che si rifiuta di pagare l’obolo mensile, di fronteggiare un debito che bascula attorno ai 100 milioni di euro da anni e viene contenuto dalle fideiussioni bancarie firmate da Berlusconi e cioè dalla famiglia e dunque dalle proprietà di famiglia. Il tesoriere e senatore Alfredo Messina, ex Mediolanum, Mondadori e Fininvest, uomo di casa Arcore, lunedì ha vidimato l’ultimo bilancio con i 100 inscalfibili milioni di buco e ha avvisato subito Berlusconi e ha consultato il senatore Adriano Galliani. Tutti esterrefatti, nessuno sorpreso.

 

Niccolò Ghedini


La famiglia osserva i 100 milioni con lo spavento di chi guarda un macigno che sta per scivolare giù. Né Pier Silvio né Marina, però, sono due rampolli ingenui che pensano di disfarsi di un patrimonio politico di trent’anni e di una presa sul potere di governo che fa comodo, eccome se fa ancora comodo, alle aziende di famiglia, a Mediaset per esempio, che si trovano nella delicata condizione di conquistarsi un degno futuro dopo aver difeso il glorioso (e rocambolesco) passato. E come ammettono anche da Fininvest, Marina vuole proteggere il papà da inutili e dannose tensioni politiche e la federazione, questa cosa qui, la intriga molto. La famiglia ha compreso che è il momento di affidare Forza Italia e i propri interessi, dopo puntuali accordi, meglio se scritti, al giovane Matteo. Un tempo era Renzi, oggi è Salvini.

 

DENTRO IL PATTO
Quando si incontrano Salvini o i leghisti salviniani e Confalonieri o altri capi di Mediaset si fa a turno a chi si lamenta di più. Il presidente di Mediaset si lamenta dei parlamentari forzisti che non saldano le quote al partito e le incombenze ricadono su Berlusconi. E poi domanda: voi, come fate? Nonostante i 49 milioni di euro che la Lega deve restituire allo Stato in 80 soffici rate a tasso zero, l’esercizio 2020 ha chiuso con un attivo di 350.000 euro. I senatori, deputati e consiglieri leghisti pagano. Salvini e i leghisti salviniani, invece, si lamentano del pessimo trattamento che ricevono da Mediaset.


I dati dell’Autorità di garanzia per le comunicazioni (Agcom) danno ragione alla lettura un po’ complottista di Salvini. Nel mese di aprile in prima e seconda serata su Rete4, il canale dell’informazione, Fratelli d’Italia ha ottenuto il 17 per cento del tempo di parola al pari di Forza Italia contro il 14 della Lega. Ancora peggio a maggio: 17 per cento a Meloni e colleghi e 11 ai leghisti. Le telefonate fra Silvio e Matteo e l’intercessione di Marina Berlusconi e Fedele Confalonieri, secondo i salviniani, produrranno benefici immediati: «Ci riaprono i cancelli degli studi di Cologno Monzese».


Una premessa. È il servizio di benvenuto che la famiglia Berlusconi offre agli amici più intimi. Il resto prevede una collaborazione fra i gruppi che formano un’ampia base del governo di Draghi con 115 senatori e 210 deputati. La prima prova sarà la nomina dei consiglieri di amministrazione della Rai: la Lega pretende più posti nei telegiornali e nei programmi. Poi ci sono le comunali, le prossime politiche, la distribuzione dei seggi. E in prospettiva, è palese, l’appuntamento più importante sarà a febbraio con l’elezione del presidente della Repubblica. Ci si frequenta di più, e meglio, finché i politici si mescolano e le esigenze pure.

 

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Se il leghista fallisce la sua prova di maturità, se tradisce la fiducia della famiglia Berlusconi che asseconda un progetto non benedetto da Gianni Letta e da Niccolò Ghedini, non rimane che ritirarsi e consegnarsi a Fratelli d’Italia. Nel breve periodo, nei prossimi mesi, è più utile a Salvini che a Silvio: la Lega si rinvigorisce, Forza Italia si annacqua. Salvini si sottrae alla presa di Meloni, si riprende il controllo di una coalizione e si espande al centro come gli hanno suggerito di fare. Questa cosa qui, la federazione, la solita fusione o il partito unico, nel lungo periodo, nei prossimi anni, invece è la prosecuzione del berlusconismo in politica in altre forme, è l’evoluzione del partito azienda.


È la sua eredità. Custodita da Salvini. Sorvegliata da Marina e Pier Silvio.

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