Giorgia Meloni potrà contare su una maggioranza assoluta in entrambe le Camere. E i pessimi rapporti tra i leader di Pd, M5S e Terzo Polo sono un’altra carta a suo favore

Il termine “opposizione”, almeno per ora, dovrà essere declinato al plurale. Davanti a una solida maggioranza di centrodestra, le forze dell’ex campo largo si ritroveranno a giocare nella stessa metà campo ma per squadre avversarie. I rapporti personali sono al minimo storico, le visioni sul Paese sono spesso opposte. C’è chi si mostra intransigente verso il prossimo governo e chi, al contrario, promette collaborazione «se farà cose giuste».

 

A comporre la frammentata galassia d’opposizione ci sarà il Terzo polo di Azione e Italia Viva, il Movimento 5 stelle di Giuseppe Conte, l’Alleanza Verdi-Sinistra di Bonelli e Fratoianni e, infine, il Partito Democratico, la cui sopravvivenza, dopo l’ennesima batosta elettorale, è ormai messa in discussione perfino dai dirigenti.

 

Non una, bensì quattro minoranze che alle elezioni del 25 settembre hanno ottenuto complessivamente 158 seggi alla Camera e 79 al Senato. Il resto è andato tutto al centrodestra, assicurandosi la maggioranza assoluta di entrambe le Aule. La debolezza dell’opposizione, infatti, sta in primo luogo nei numeri. Numeri che però rappresentano la diretta conseguenza dei litigi che hanno preceduto le elezioni. Gli stessi, in sostanza, che ora rischiano di pregiudicare un’azione compatta dell’opposizione contro lo strapotere della destra. La campagna elettorale ha scavato un fossato tra i partiti. Le urne e la legge elettorale hanno fatto la loro parte. E il post elezioni, infine, è stato caratterizzato da uno continuo scambio di accuse sulla responsabilità di aver favorito il trionfo della coalizione di centrodestra.

 

«Non ci sarà nessun dialogo con questo gruppo dirigente», ha detto Giuseppe Conte riferendosi ai vertici del Pd. Letta? «Non l’ho più sentito». Le parole del presidente del M5s la dicono lunga sui rapporti (pessimi) che intercorrono tra gli ex alleati. Conte ora accarezza il sogno di guidare il fronte progressista scippando la leadership a un Pd sempre più in affanno. I risultati delle elezioni, del resto, hanno consegnato ai Cinque Stelle un risultato al di sopra delle aspettative: oltre il 15 per cento con tanto di exploit al Sud. Non solo: alla destra del Pd, il Terzo polo punta dritto sulle elezioni europee del 2024 per fare del partito di Letta quello che Macron fece con i socialisti francesi: prosciugarli. «Non staremo né con Cinque Stelle e Pd né con il centrodestra», ha promesso Renzi. In realtà il leader di Iv ha già fatto sapere che su alcuni punti sarà ben disposto a collaborare con la maggioranza. Sui temi energetici, sulle riforme costituzionali e sul reddito di cittadinanza, il tandem Calenda-Renzi viaggia distante dall’opposizione e in sintonia con il centrodestra. Entrambi puntano su gas e nucleare, così come tutti e due sarebbero pronti a ridimensionare (se non ad abolire) il sussidio caro ai 5 stelle e sostenuto dal Pd.

 

Nei prossimi giorni i nuovi eletti si riuniranno per eleggere i presidenti di Camera e Senato. Grazie alla maggioranza assoluta il centrodestra avrà carta bianca. Il centrosinistra resterà a guardare. Stessa cosa potrebbe accadere con l’elezione dei presidenti delle commissioni parlamentari. Quelle di controllo e garanzia (come il Copasir) spettano all’opposizione, ma difficilmente - viste le condizioni - Pd, M5s e Terzo Polo riusciranno a trovare una quadra su un nome unico. Il Copasir è un organo ambito e delicato, soprattutto in un periodo caratterizzato da tensioni globali. E le divergenze in ambito geopolitico non mancano. M5S e Avs, al contrario di Pd e Terzo polo, si sono sempre opposti all’invio di nuove armi all’Ucraina. Non è escluso che il sostegno militare a Kiev, una volta insediato il nuovo governo, possa diventare oggetto di un altro passaggio parlamentare, provocando così un’ulteriore ed evidente spaccatura. L’ennesima.