Il segretario dem replica alla scrittrice che sull’Espresso denunciava la scarsa iniziativa del partito. «Sulla norma anti-rave la nostra reazione è stata pronta. Agli intellettuali non chiediamo sconti. Suggeriamo di confrontarci nel rispetto reciproco»

Gentile Michela Murgia,

 

non so se, come lei ha suggerito qui su L'Espresso, gli intellettuali facciano "comodo" al Pd. Se con questo intende una funzione di pungolo del dibattito pubblico sì, ci fanno molto comodo. Anzi, mai come oggi, direi che ne abbiamo bisogno. Per rialzarci dopo la sconfitta, ogni stimolo, anche il più corrosivo, può contribuire ad alimentare un confronto che vada oltre i titoli di giornale o l'esercizio ripetitivo del processo agli sconfitti.

 

Questo non si traduce naturalmente in una funzione di supplenza. La sovrapposizione dei ruoli non giova a nessuno e in tutti i Paesi avanzati più è ampia e piena l'autonomia degli intellettuali, maggiore è la libertà di critica alla politica e ai partiti, più è sana la democrazia e vivaci sono gli scambi con la società nel suo complesso.

L’antitaliana
«Caro Enrico Letta, grazie al vostro silenzio sui migranti la destra attacca noi intellettuali»
17/11/2022

Tuttavia, il caso cui lei fa riferimento - la contestata norma anti-rave, come sappiamo lesiva del più generale diritto di espressione del dissenso - è forse l'esempio meno calzante per rappresentare i presunti limiti dell'azione parlamentare del Pd in questo avvio di legislatura. La nostra reazione è stata pronta, generalizzata e appassionata. E a fronte del titolo che cita, se ne potrebbero elencare una dozzina che hanno riconosciuto l'efficacia di questa risposta. La norma di fatto è nata morta e ciò grazie a una spontanea pressione congiunta: della pubblica opinione e anche del Pd, nelle sedi istituzionali competenti. Io stesso sono stato rappresentato dalla pubblicistica di destra come un fan dei rave illegali, con gli effetti grotteschi che può ben intuire.

 

Ne rivendichiamo il merito o vogliamo una medaglia? No. È un dovere? Sì. Il dovere di una forza politica che rappresenta oltre cinque milioni di italiani lontani, culturalmente e antropologicamente quasi, da questa destra. È il compito dell'opposizione a cui forse tutti quanti - noi che ne siamo protagonisti ma anche chi ci guarda e giudica da fuori - dobbiamo riabituarci dopo un decennio circa di permanenza pressoché continua al governo, coi pro e i contro che ciò ha determinato.

 

A questo mandato cerchiamo di assolvere ogni giorno in Parlamento e nel Paese. Lo abbiamo fatto essendo fisicamente presenti con i nostri parlamentari, guidati da Peppe Provenzano, al porto di Catania, contro l'aberrazione anticostituzionale della selezione dei migranti. Lo facciamo ogniqualvolta c'è da contrastare provvedimenti o interventi lesivi dei diritti e dei nostri valori non negoziabili. Lo faremo, proprio da oggi, con un Congresso costituente aperto il più possibile alla società e a chiunque voglia contribuire alla rigenerazione di un Partito che accetta, unica forza politica tra quelle uscite sconfitte dal voto, di mettersi in discussione per capire cos'è che non ha funzionato e cambiare.

 

Non so se è sufficiente. So solo che non è tardi, che c'è la possibilità di rendere più solida l'alternativa al governo e alla destra a partire proprio dal Pd. E questo proprio quando esso ê oggetto degli attacchi strumentali che arrivano ogni giorno dal Terzo Polo e dai 5 Stelle, forse con l'intento di far fare ai progressisti italiani la fine che hanno fatto in Francia o in Grecia.

 

Agli intellettuali non chiediamo sconti né misura. Suggeriamo, questo sì, di confrontarci nel rispetto reciproco e nell'interesse della sinistra italiana e dell'Italia. Interesse che so essere comune e sincero.