La crisi innescata dalla pandemia ha rimesso al centro della politica il ruolo degli amministratori locali. Dall’emergenza alla risposta di prossimità ai bisogni

L’esperienza della pandemia, che non sembra dare tregua, riscrive non solo l’agenda delle priorità, ma anche il metodo politico e le sfide, in particolare per il centrosinistra. Il disagio sociale, infatti, si affronta con risposte concrete, anche minute.

 

Walter Veltroni, primo segretario del Pd, giornalista e scrittore, parla di una politica che si va «ri-cittadinizzando». Ma anche la scommessa glocal, globale/locale, come si dice. Significa, citando Veltroni, un nuovo progetto urbano e umano che dia risposte alla richiesta di rete territoriale di servizi di prossimità, ad esempio. Enrico Letta, leader democratico, ne ha fatto il suo manifesto politico: prossimità nei confronti dei bisogni della persona e della comunità e riduzione delle disuguaglianze. Se prossimità è parola-chiave, Comuni e amministratori locali giocano un ruolo centrale, essendo nella prima linea delle comunità. Nel libro “Anima e cacciavite” Letta sostiene che «attraverso le lenti della prossimità possiamo applicare quello che la pandemia ha ricordato a tutti in modo traumatico e brutale, e cioè che è tutto collegato». (...)

 

La salute, i servizi sociali, il welfare, la formazione e il lavoro, l’ambiente e il verde, i trasporti, la qualità abitativa, la cultura, il federalismo europeo: chi è sulla palla gioca la partita politica. I sindaci hanno molto da dire in proposito, senza volere fare di tutta l’erba un fascio, perché ci sono sindaci di destra o di sinistra, autonomisti, civici, tendenza sceriffo, pentastellati ed ex pentastellati, come Federico Pizzarotti, che aveva anche pensato di raccoglierne trasversalmente alcuni nel movimento Italia in Comune. Comunque vivono un nuovo protagonismo istituzionale, ma anche «un maggiore peso politico, dal momento che i sindaci portano freschezza, concretezza e energia nella politica», come dice Enzo Bianco.

 

Bianco è uno che se ne intende, perché la legge numero 81 del 25 marzo 1993 per l’elezione diretta dei sindaci l’ha scritta materialmente. È stato inoltre tra i promotori della stagione delle “centopadelle”, definizione sarcastica coniata da Giuliano Amato, scettico – insieme al leader della sinistra all’epoca più ascoltato, Massimo D’Alema – sul movimento dei sindaci “Centocittà”.

 

Guardando a quel periodo, Bianco fa l’esempio del parcheggio: quando i sindaci erano nelle mani dei partiti e duravano in media 11 mesi al governo delle città, chi di loro avrebbe mai avuto il coraggio di inimicarsi i commercianti e mezza opinione pubblica, e decidere di trasformare, o addirittura vietare, un’area destinata a parcheggio? (...) Per voltare pagina c’è voluta una (quasi) rivoluzione dei sindaci, l’elezione diretta, nella stagione post Tangentopoli – quando a sinistra ancora non scalciava l’Asinello dei democratici di Arturo Parisi e Romano Prodi (in cui il movimento Centocittà confluì) e a destra Silvio Berlusconi saggiava il nuovo partito Forza Italia. Nelle elezioni comunali del giugno 1993 a Torino Diego Novelli venne battuto da Valentino Castellani. A Milano Nando Dalla Chiesa perse contro Marco Formentini della Lega Nord di Bossi. A Catania Enzo Bianco ebbe la meglio su Claudio Fava. Duelli, faccia a faccia. Ma vincitori e vinti sono comunque i protagonisti di un grande ricambio politico.

PB

Dopo pochi mesi, altro giro, altra corsa. Vennero eletti sindaco un filosofo a Venezia, un imprenditore a Trieste, un magistrato a Genova: Massimo Cacciari, Riccardo Illy, Adriano Sansa. Nella capitale un ambientalista a capo di una coalizione di sinistra, Francesco Rutelli, sconfisse il leader dell’Msi, Gianfranco Fini, e a Napoli un giovane del Pds, Antonio Bassolino, staccò di undici punti Alessandra Mussolini, la nipote del Duce. A Salerno ebbe inizio la carriera di sindaco di Vincenzo De Luca e a Cosenza fu eletto sindaco il socialista Giacomo Mancini. A Palermo Leoluca Orlando trionfò con un consenso bulgaro: oltre il 75 per cento. Poi c’è stata la leva di Veltroni a Roma, Rosa Russo Jervolino a Napoli, Leonardo Domenici a Firenze, Sergio Chiamparino a Torino, Michele Emiliano a Bari. (...) Molta acqua è  passata sotto i ponti. Il sistema politico italiano si è “ingrippato” a ripetizione. Ed è vero che oggi il distacco dei cittadini dalla politica è sembrato “trasferirsi” anche a livello locale con record di astensionismo alle amministrative, disillusione e persino una perdita totale di appeal del ruolo e della funzione di primo cittadino.

 

Filippo Ceccarelli, giornalista e opinionista, ha raccontato con ironia la «lamentazione» dei sindaci che accompagna l’endemica fibrillazione della politica italiana e che arriva persino all’improbabile avviso su Instagram: «Cerco lavoro, anche come sindaco». Cacciari, come abbiamo visto, ritiene sia un viaggio ormai al termine della notte e che le autonomie locali siano state tradite.

 

Il politologo Piero Ignazi è convinto che una cosa sia amministrare, altra la sfida politica: l’una non riscatta l’altra. La discussione sulle autonomie locali è sempre aperta nella Lega. La faglia tra il partito che fu di Bossi e l’attuale di Matteo Salvini si consuma proprio nell’identità federalista del Nord legata ai territori della prima ora, mentre sovranista e populista è oggi la Lega di Salvini.

 

Duplicità che ai leghisti ovviamente non piace. Stefano Locatelli, responsabile degli Enti locali ed ex sindaco di Chiuduno, in provincia di Bergamo, che ha guidato il ritorno in Anci della Lega nel 2019, esalta il ruolo dei sindaci: «Sono la forza della democrazia più vicina ai cittadini». Roberto Calderoli, ex ministro delle Riforme, rimarca che la Lega è «partito dei territori». I numeri di sindaci e amministratori eletti alle Camere nelle file leghiste confermano, per Locatelli, il radicamento territoriale: su 133 deputati nella XVIII legislatura il 40 per cento è composto da amministratori locali, percentuale che sale all’84 per cento comprendendo ex sindaci, assessori e consiglieri diventati parlamentari e che hanno dovuto lasciare l’incarico. «Gli enti locali sono l’ossatura dell’Italia e la Lega ne riconosce l’importanza», è il leitmotiv.

 

I sindaci hanno assai spesso ragione. Per sé stessi e per tutti. Indagati di sovente per responsabilità  di fatto indirette o per abuso d’ufficio, sono di frequente assolti, ma dopo un calvario che ne mina la reputazione e l’attività amministrativa stessa. Le loro indennità solo di recente sono state adeguate, mentre i partiti sono stati restii per decenni ad affrontare la questione della incandidabilità, ovvero la regola secondo la quale i primi cittadini si devono dimettere sei mesi prima se vogliono gareggiare per il Parlamento, nel frattempo affidando le loro città a un commissario. Però c’è ora una diversa considerazione nei loro confronti, «trasversale», come segnala Luigi Zanda, senatore democratico di lungo corso, che ha presentato con Dario Parrini al Senato proposte di legge pro sindaci. «Nella pandemia i sindaci sono stati il volto dello Stato», rimarca Matteo Ricci. «Le autonomie locali sono lievito politico», è la convinzione di Graziano Delrio, ex presidente Anci, ex sindaco di Reggio Emilia, deputato dem, per il quale «prossimità» e «comunitarismo» sono le parole della politica.

 

Come «curare la democrazia», che è il lascito su cui, da presidente del Parlamento europeo, ha insistito David Sassoli. E poi ci sono le storie di riscatto dalla criminalità, che passano per forza attraverso i territori, le amministrazioni comunali: riscatto temporaneo, forse, tuttavia ostinato. Come quella di Lamezia Terme, cittadina calabrese, e dell’ex sindaco Gianni Speranza che ha portato quella battaglia – raccontata nel libro “Fuori dal Comune” – alla ribalta dei media internazionali. Magari cominciano a contare le ragioni che si dicevano: la prossimità, la concretezza, l’affidabilità e la necessità di un ricambio. Magari proprio partendo da una politica in grado di prendersi cura delle comunità si può curare la politica.

 

Tratto da Diario di bordo dei sindaci di Giovanna Casadio, Treccani Libri, 2022. Per gentile concessione dell’Editore