Il caso
Matteo Salvini non riesce ancora a parlare di Vladimir Putin
Quasi tre mesi dopo l’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, il leader leghista sui propri canali social è riuscito in oltre 600 messaggi a non nominare mai direttamente il capo del Cremlino
Sono appena cinque lettere: eppure scriverle sembra essere diventato impossibile per Matteo Salvini. Quella combinazione di tre consonanti e due vocali che forma il nome Putin è infatti un tabù per la propaganda digitale del leader della Lega: in quasi tre mesi dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, il Capitano del Carroccio è riuscito a evitare con la massima attenzione di scrivere quelle 5 lettere.
L’Espresso ha analizzato i 350 messaggi che Salvini ha pubblicato sulla sua pagina Facebook dal 24 febbraio, oltre ai 260 su Instagram e a centinaia di cinguettii su Twitter: una rete che sommando i tre social mette insieme 8 milioni e mezzo di fan, con centinaia di migliaia di interazioni ogni settimana. E che, nei momenti dell’ascesa salviniana quando la Lega veleggiava al 30 per cento dei consensi, veniva chiamata «la Bestia» per la sua capacità di incidere sul dibattito pubblico. Potere che oggi, se non del tutto smarrito, si è di certo ridimensionato. Il risultato della nostra ricerca toglie ogni dubbio sul fatto che si tratti di una scelta politica: in questi seicento post Putin non è mai nominato. Neanche una volta. Eppure le occasioni non sono mancate: Salvini ha infatti parlato sessanta volte di guerra e quaranta di pace. Ma niente, il nome del suo (ex?) amico Vladimir non riesce proprio a dirlo. E preferisce piuttosto concentrarsi su altro: i «clandestini» (7 volte), Mario Draghi (11 volte), l’adunata degli alpini, l’abbandono di Carola Rackete di Twitter e persino i cinghiali di Roma, citati in due occasioni. Gli ungulati sì, Vlad no.
Un fenomeno curioso che risalta in maniera ancora più evidente se si considera che nello stesso arco di tempo Salvini ha nominato varie volte Trump e Biden. «Con Donald Trump, attaccato per anni dalle sinistre del mondo, non saremmo arrivati fino a questa drammatica situazione», «Il 66 per cento degli americani boccia le politiche economiche di Biden. Ridateci Trump», scrive Salvini su Facebook. Insomma, pare che il suo non sia un problema generalizzato con i nomi dei potenti del mondo. Evita accuratamente solo quello di Putin. Come i lettori de L’Espresso sanno, i rapporti molto stretti tra la Lega e la Russia - fatti di costanti attestati di stima e culminati nella nota trattativa per un finanziamento milionario al Metropol di Mosca - sono stati da subito un motivo di imbarazzo evidente per l’ex ministro dell’Interno che, nel tentativo di far dimenticare la sua vicinanza al Cremlino, ha anche provato a ripulirsi l’immagine con un viaggio alla frontiera polacca. Tour culminato con l’umiliazione in diretta mondiale del sindaco di Przemysl che gli ha regalato una maglietta con stampata sopra la faccia di Putin per ricordargli le vecchie amicizie.
Da quel momento il leghista ha provato a barcamenarsi con equilibrismi e non detti, definendosi pacifista e seguace di papa Francesco sul tema del conflitto, evitando però di esporsi in condanne in prima persona . «Una preghiera. E l’impegno, di tutti, perché questa maledetta guerra finisca il prima possibile», scrive sui social Salvini in uno dei suoi interventi standard de-putinizzati. E in alcuni casi ha anche usato la guerra per rilanciare i suoi messaggi contro i migranti: «Mentre dall’Ucraina arrivano in Italia solo donne e bambini, da barchini e barconi sbarcano solo uomini adulti. Altri 505 stanotte, senza che il ministro abbia mosso un dito. Benvenuti…». Una strategia che mira a evitargli ulteriori imbarazzi almeno online, terreno in cui ormai il leghista si muove con difficoltà. Problema che però condivide anche con altri colleghi.
Anche un altro grande amico storico di Putin, Silvio Berlusconi, deve affrontare guai simili. L’ex Cavaliere in un intervento pubblico a inizio aprile si è detto «deluso e addolorato» dalle mosse del Cremlino, ma sui propri canali ufficiali questa dichiarazione non è stata rilanciata e la parola «Putin» è apparsa per la prima volta solo il 17 maggio in occasione di un incontro a Treviglio: «Con una forza comune (europea, ndr) potevamo diventare una potenza militare mondiale, essere ascoltati, magari convincere Putin a fermare questa guerra». Ci ha messo solo 81 giorni per pronunciare quel nome: chissà quale record arriverà a battere Salvini.