La polemica
Alla vigilia del voto al Parlamento europeo sul pacchetto ambiente, la Rappresentanza ha tallonato come non mai gli eurodeputati connazionali per spingerli sulle posizioni del governo: incontri, email, lista di emendamenti. La denuncia dell’onorevole Evi (Verdi): “La prima volta che subiamo pressioni del genere. Però alla fine ha vinto il coraggio”
di Carlo Tecce
Come mai successo, la diplomazia italiana a Bruxelles ha tallonato i 76 eurodeputati connazionali alla vigilia del voto il nove giugno al Parlamento Europeo sul pacchetto per l’ambiente denominato «Fit for 55». Soprattutto si è mobilitata per allentare le misure contro l’industria di auto e moto inquinanti.
Nessuno batte i governi europei con le buone intenzioni, quando tocca ai fatti, però, sono molto più titubanti. Il percorso è ancora lungo, ma il passaggio in seduta plenaria era fondamentale.
Al solito la rappresentanza italiana presso l’Unione europea, guidata dall’ambasciatore Pietro Benassi, già consigliere diplomatico di Giuseppe Conte a Palazzo Chigi, ha inviato agli eurodeputati la posizione del governo sul tema. Fin qui niente di anomalo.
Per esempio, Roma era contraria al blocco totale entro il 2035 della vendita di autoveicoli con motore termico, cioè a diesel, benzina, metano, ibride, molto propensa all’utilizzo dei carburanti sintetici e alla deroga per le auto e moto di lusso (Ferrari, Maserati, Ducati etc) che non superano le 10.000 immatricolazioni all’anno. Tutto ciò la diplomazia italiana l’ha spiegato agli eurodeputati nelle apposite schede col consueto italiano misto inglese: «Sosteniamo soluzioni verso la mobilità a basse e zero emissioni ambiziose ed economicamente sostenibili, che prevedano un impegno credibile a ridurre le emissioni, anche senza prospettare per il 2035 un ‘phasing-out’ dei veicoli con motore termico. Possono, in tal senso, comprendere target inferiori al 100% per quell’anno (come, ad esempio, del 90%)».
In quest’occasione, però, la rappresentanza italiana si è spinta oltre. Ha organizzato un irrituale incontro con gli assistenti dei parlamentari e, soprattutto, ha inviato poi una email con uno spiccio elenco di emendamenti, una serie di numeri, e la semplice distinzioni fra «in linea» e «non in linea». Come quei foglietti lisi che i parlamentari di Camera e Senato si passano di mano in mano a dicembre quando c’è da licenziare la legge di Bilancio. Quantomeno sgradevole.
La rappresentanza a Bruxelles deve aggiornare gli europarlamentari, ma non può influenzarne le scelte. Deve illustrare le idee del governo, non fare una lista di cose da avallare o respingere. Dice la eurodeputata al secondo mandato Eleonora Evi, portavoce di Europa Verde: «In otto anni non mi era mai capitato che la diplomazia italiana fosse così pressante nell’indicarci la linea del governo. Peraltro questo tipo di forte pressione è stata esercitata per salvare la produzione di auto inquinanti. Non ci sono riusciti perché il Parlamento europeo ha deciso per una svolta coraggiosa, una svolta che il governo ha prima abbracciato con i ministri Cingolani, Giovannini e Giorgetti e infine velocemente abbandonato. Ci vorrà ancora tempo per varare le nuove regole, noi Verdi saremo a vigilare affinché non ci siano trucchi o compromessi al ribasso».