Verso il voto
La famiglia secondo Giorgia Meloni: soldi sì ma non per tutti
Nessun aiuto previsto alle coppie Lgbt. E non si affronta il vero nodo della questione. Le donne rimangono a casa e se lavorano guadagnano meno degli uomini
È il 1970. In “Mai devi domandarmi”, Natalia Ginzburg scrive: «da tempo orfani, noi generiamo degli orfani, essendo stati incapaci di diventare noi stessi dei padri».
È il 1993. David Foster Wallace (eletto il mio scrittore di riferimento in questa campagna elettorale) dice in un’intervista una cosa molto simile: abbiamo messo sottosopra la casa, come fanno i figli, e aspettiamo che i genitori tornino per sistemare le cose, ma ci rendiamo conto che non torneranno più. Il dramma della sua generazione, dice, è «e che noi dovremo essere i genitori».
È il 2022 e dovremmo aver capito che parlare genericamente di famiglia è impossibile, perché le famiglie sono cambiate e sono diverse da ogni punto di vista (emotivo, sociologico, culturale, statistico). Ma alla famiglia è dedicato il primo punto del programma elettorale di Fratelli d’Italia, che si svela nel suo reale significato solo all’ultima riga. Quella riga, alla lettrice di Stephen King che sono da anni, ha fatto venire in mente Margaret White, la madre di Carrie, protagonista del primo romanzo di King: per l’esattezza, il momento in cui la figlia torna a casa e Margaret è immobile su uno sgabello da cucina, con un coltello nascosto nelle pieghe della gonna, e dice alla figlia che «il peccato non muore mai».
Per ora lasciamola sullo sgabello. Fino a quella riga la scelta è comprensibile: non è strano che il primo punto riguardi le famiglie («il più imponente piano di sostegno alle famiglie e alla natalità della storia d’Italia», Onmi inclusa), se ricordate quello che si diceva la settimana scorsa su Margaret Thatcher e la sua famosa frase «la società non esiste, esistono le famiglie». Individualismo contro comunità. Non è neanche strano che si parli di sostegno alla natalità in un paese con sempre meno figli: semmai è la sinistra a occuparsene troppo timidamente, con alcune virtuose eccezioni come Giuditta Pini, o Cecilia D’Elia e Giorgia Serughetti, che hanno spesso ricordato che non è vero che non si facciano figli solo per mancanza di welfare, ma perché decenni di neoliberismo hanno distrutto «lo spazio politico delle relazioni tra esseri umani, e ucciso le promesse del futuro. Mentre diventare genitori è esattamente aprirsi al futuro».
Certo, ci sono anche molti motivi pratici per temere di diventare genitori: secondo l’ultimo rapporto Istat, le donne tra i 25 e i 49 anni sono occupate nel 73,9% dei casi se non hanno figli, mentre lo sono nel 53,9% se hanno almeno un figlio di età inferiore ai 6 anni. Se si rimane ai motivi pratici, la proposta di Fratelli d’Italia è indubbiamente condivisibile: «asili nido gratuiti e aperti fino all’orario di chiusura di negozi e uffici e con un sistema di apertura a rotazione nel periodo estivo per le madri lavoratrici». È sottinteso, ma si immagina che magari quegli asili verranno aumentati, visto che la strategia di Lisbona prevedeva il 33% di accoglienza dei bambini entro il 2010 come tetto per garantire «il sano sviluppo di ogni paese».
L’Italia è al 26,9%, ma Sud e Isole sono circa al 15%. Anche perché i criteri di selezione delle domande da parte dei comuni per l’accesso ai nidi pubblici tendono a favorire le famiglie in cui entrambi i genitori lavorano. Le madri sono sacrificabili. Come lo sono nel congedo parentale, che Fratelli d’Italia intende coprire, lodevolmente, fino all’80% della retribuzione. Ma chi prende, oggi, quel congedo? Secondo l’indagine Ipsos-WeWorld, in Italia solo un padre su due usufruisce dei congedi di paternità e se entrambi i genitori lavorano, e nella maggioranza dei casi è la madre a utilizzarlo, semplicemente perché quello femminile è lo stipendio più debole. Il risultato è che la quota di donne che lasciano il lavoro dopo la nascita dei figli è 5 volte superiore rispetto a quella degli uomini: 25% contro 5%. Quel che si intende è che difficilmente il proposito si realizzerà se non si risolve la disparità di stipendi, presenza, possibilità di carriera delle donne.
Detto questo, la domanda è semplice: a quale famiglia si rivolge Fratelli d’Italia con tutto il resto degli incentivi e agevolazioni del programma? Perché, appunto, le famiglie sono diversissime rispetto all’immagine pubblicitaria padre-madre-due figli-cane. Sempre l’Istat ci dice che le coppie con figli e le famiglie composte da una sola persona si equivalgono numericamente, nel nostro paese: 33%. E che oltre alle coppie con figli, a quelle che non ne hanno e alle persone sole esistono famiglie con un solo genitore (una su dieci) e le coppie omosessuali. La risposta è nell’ultima riga del primo punto, che propone: «Difesa della famiglia naturale, lotta all’ideologia gender e sostegno alla vita».
Il “sostegno alla vita” è immaginabile, se ricordiamo la difficoltà di interrompere la gravidanza in Italia e tutti i tentativi di infiltrare gruppi no-choice nei consultori (e a proposito, perché non estendere l’azzeramento dell’Iva agli anticoncezionali, oltre che ai prodotti per l’infanzia?). Passiamo alla famiglia naturale: nel concetto di “naturale”, si suppone che le famiglie Lgbtqi+ non rientreranno, e non avranno dunque alcun tipo di agevolazione, anche se con figli. Peraltro, vale la pena ricordare (ancora Istat) che il 26% delle famiglie Lgbtqi+ che hanno contratto unione civile hanno dichiarato che il proprio orientamento sessuale ha rappresentato uno svantaggio nel corso della vita lavorativa in almeno uno dei tre ambiti considerati (retribuzione, avanzamenti di carriera, riconoscimento delle capacità professionali). Dunque, gli svantaggi continueranno se ben si intende il senso di quel “naturale”.
Infine, il gender. Che non esiste. Pensiamo a due libri, “Il libro delle famiglie” di Todd Parr dove si racconta appunto che le famiglie sono plurali e diverse. Oppure a un classico come “Piccolo blu e piccolo giallo” di Leo Lionni, che parla semplicemente di amicizia. I due testi sono stati censurati e messi all’indice più volte in quanto portatori di ideologia gender (che non esiste). Ci sono gruppi come Rinnovamento per lo spirito santo che li hanno espulsi dalle biblioteche scolastiche. Non paghi, hanno convocato anche un esorcista (è successo davvero, a Siniscola, otto anni fa). Ci sono scuole, tantissime, dove non è possibile parlare di educazione sessuale o sentimentale (a differenza degli altri paesi europei) perché vessate dai movimenti anti-gender (che non esiste). La cosiddetta lotta all’ideologia gender si traduce in censura, in disinformazione e in mancanza di opportunità.
è ora di far scendere dallo sgabello Margaret White e di appaiarla a un altro personaggio di King, la signora Carmody, che appare nel racconto “The Mist”. Margaret soggioga la figlia con la paura e l’evocazione di un peccato inesistente, la signora Carmody attira seguaci facendo leva ancora una volta sulla paura, l’incertezza, la disperazione. Disunendo, e non unendo: come avviene nella distinzione tra famiglie considerate naturali e famiglie considerate, probabilmente, aberranti. Distinzione che aggrava lo stato delle cose, altro che piano per la natalità: come dice la protagonista del bellissimo “Negli occhi di una ragazza” di Marina Jarre, «non puoi fartela da solo, la tua rivoluzione».