Analisi
Giorgia Meloni si prende la vittoria, Vox esulta, Matteo Salvini tace
FdI al 26 per cento. La Lega tracolla: 8,9 per cento. Forza Italia risorge. L’Europa sovranista applaude, ma il governo è già un’incognita
Il buongiorno si vede dal mattino, cioè dall’una e mezza di notte: Fratelli d’Italia ha vinto le elezioni, all’Hotel Parco dei Principi di Roma Giorgia Meloni rifiuta di rilasciare dichiarazioni ai giornalisti di mezzo mondo prima di sapere come sono assegnati i collegi uninominali, il primo brivido arriva da chi si congratula. «Giorgia Meloni ha indicato la strada per un'Europa orgogliosa, libera e di nazioni sovrane», esulta dalla Spagna Santiago Abascal, leader di Vox. Dall’Ungheria, Balazs Orban, consigliere politico del premier Viktor Orban e deputato ungherese di Fidesz, twitta congratulazioni («abbiamo bisogno più che mai di amici che condividano una visione e un approccio comune alle sfide dell'Europa.»), dalla Polonia il premier Mateusz Morawiecki esulta, altrettanto fa la Francia di Marine Le Pen.
Saranno questi gli interlocutori dell’Italia, con il governo più a destra della storia repubblicana. Conviene farci l’abitudine.
L’esito del voto, almeno nelle proiezioni, conferma le previsioni senza strafare. Fratelli d’Italia è in cima al podio, le proiezioni collocano il partito di Giorgia Meloni al 26,2 per cento, non nel massimo della forchetta possibile (si diceva potesse arrivare al 30 per cento) ma assai più alti dalla Lega inchiodata all’8,9 e da Forza Italia che nonostante gli addi (da Carfagna a Brunetta) tallona il Carroccio, fermandosi poco sotto (8,3 per cento). Comunque il centrosinistra non si vede neanche all’orizzonte: il Pd resta inchiodato al 19 per cento, la coalizione sta sul 25, e i Cinque stelle con cui Letta non s’è alleato, recuperano un ottimo15,4 per cento.
Il centrodestra nel suo complesso supera, almeno per i dati provvisori, la soglia psicologica e pratica del 43 per cento, asticella che anche il segretario del Pd Enrico Letta aveva indicato come il numero magico oltre il quale la coalizione FdI-Lega-Fi potrà ottenere oltre il 70 per cento dei seggi e, in sostanza, fare da solo anche nel caso di riforme costituzionali come il presidenzialismo, che Meloni ha confermato nel suo programma giusto giusto il 21 settembre, chiudendo a Roma la campagna elettorale: «Lo faremo con gli altri oppure, se i numeri lo consentono, anche da soli», aveva promesso.
All’hotel Parco dei Principi di Roma, lo stesso che nel 2018 affittò il Movimento Cinque stelle per celebrare il suo 32,6 per cento, la destra italiana aspetta a stappare lo champagne che pure è arrivato per festeggiare. È la cautela tipica di Giorgia Meloni, perfezionista e maniaca del dettaglio, a decidere l’andamento della serata. Solo dopo l’una e un quarto la leader di Fdi si decide a mandare fuori i primi Fratelli per qualche dichiarazione: Francesco Lollobrigida, capogruppo alla Camera, è il primo a parlare davanti alle telecamere, mentre nel salone si aggira il governatore dell’Abruzzo Marco Marsilio, l’autore della gaffe su Peppa Pig Federico Mollicone (inseguito da Enrico Lucci), il predestinato Maurizio Leo, sul quale già si preconizza un incarico di peso.
«I numeri per governare ci sono», aveva detto poco dopo le undici il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli. Due ore dopo i fedelissimi di Giorgia Meloni confermano l’ottimismo. La destra non era andata mai così su nella storia d’Italia: record era stato il 15 per cento di Alleanza Nazionale, nel lontano 1996. «Governeremo compatti», promette adesso Lollobrigida alle telecamere.
Ecco però: compatti con chi? Questo è tutto da vedere. La Lega che tracolla apre la strada alla fine rovinosa della leadership di Matteo Salvini. Il capo del Carroccio twitta un «centrodestra in netto vantaggio, grazie», ma poi su via Bellerio, dove sono riuniti i maggiorenti del partito fondato da Bossi, piomba un silenzio assoluto e per nulla confortante. Mentre da Forza Italia si esulta: «Saremo determinanti per il nuovo governo». Ancora il caro Silvio, chi l’avrebbe detto.