«Matteo Renzi è l’IO. Pierluigi Bersani il Noi. Per questo voterò Bersani». Lo scriveva nel 2012 Enrico Borghi, senatore, ex vicepresidente dell’Anci per i comuni montani, percorso politico nella Dc e nel Ppi, poi nella Margherita e quindi nel Pd di rito lettiano. Con Enrico Letta aveva ricoperto il ruolo di responsabile Sicurezza del partito. Oggi il membro commissione affari esteri e difesa del Senato, capogruppo Pd al Copasir annuncia con un’intervista a La Repubblica il passaggio a Italia Viva di Matteo Renzi. «Credo in un nuovo progetto riformista alternativo alla destra e distinto da questo Pd». Il partito di Elly Schlein gli sta stretto, dice: «è diventato la casa di una sinistra massimalista figlia della cancel culture americana che non fa sintesi e non dialoga».
E così il ritorno tra le fila di Matteo Renzi che fino a pochi anni fa era «un autogol a disertare» (6 settembre 2012), un uomo di apparato (2012). Fino al 2015 quando appare agli occhi di Borghi come un uomo che «tiene il Pd al centro della scena e rilancia nell'ennesima partita con la sinistra Pd. Una chiara prova di leadership».
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È una storia politica nota quella delle giravolte, delle famose correnti, cordate, filiere e sembra impossibile ricostruire nel tempo 'chi è stato con chi negli intervalli di tempo'. Fare le squadre, insomma. Si cambia a seconda la convenienza. Tuttavia è una storia ben immortalata nelle dichiarazioni affidate ai social fino al 2022, cioè fino a pochi mesi fa. Scorrendole si può tracciare la virata di 180 gradi del senatore ex lettiano, improvvisamente renziano in un momento non facile per il renzismo.
Nel 2022 scriveva: «Renzi sogna di essere il nuovo Ghino di Tacco, che lucrava sui viandanti da Radicofani. Si è scordato di aver costruito lui l’autostrada che ha deviato tutto il traffico altrove. La solitudine odierna è la conseguenza dei suoi errori». Oggi a Repubblica dichiara di volersi affidare a «un nuovo progetto riformista alternativo alla destra e distinto da questo Pd». Lo stesso progetto bollato pochi mesi fa come «un cartello destinato a smontarsi» e un «evidente fallimento». In vista delle elezioni il candidato dem accusava Conte, D’Alema e Renzi di voler «spolpare il Pd»
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Adesso il Pd è in mano a Schlein e sembrano arrivare da un’altra epoca le dichiarazioni rilasciate il 9 dicembre a Globalist: «Matteo Renzi ha un obiettivo politico diverso dal nostro, vuole riempire uno spazio politico lasciato vuoto da Silvio Berlusconi e per questo procede con questa opposizione entrista, nel senso che vuole entrare nel governo. Vedremo compiersi tutto questo nel 2024, dopo le europee».
Intanto nelle chat dei gruppi, i messaggi si dividono tra il rammarico per una scelta inaspettata: "Uno sparo nel buio", la definisce un parlamentare. Ma anche il risentimento: «Con l'addio di Borghi, il Pd perde l'unico eletto proveniente dal Piemonte orientale. Non abbiamo nessun eletto a livello nazionale o europeo. Ma alle porte tra un anno ci sono le regionali in Piemonte, ecco a cosa punta». Intanto Matteo Renzi gongola, con l'arrivo in Italia Viva del senatore ex-dem infatti, i renziani raggiungono la quota necessaria al Senato per costituire un gruppo parlamentare: il minimo è 6 senatori. Un gruppo autonomo, insomma, senza Azione.