Scenari
Russia, uranio, poltrone e bufale: la verità sul caso del generale Vannacci
Le polemiche sollevate dal libro "Il mondo al contrario" hanno proiettato l'ufficiale nella scena pubblica. E ora, alla vigilia di importanti movimenti alla testa delle forze armate, potrebbero saltare equilibri delicati e ambizioni coltivate da lungo tempo
Il caso del generale Roberto Vannacci è un caso italiano per eccellenza. L’apposito ministero per il “Made in Italy” non se lo faccia sfuggire, lo riconosca. Il libretto omofobo e razzista di un ufficiale dell’Esercito ha gettato nel panico ministri, politici, segretari, filologi, culturisti, editorialisti, tuttologi con il professionale ausilio di armocromisti, retroscenisti, complottisti. Stupisce che nessuno ricordi vagamente la presenza di Vannacci bambino sul lago della Duchessa nel ’78. Illustri esegeti hanno già scandagliato il libretto che, in sofferta prosa, riassume i programmi dei partiti di estrema destra, perlopiù occultati una volta giunti al potere. E mentre Vannacci rilascia una intervista a pasto, e mentre la solita estrema destra, quella neofascista e leghista, se lo contende per una candidatura, e mentre osservatori che non se la bevono così facilmente, come se fosse vodka ghiacciata, hanno beccato attorno a Vannacci la mano di Vladimir Putin, la sinistra (con l’altra era impegnato ad ammazzare Evgenij Prigozhin), conviene riannodare le ultime tappe della carriera del viareggino Roberto Vannacci classe ’68 per capirci qualcosa in più. Posando la vodka ghiacciata.
21 dicembre 2017
«La sconfitta di Isis è un grande risultato, ottenuto anche con il contributo dell’Italia. Il lavoro di formazione e addestramento è importante per tanti aspetti, perché crea un rapporto di amicizia e simpatia verso il nostro Paese». Il presidente Sergio Mattarella è in collegamento con il capo del contingente terrestre in Iraq specializzato proprio in formazione e addestramento: il generale Vannacci.
21 agosto 2018
Il generale americano Paul Funk II, nella base di Union III, sede del comando della coalizione internazionale, in nome del presidente degli Stati Uniti, conferisce la “Legione al merito” al generale Vannacci per il «notevole impulso positivo impresso con la controparte irachena». Lo stesso premio che hanno in bacheca i generali di corpo d’Armata - a quattro stelle - attualmente in servizio nell’Esercito.
30 agosto 2018
Al rientro in Italia dopo la missione a Bagdad, Vannacci è un generale di Divisione di cinquant’anni, un apprezzato paracadutista incursore che ha comandato il reggimento “Col Moschin”, la brigata “Folgore”, la “Task force 45” e ha partecipato a missioni in Yemen, Somalia, Ruanda, Libia, Balcani, Costa d’Avorio. È un militare d’azione, non di pensiero. E non c’era bisogno di mettere le prove per iscritto col libro.
13 marzo 2019
Il generale Vannacci presenta un esposto alla Procura di Roma e in parallelo alla Procura presso il tribunale militare. È il fatto che devia il placido scorrere di una brillante carriera. Denuncia la pericolosa esposizione all’uranio dei soldati in Iraq senza protezioni e addita l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, capo del Comando Operativo Interforze: «Chiese di attribuirmi responsabilità che secondo la legge non mi spettavano. I miei capi erano a conoscenza degli studi sull’agente radioattivo». I militari si dividono in apocalittici e integrati. Gli apocalittici sono convinti che l’uranio impoverito abbia causato la morte di decine di soldati, e ciò è rigorosamente accolto nella relazione finale della Commissione Parlamentare d’Inchiesta (febbraio ’18), presieduta dall’ex deputato dem Gian Piero Scanu nella XVII legislatura. Gli integrati hanno respinto sempre le accuse e affermano, come recita un comunicato dello Stato Maggiore della Difesa (Smd), l’organo supremo, che le forze armate «tutelano la salute del proprio personale adottando tutte le cautele e i controlli sanitari previsti. Questa attenzione è dedicata non solo al personale, ma anche all’ambiente in cui esso si trova, tanto in Italia quanto all’estero». L’esposto di Vannacci cade a brevissima distanza di calendario dallo scontro istituzionale (si può dire?) fra lo Stato Maggiore della Difesa e la Commissione Parlamentare d’Inchiesta. Il suo non è un atto di eroismo politico militare, per le fonti consultate da L’Espresso, è principalmente un atto di comprensibile autoprotezione: è spaventato, è stato il datore di lavoro, dunque il responsabile della salute sul luogo di lavoro di oltre 600 soldati in Iraq e ha indizi e sospetti che lo inquietano.
Estate 2020
La notizia dell’esposto è pubblica. Ne parlano i quotidiani. La commentano le associazioni sindacali militari. Ancora una volta è apocalittici e integrati. Cavo Dragone è diventato capo di Stato Maggiore della Marina. Enzo Vecciarelli è sempre il capo di Stato Maggiore della Difesa. È lo Smd di Vecciarelli che esamina la nomina del nuovo addetto militare all’ambasciata italiana a Mosca, incarico che, per gli equilibri interni alle forze armate, spetta all’Esercito. Il candidato è il generale Vannacci. Non ci sono impedimenti. La fede atlantica è specchiata. Le capacità sono intatte.
Febbraio 2021
L’addetto militare Vannacci si insedia a Mosca. L’ambasciatore Pasquale Quito Terracciano l’ha aspettato per un paio di mesi. Spesso l’addetto militare deve risolvere questioni burocratiche o linguistiche, stavolta però - è la testimonianza di fonti diplomatiche raccolte da L’Espresso - il ritardo è dovuto alla spinosa vicenda dell’esposto. (La ricostruzione non è confermata dallo Stato Maggiore di quel periodo). Ancora fonti diplomatiche di stanza a Mosca raccontano che Vannacci si muove con disinvoltura e riesce presto a stabilire ottimi contatti con i militari russi. Le relazioni fra Mosca e Roma sono discrete. L’invasione ucraina è una ipotesi debole, anche se l’ex Armata Rossa organizza per settembre una esercitazione militare su vasta scala che allarma gli americani. La lettura di quegli eventi di Vannacci, apprende L’Espresso, è molto prudente, benevola. Nei suoi rapporti iniziali allo Stato Maggiore non segnala potenziali minacce dei russi, anzi è abbastanza morbido. Va precisato che il contesto italiano a Mosca non è stato mai ostile al regime di Vladimir Putin. Per dirne una significandone cento: l’ambasciatore Cesare Ragaglini (2013/2018), il predecessore di Terracciano, è stato vicepresidente della banca statale di sviluppo Veb.
Settembre 2022
Assieme ad altri 23 connazionali che lavorano in ambasciata, Vannacci viene espulso dal governo russo come forma di ritorsione al fermo appoggio del governo italiano alla resistenza di Kiev. Lo Stato Maggiore della Difesa, che è passato da Vecciarelli a Cavo Dragone nel novembre ’21, cerca a Bruxelles un posto a Vannacci per garantirgli il prestigio (e lo stipendio) di Mosca. Siccome il suo mandato era stato interrotto dopo un anno e mezzo, il danno era concreto.
Giugno 2023
Vannacci viene indicato comandante dell’Istituto geografico militare di Firenze. Una destinazione conforme al suo grado, non alla sua indole. In disparte e con scarse prospettive, e calcolando bene i tempi (consigliato?), pubblica in edizione digitale “Il mondo al contrario” non ignaro delle conseguenze. La prima, è la destituzione da Firenze con procedimento disciplinare.
Epilogo
A oggi non sono emersi trascorsi compromettenti di Vannacci con la Russia. Le autorità politiche del governo Draghi (in carica sino a ottobre ’22) e i servizi segreti italiani, spiegano le fonti sentite da L’Espresso, non hanno ricevuto mai informazioni o segnalazioni in tal senso. Gli aggiornamenti che Vannacci inviava da Mosca allo Smd di Vecciarelli e Cavo Dragone non hanno suscitato mai preoccupazione né erano considerati anomali e mai sono stati sottoposti all’attenzione del ministro Lorenzo Guerini. Però nel libro ha elogiato il regime di Putin.
Il caso Vannacci ha avuto due effetti immediati. Ha sconvolto la pubblica opinione: povere istituzioni, un alto ufficiale farcisce un libro di corbellerie da bar che vende vodka avariata. Ha rimosso la maschera alla destra più retriva: poveri elettori, se scappano da Vannacci, noi scappiamo con lui. Il terzo effetto è, probabilmente, il principale: il caso Vannacci fa vacillare i consolidati piani all’interno della Difesa perché fa emergere le contraddizioni sul tema uranio e le cordate di potere. Fra qualche settimana la Nato, cioè gli americani e gli alleati europei in subordine, dovrà stabilire se nominare Cavo Dragone alla presidenza del Comitato militare che riunisce i Capi di Stato Maggiore dei 26 membri. È la ricompensa, proporzionata agli sforzi in armi per Kiev, che l’Italia si attende. L’uscita anticipata di Cavo Dragone imporrà al governo Meloni e, nello specifico al ministro Guido Crosetto, la scelta del prossimo capo di Stato Maggiore della Difesa. La turnazione nelle forze armate prevede che sia l’Esercito a occupare per un triennio la poltrona più in alto. I generali di corpo d’armata (a quattro stelle) sono cinque: Francesco Paolo Figliuolo, Carmine Masiello, Guglielmo Miglietta, Luciano Portolano, Pietro Serino. I favoriti erano Figliuolo e Masiello. Il governo Meloni ha spedito un attimo Figliuolo a fare il commissario straordinario per la ricostruzione in Romagna. Perciò il favorito è Masiello, attualmente Sottocapo di Stato Maggiore della Difesa, l’erede naturale di Cavo Dragone. Non sappiamo ancora se Vannacci sarà un europarlamentare di afflato putiniano né come evolverà quest’appassionante dibattito fra chi cita filosofi saccheggiando Wikipedia e chi vorrebbe rinchiudere il generale al Maschio Angioino, ma sappiamo con certezza che il suo libro è il sassolino che può far crollare il castello della Difesa.