L'inchiesta sui dossieraggi si amplia, coinvolgendo blog sospetti e interferenze estere. Meloni resiste alle toghe critiche sulle politiche migratorie, mentre Fratelli d'Italia usa jammer anti-intercettazioni e valuta l’immunità parlamentare per Arianna Meloni.

L'inchiesta di Milano sui dossieraggi s’allarga a macchia d’olio. Quanto emerso finora ha gettato le istituzioni in un alert che spinge le Procure ad accelerare le indagini per fare luce al più presto. Per le ultime rivelazioni, riportate nell’informativa dei Carabinieri, esistevano due squadre: la Equalize, a Milano, e Squadra Fiore, a Roma. Su quest’ultima indaga la Procura di Roma. Ora però, a quanto siamo in grado di rivelare, si aggiunge un tassello su cui i magistrati starebbero approfondendo le indagini. Si tratterebbe della paternità di alcuni blog nati di recente, apparentemente spuntati dal nulla che spesso riportano attacchi al mondo dell’intelligence e ad alcune aziende strategiche importanti del Paese. Blog del genere non potevano passare inosservati all’occhio delle istituzioni. Veicolano «molteplici informazioni con il solo fine di depistare aziende, istituzioni e il governo stesso su temi centrali per la sicurezza nazionale», chiosa chi, dalla maggioranza, è già stato attenzionato sul punto. Si parla di server esteri e di prestanomi stranieri tanto che sul tema da tempo ci avrebbe messo testa persino il Copasir dopo diverse segnalazioni. Le autorità giudiziarie stabiliranno i fatti, ma si è di fronte a un altro tassello di una vicenda opaca. Forse il ministro della Difesa Guido Crosetto non aveva torto quando, per primo, parlò di «punta di un iceberg». Bisogna capire dove sia nato l’iceberg.

 

Una parte delle toghe sta «facendo la guerra» alle politiche migratorie del governo. Giorgia Meloni ne è convinta, ma ai suoi continua ad assicurare che non ha intenzione di arretrare «nemmeno di un millimetro». Anche perché, a quanto siamo in grado di rivelare, nei giorni scorsi ha avuto ampie rassicurazioni dalla “bis” presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen: «Presto cambieremo le regole europee sul diritto d’asilo». Un motivo in più, per Meloni, per tirare dritto. Con buona pace dei magistrati. In attesa che Ursula le dia ragione.

 

Un disturbatore di frequenze. Ovvero un apparecchio che impedisce le intercettazioni fermando le onde radio dei cellulari. È usato anche in via della Scrofa a Roma, nella sede di Fratelli d’Italia. Lo tirano fuori durante le riunioni riservate. Perché dopo dossieraggi e accessi illeciti alle banche dati aleggia quella sensazione: «Siamo tutti ascoltati. C’è un grande disegno, un complotto. Ci controllano». E nel mirino «c’è solo il centrodestra. E non da adesso. Ma da quando si è capito che saremmo andati al governo», ha detto Giorgia Meloni. Perciò nella stanza che fu di Giorgio Almirante, oggi spesso occupata da Arianna Meloni, è arrivato un jammer. Insomma, l’attenzione è massima. Soprattutto quando si parla della “sorella” d’Italia. Tanto che comincia a balenare l’idea di una candidatura parlamentare per lei, magari in un collegio vacante alla Camera. Per ora non ce ne sono, ma se ne potrebbero liberare facendo dimettere qualche fedelissimo, destinandolo ad altri incarichi. Così Arianna godrebbe dei benefici dei parlamentari. In particolare, per l’articolo 68 della Costituzione, «senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a intercettazioni in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni e a sequestro di corrispondenza».