In manette a Milano la banda degli 007. Ma le leggi-vergogna li aiutano. E la Cassazione restituisce il bottino milionario all’investigatore condannato per l’affare Telecom

Deterrenza. È una parola di origine latina, entrata nel linguaggio politico e militare, che si usa anche nel mondo del diritto, per spiegare una funzione fondamentale dei processi penali. La punizione dei colpevoli dovrebbe disincentivare tutti gli altri cittadini dal commettere reati. Chi sbaglia paga. Spesso in Italia vale però la regola opposta: per molte categorie di illeciti, la certezza della pena è sostituita dall'aspettativa dell'impunità. Anche per questo certi scandali che sembravano epocali, irripetibili, tendono a riproporsi. Gli italiani scoprirono la gravità del problema dello spionaggio privato ben mezzo secolo fa, con gli storici casi dei primi investigatori incriminati per intercettazioni abusive e con la vicenda delle schedature politiche alla Fiat. Dopo di che, vent'anni fa, i magistrati di Milano hanno arrestato una banda di cosiddetti super-spioni, creata da un ex ufficiale dei carabinieri, che era arrivata a gestire la divisione sicurezza della Telecom, la compagnia telefonica dominante, allora controllata dal gruppo Pirelli. Dopo molti altri episodi meno noti ma continui, ora nella bufera c’è un'ennesima associazione per delinquere, guidata questa volta da un ex poliziotto antimafia, che è accusata di aver realizzato migliaia di investigazioni illecite allo stesso modo, con accessi sistematici alle più importanti banche dati giudiziarie, fiscali e poliziesche, in teoria riservate e protette. Evidentemente il risultato dei processi alla banda Pirelli-Telecom non ha prodotto alcun effetto di deterrenza neppure tra gli addetti ai lavori.

La sentenza che simboleggia l'impotenza della giustizia italiana è un verdetto della Cassazione depositato nel 2021, finora inedito. Al centro del caso c'è Emanuele Cipriani, l'investigatore fiorentino che faceva da contraltare all'ex carabiniere Giuliano Tavaroli, il capo degli spioni dell'affare Pirelli-Telecom. Quella banda, come spiegano i giudici, ha operato dal 1997 fino agli arresti del 2005 sorvegliando migliaia di persone. Cipriani aveva un ruolo cruciale: confezionava e archiviava i dossier spionistici, sotto forma di pratiche investigative, e incassava i soldi dal colosso telefonico. I magistrati di Milano gli sequestrarono circa 14 milioni di euro in diversi conti esteri e una villa sulle colline di Fiesole. In primo grado, nel 2013, Cipriani è stato condannato anche per il reato base di associazione per delinquere, che in appello, nel 2018, è caduto in prescrizione. Quindi la difesa ha fatto ricorso. E la Corte Suprema, dopo lunghe dissertazioni sulle differenze tra «profitto», «provento» e «prezzo» del reato, gli ha dato ragione: ha annullato la confisca e restituito il tesoro «all'avente diritto». Cioè allo spione. Da notare che, nella stessa sentenza, la Cassazione riconosce che l'investigatore è stato condannato in tutti i gradi di giudizio per un'altra accusa di spionaggio (per le notizie che la banda sottraeva ai servizi segreti) e certifica che «i beni sequestrati costituivano i profitti delle attività illecite di intelligence».

Istruttivo anche il caso di Tavaroli. Dopo l'arresto e una lunga carcerazione preventiva, ha confessato e patteggiato una condanna teorica a quattro anni e due mesi, in parte cancellata dall'indulto. È stato dunque tra i primi a uscire dal tunnel dei processi. E non è più tornato in carcere. Nel mondo delle investigazioni continua a essere considerato un'autorità, come si ricava anche dagli atti dell'inchiesta milanese (dove non è indagato) che lo scorso ottobre ha portato all'arresto, tra gli altri, dell'ex super poliziotto Carmine Gallo, come presunto capo operativo della nuova banda di spioni milanesi.

Il terzo arrestato del 2005, Marco Mancini, allora numero tre dell'intelligence militare (Sismi), è stato salvato dal segreto di Stato, anche grazie alla sua nuova formulazione più estensiva varata con un'apposita legge di riforma, approvata e poi riconfermata da diversi governi di centrodestra e centrosinistra. La sua sentenza conferma che ha aiutato i vecchi amici Tavaroli e Cipriani a realizzare decine di dossier spionistici, ma alcune accuse si sono «estinte per prescrizione», altre sono diventate «non procedibili» grazie al segreto di Stato. Quindi Mancini ha potuto restare nei Servizi, anzi è diventato lo 007 più in vista, con importanti agganci politici, fino alla pensione.

Le oltre quattromila vittime accertate dei dossieraggi di Pirelli e Telecom hanno incassato rimborsi per poche migliaia di euro dalle due aziende, che hanno patteggiato come società dopo aver cambiato proprietà e amministratori, dichiarandosi a quel punto a loro volta danneggiate dai reati. Tra gli spiati, pochi hanno intentato cause civili. Uno dei più determinati è Vittorio Nola, segretario generale di Telecom fino al 2001, quando fu pedinato, screditato e licenziato con accuse false. I giudici civili gli hanno finora riconosciuto solo diecimila euro di «danni morali». Nel dicembre scorso la Cassazione ha riaperto il caso ordinando alla corte milanese di calcolare anche i danni biologici, professionali e di reputazione. Ma dopo 23 anni, il cittadino Nola attende ancora giustizia.

Molte vittime degli spioni restano sconosciute, insieme a migliaia di dossier tenuti segreti, che rischiano di favorire manovre «ricattatorie», come avvertono i magistrati delle nuove indagini. Nello scandalo Pirelli-Telecom fu confiscato solo un archivio (un dvd) dell'investigatore Cipriani, mentre restò inaccessibile un enorme computer della banda, chiamato «il server nero». Una situazione così descritta, in via riservata, dall'allora pm Fabio Napoleone: «Il problema di questo Paese non sono i dossier sequestrati, ma quelli nascosti».

Il quadro d’insieme è paradossale. Le procure tanto odiate dall'attuale governo sono uffici giudiziari controllatissimi, vincolati da mille limiti legali. Gli apparati di spionaggio sono centri di potere illecito e incontrollato. Ma sono favoriti da leggi-vergogna come la prescrizione all'italiana.