Modelli a confronto
Meglio premier o cancelliere?
Mentre Francia e Germania affrontano le crisi dei loro sistemi politici, in Italia continua lo scontro tra destra e sinistra su quale sia la forma di governo migliore
Crisi all’italiana. Così sono state definite in Francia e in Germania le attuali fibrillazioni politiche. L’instabilità ora investe i due perni dell’Unione europea, dopo aver afflitto troppo spesso il nostro Paese. L’italianizzazione è stata evocata soprattutto a Berlino dopo lo strappo fra Spd e liberali che ha condotto alla rimozione del ministro delle Finanze e leader dell’Fdp Christian Lindner da parte del Cancelliere social- democratico Olaf Scholz. Ma a non essere più immune dai rischi di ingovernabilità è anche la Quinta Repubblica francese riavvicinandosi all’improvviso, per certi aspetti, all’esperienza della Quarta, che prima della lunga stagione di Charles De Gaulle, ebbe tanti punti in comune con la Prima Repubblica italiana. E ora Emmanuel Macron è costretto a trovare in Parlamento, fra i partiti, la soluzione per il governo, con un indebolimento della presidenza della Repubblica e della sua investitura popolare. I modelli costituzionali francese e tedesco sono stati a lungo al centro del confronto politico sulle riforme in Italia. Al Cancellierato della Repubblica federale tedesca, che ha retto anche dopo il crollo del Muro e l’allargamento ad Est, fa riferimento soprattutto negli ultimi tempi il centro- sinistra, particolarmente il Pd, anche in risposta al premierato del governo Meloni. «Il modello tedesco - conferma Alessandro Alfieri, responsabile Riforme del Partito Democratico - garantisce pur sempre la stabilità con l’istituto della sfiducia costruttiva ed è adattabile al nostro Paese salvaguardando la figura del presidente della Repubblica».
A differenza di quanto ritiene il centrodestra che, ricorda Lucio Malan, presidente dei senatori di Fratelli d’Italia, «non l’ha mai preso in considerazione». Quanto al semipresidenzialismo, si tratta di un sistema costituzionale che solo in un momento fu ipotizzato a sinistra, quando Massimo D’Alema nella seconda metà degli anni Novanta guidò la commissione parlamentare bicamerale per le riforme e Cesare Salvi presentò una proposta in tal senso. Poi non se ne è più parlato nel centrosinistra, fino a quando in modo un po’ estemporaneo rispolverò la proposta Dario Franceschini negli ultimi mesi del governo Prodi. Infine, il silenzio più assoluto e oggi la definitiva convinzione, a sinistra, che il semipresidenzialismo, avvicinato in questo al presi- denzialismo americano, vada evitato «poiché - sostiene il senatore Alfieri - tutte le realtà costituzionali che non hanno una figura di arbitro e di garante delle istituzioni entrano in crisi davanti ad una polarizzazione crescente». L’esponente del Pd ricorre a un doppio esempio: «Il presidente Sergio Mattarella, figura terza come previsto dalla nostra Repubblica parlamentare, gode di grande consenso popolare mentre in Francia, come mostrano gli scioperi, i cittadini se la prendono con Macron, catalizzatore di tutti i problemi, perché non è una figura costituzionale in cui si riconoscono». Il semipresidenzialismo ha costituito, invece, la proposta del centrodestra, in particolare di Forza Italia e di Fratelli d’Italia, fino al momento in cui la maggioranza uscita dalle elezioni politiche del 2022 ha scelto di virare sul premierato che ha in comune con il sistema francese solo l’istituto dell’elezione diretta, ma riferito al premier, non al capo dello Stato. La riforma “all’italiana” - contestata dalle opposizioni - procede lentamente in Parlamento, con la sola “speranza” della ministra Maria Elisabetta Casellati che il secondo voto del Parlamento, previsto dal procedimento di revisione, possa arrivare nella primavera 2025. Si indebolisce la “madre di tutte le riforme” rispetto solo a qualche mese fa, quando dalla stessa premier fu posto l’accento sul referendum confermativo che, a conclusione dell’iter parlamentare, avrebbe dovuto costituire uno spartiacque nel Paese e anche una sorta di referendum sul Governo.
Ma la riforma proposta dal centrodestra non cambia. «Un progetto tutto nostro, tutto italiano - lo difende Malan - paragonabile alle soluzioni che hanno adottato altri Paesi, perché il principio è lo stesso: una cornice costituzionale che, favorendo coalizioni coese, garantisca la stabilità di governo». Se poi Francia e Germania hanno problemi, il motivo è prevalentemente politico. Il senatore Fdi la vede così: «A differenza di quanto è avvenuto in Italia prima con Berlusconi e poi con Meloni, in Francia e in Germania il sistema politico non è riuscito a contenere le spinte estremistiche neppure a destra e particolarmente in Germania vediamo un’estrema destra che raccoglie consensi elettorali ma che non è spendibile per governare». Alla fine, sono le dinamiche politiche quelle che fanno la differenza. Sempre riguardo alla Germania, «il problema di questi mesi - spiega Alfieri - a differenza di quanto avvenuto in Francia non è istituzionale» essendo piuttosto emersa «la difficoltà della Spd di costituire il perno della coalizione di Governo davanti ai cambiamenti che stanno avvenendo, a partire dalla transizione ecologico-digitale che, se non viene spiegata e raccontata, lascia spazio alle paure». Il primato della politica, in conclusione, condiziona anche le istituzioni. E, quanto ai modelli costituzionali, quello tedesco nonostante tutto si consolida come la soluzione del Pd, mentre il semipresidenzialismo non è proposto più neppure dal centrodestra.