Analisi
Destra 1 e Destra 2: matrimonio egualitario in Grecia, guerra alle famiglie arcobaleno in Italia
Per Mitsotakis è «un passo verso una maggiore uguaglianza sociale». Mentre il nostro Paese resta l'unico dell’Europa occidentale a non consentire né nozze né adozioni per le persone Lgbt
Mentre la destra greca approvava il matrimonio per persone dello stesso sesso, di che cosa si occupava la destra italiana? Di negare i diritti ai figli delle famiglie arcobaleno, di inseguire il fantasma del gender nelle scuole, di giustificare gli insulti transfobici di un gruppo di studenti sanzionati da un ateneo.
Il governo greco ha approvato, in 48 ore, il matrimonio per tutti e le adozioni nello stesso giorno in cui in Italia la Corte di appello ha bocciato il decreto firmato da Matteo Salvini nel 2019, quando era ministro dell'Interno, che imponeva “padre” e “madre” nei documenti dei minori al posto di "genitore". Scelta che ha messo per anni in difficolta non solo i figli delle famiglie arcobaleno, ma anche gli orfani di padre o madre. L’Italia è diventato ufficialmente l'unico Paese dell’Europa occidentale a non avere ancora legalizzato il matrimonio egualitario, insieme a Croazia, Bulgaria, Ungheria, Cipro, Romania, Slovacchia, Repubblica ceca, Polonia, Lituania, Estonia, Lettonia
La Grecia, nonostante un governo conservatore, si è dimostrata negli ultimi anni capace di approvare una serie di riforme importanti per la comunità arcobaleno, come l’abolizione del divieto per gli omosessuali di effettuare donazioni di sangue e la fine della pratica dei cosiddetti interventi chirurgici di normalizzazione del sesso sui bambini. Il primo ministro greco, Kyriakos Mitsotakis, si era schierato a favore della legge sul matrimonio egualitario, definendola "un passo verso una maggiore uguaglianza sociale".
La differenza tra unioni civili e matrimonio non è solo nominativa, come si sente dire anche all'interno del Parlamento italiano. Se la legge votata dal parlamento ellenico consente i matrimoni e l'adozione per le coppie dello stesso sesso, quella italiana sulle unioni civili approvata nel 2016 dal governo Renzi, non consente le adozioni. Ma non solo. Nella legge Cirinnà non viene prevista la separazione, ma direttamente lo scioglimento dell’unione, ossia l’equivalente del divorzio. Non sono previsti l’obbligo di fedeltà (la violazione di tale obbligo nel matrimonio può comportare il cosiddetto “addebito” tipico dei procedimenti di separazione), né l’obbligo di collaborazione (ad esempio l’assistenza morale e materiale). L’unione civile è prevista solo tra persone maggiorenni, senza eccezioni. Non è possibile scegliere un cognome comune, che rimane comunque un semplice cognome “d’uso”. Non sono contemplate le pubblicazioni, e nel caso in cui gli uniti civilmente risultino vincolati da un precedente matrimonio o unione civile, per l’altro si rischia che non sussista dunque alcun tipo di tutela mancando la possibilità di opposizione che segue le pubblicazioni. E ancora: non crea vincoli di affinità con i parenti dell’unito civilmente. Questo crea diverse problematiche anche di tipo pratico (pensiamo alla richiesta dei permessi ex legge 104 per un affine).
La legge fu un compromesso per non scontentare gli alfaniani al governo con Renzi e i cattolici del PD. L'accordo tra Renzi e Alfano sulla pelle dei bambini delle coppie dello stesso sesso, venne raccontato da Il Foglio in quei giorni, un altissimo esponente di Ncd parlò di «un affare già concluso". «Al voto segreto, quando il Senato si andrà a esprimere sull’articolo cinque del ddl Cirinnà, i voti convergeranno e Grillo o non Grillo l’adozione del figliastro – Stepchild adoption – è destinata a non passare. La strategia di Renzi è questa: mettere nero su bianco che il Pd vuole anche la stepchild adoption, non arretrare politicamente, ma far votare contro, nel voto segreto, l’articolo cinque per non creare una frattura troppo grossa con l’elettorato cattolico e scaricare sul movimento 5 stelle la responsabilità dell’accordo violato". Un copione scritto e rispettato.
Il "peccato originale", quella decisione, occultata dall'immediata costruzione della propaganda renziana, molto forte nel 2016, ha portato l'Italia fin qui. Lasciando sui bambini arcobaleno un libero bersaglio per la destra al governo distintasi, soprattutto negli ultimi mesi, per una ferocia singolare. L’Espresso aveva già raccontato a metà marzo della direttiva del ministro dell'Interno Matteo Piantedosi, che aveva fatto pressione sulle Procure italiane affinché togliessero diritti e doveri ai figli e ai genitori delle famiglie arcobaleno. L'ordine di scuderia è stato recepito dalle procure che senza distinzione tra madri che hanno avuto figli tramite un percorso di procreazione medicalmente assistita e padri che hanno ricorso alla gestazione per all'estero, hanno deciso di impugnare le trascrizioni che consentivano ai genitori di tutelare i propri figli lasciandoli in un limbo di tribunali, carte, avvocati. «Togliere un genitore legale a minori anche a distanza di sei anni dalla nascita: un atto vergognoso e indegno di un paese civile», aveva commentato a L’Espresso Alessia Crocini, Presidente di Famiglie Arcobaleno. Del perché, a distanza di 6 anni, la Procura che era già in possesso di questi atti abbia deciso di impugnarli resta materia da analisti della storia politica di questo paese. Si capirà forse con il tempo per quale ragione un governo che vive di retorica sulla natalità, sulla difesa della famiglia, su “prima i bambini”, abbia deciso di lasciare questi figli indifesi facendo partire una persecuzione fatta di notifiche, controlli casa per casa: prego fornisca i documenti, per lo Stato questo non è suo figlio, mi segua in questura.
"Nessun passo indietro", aveva annunciato Giorgia Meloni quasi all'unisono con Matteo Salvini appena arrivati al governo. Non toccheremo le unioni civili, non si torna indietro su questi temi. Il dubbio e la paura sulla legge Cirinnà era legittima. «Le unioni civili saranno abolite perché vanno verso la fine dell’umano». Era stata la promessa elettorale del centro-destra nel gennaio 2018 riunitosi durante il convegno “Oltre l’inverno demografico”, organizzato a Roma da Alleanza Cattolica e dal comitato Difendiamo i nostri figli, in vista delle elezioni politiche del 4 marzo. A pronunciarla, premiata da uno scroscio di applausi, un ancora poco conosciuta Eugenia Roccella, oggi ministra alla Famiglia e alla Natalità. Sorrisi, pacche sulle spalle da parte dell'allora vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri di Forza Italia, dal leader leghista Matteo Salvini e dalla presidente di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni. L'attuale Presidente del Consiglio nel 2016, di fronte ai giornalisti che chiedevano un commento sulla campagna dell'alleato Salvini (disobbedire, invitare i sindaci a non celebrare le unioni civili) rispose: "I sindaci hanno il diritto di non celebrare queste unioni. Noi ci batteremo per abrogarla».
Meloni, contestata a Cagliari da un ragazzo gay nel settembre 2022, in piena campagna elettorale, rispose: «In Italia puoi tranquillamente legarti ufficialmente con chi vuoi; non proporrei di togliere questo diritto». C'è qualcosa di orribile e dispotico in questa idea della concessione sovrana. Qualcosa che non ha niente a che vedere con uno stato di diritto. In realtà Meloni ci ha provato e ha fallito. Era giuridicamente impossibile. Tutte le promesse erano irrealizzabili per il Governo Meloni. Tutte. Tranne una: infierire sulle famiglie arcobaleno ancora senza diritti.
Kyriakos Mitsotakis, leader del partito conservatore Nuova Democrazia ha invece dato prova che la destra può esistere anche senza il cinismo egoista e squallido di chi mostrava al pubblico che solo a spese dei più deboli si costruisce la propria fortuna. Lo ha fatto in maniera schietta: spingendo su un iter parlamentari snello che punta a un unico principio: l'uguaglianza. «Si chiama pensiero liberale e in Italia pare essere del tutto estinto dal paradigma parlamentare, sostituito da una destra in cui spiccano neofascisti, integralisti cattolici e pistoleri. Senza lasciare il Paese a mollo per mesi in un dibattito violento e dilaniante, che ha come unico effetto quello di aprire una trattativa su questioni - i diritti - su cui non si dovrebbe mai trattare», ha commentato Gabriele Piazzoni, segretario generale di Arcigay.
Oggi, in visibile, imbarazzo la destra italiana si giustifica: non è la prima delle preoccupazioni per milioni di italiani che non hanno lavoro. Vero, il matrimonio egualitario per le persone dello stesso sesso e l'adozione per il loro figli non è percepito come emergenza. È comprensibile. Anche negli anni Settanta c’erano emergenze più gravi del divorzio, l’aborto. L’Italia però, per noi che ci viviamo adesso, è il paese che è anche grazie a quelle leggi. È la politica italiana a non essere in sintonia con il nostro tempo. Una politica nemica di una realtà che esiste, è già un fatto. Una politica in ritardo, al rimorchio. Quando se ne renderà conto sarà già troppo tardi, farà troppo poco.