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Liliana Segre contro il premierato: «Non posso e non voglio tacere»

di Simone Alliva   15 maggio 2024

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Israele pronto all'affondo su Rafah. Sull'inchiesta in Liguria l'ombra di una talpa. L'ex sindaca Virginia Raggi a processo per calunnia. I fatti da conoscere

L'allarme di Segre sul premierato: "Non posso tacere"
"Non tutto può essere sacrificato in nome dello slogan "scegliete voi il capo del governo!" Anche le tribù della preistoria avevano un capo". Con queste parole la senatrice a vita Liliana Segre ha concluso il proprio intervento in Senato durante la discussione generale sul premierato, con un discorso estremamente critico sul ddl Casellati, in cui ha ravvisato "aspetti allarmanti" su cui - ha detto - "non posso e non voglio tacere". Parole che sono rimbalzate sui siti di informazione e sui social e potrebbero avere un notevole peso in un futuro referendum. E che il centrodestra voglia correre verso questo responso delle urne lo ha confermato la premier Giorgia Meloni, che tuttavia ha sottolineato come esso non riguarderebbe lei bensì "il futuro".

L'aula di Palazzo Madama è stata impegnata nella seconda giornata dedicata alla discussione generale che potrebbe concludersi già mercoledì, con la stragrande maggioranza degli interventi da parte di senatori d'opposizione. Questi hanno tutti confermato la contrarietà all'elezione diretta e soprattutto al meccanismo del Parlamento eletto "a trascinamento" del candidato premier, per di più senza garanzie di un ballottaggio. Ma è stato l'intervento della senatrice a vita, nominata dal presidente Sergio Mattarella, a caratterizzare la giornata di ieri per la nettezza degli argomenti contro il ddl: innanzitutto sul metodo seguito dalla maggioranza ("una prova di forza") e in secondo luogo sul merito ("una sperimentazione temeraria").

Secondo Segre il testo voluto dal centrodestra, con l'elezione del Parlamento a trascinamento del candidato premier "produce un'abnorme lesione della rappresentatività del parlamento, ove si pretenda di creare a qualunque costo una maggioranza al servizio del Presidente eletto, attraverso artifici maggioritari tali da stravolgere al di là di ogni ragionevolezza le libere scelte del corpo elettorale". Che pure la Corte costituzionale, ha ammonito Segre, ha bocciato due volte per il Porcellum e per l'Italicum. Inoltre, ha insistito Segre, la riforma produce "il drastico declassamento a danno del Presidente della Repubblica"; questi "non solo viene privato di alcune fondamentali prerogative, ma sarebbe fatalmente costretto a guardare dal basso in alto un Presidente del Consiglio forte di una diretta investitura popolare. E la preoccupazione aumenta per il fatto che anche la carica di Presidente della Repubblica può rientrare nel bottino che il partito o la coalizione che vince le elezioni politiche ottiene, in un colpo solo, grazie al premio di maggioranza". E con la maggioranza assoluta, il premier avrà anche il controllo delle nomine dei giudici della Corte costituzionale "e degli altri organi di garanzia". E poi la sferzata finale: Anche le tribù della preistoria avevano un capo, ma solo le democrazie costituzionali hanno separazione dei poteri, controlli e bilanciamenti, cioè gli argini per evitare di ricadere in quelle autocrazie contro le quali tutte le Costituzioni sono nate". Concetti analoghi li ha espressi l'altra senatrice a vita, la scienziata Elena Cattaneo, che ha sottolineato come per affrontare il problema dell'instabilità si dovrebbe piuttosto puntare a "restituire forza, dignità e autonomia a un Parlamento oggi indebolito". Quando terminerà la discussione generale in Aula interverrà in replica la ministra Maria Elisabetta Casellati, ma al momento non sembra che la maggioranza sia intenzionata a cambiare rotta. Meloni ha difeso il testo ("con la riforma cambierà tutto") e ha confermato che si è diretti al referendum. "Non mi preoccupo di quello che dicono i miei avversari", ha detto per poi sottolineare che il referendum "non riguarderà" lei bensì "il futuro".

 

I tank avanzano a Gaza. Israele pronto all'affondo su Rafah
L'Idf prosegue l'avanzata con i tank e le truppe a Rafah, passando di quartiere in quartiere nella parte orientale della città più a sud della Striscia. Fonti Usa, citate dalla Cnn, hanno detto di ritenere che abbia ammassato abbastanza truppe per procedere con un'incursione su vasta scala nei prossimi giorni anche se non sono certi che Israele abbia preso la decisione finale, un terreno di scontro aperto con il presidente americano Joe Biden. Il segretario generale Onu, Antonio Guterres, si è detto intanto "sconvolto dall'escalation dell'attività militare a Rafah e dintorni: questi sviluppi stanno ulteriormente ostacolando l'accesso umanitario e peggiorando una situazione già terribile. I civili devono essere protetti in ogni momento".

Già nei giorni scorsi l'Idf era entrato nel quartiere est di Jneina della città ma ora - secondo testimoni sul posto citati dai media internazionali - è avanzato, raggiungendo il quartiere di Brazail e la parte occidentale della Salah a-Din, la lunga e importante arteria che dal nord dell'enclave palestinese arriva fino al sud. Le testimonianze hanno riferito di tank israeliani sulla George street a Jneina. L'esercito ha confermato le operazioni nell'area del valico aggiungendo di aver "eliminato numerosi cellule terroristiche in combattimenti ravvicinati".

Nella parte est della città - ha spiegato il portavoce militare - le truppe "hanno ucciso terroristi e individuato armi" mentre continua l'esodo degli sfollati: secondo l'Unrwa circa 450mila palestinesi hanno già lasciato Rafah. Nella battaglia in corso, il valico con l'Egitto è sempre più teatro di scontri ravvicinati con i miliziani di Hamas e delle altre fazioni armate palestinesi. Snodo fondamentale per l'ingresso degli aiuti umanitari a Gaza, il passaggio continua a restare chiuso in uno scambio di accuse fra Israele e l'Egitto. Il Cairo, secondo il Wall Street Journal, sta anche valutando di ridurre le relazioni diplomatiche con lo stato ebraico richiamando in patria l'ambasciatore a Tel Aviv mentre il ministro degli esteri Israel Katz è andato all'attacco sostenendo che è necessario "convincere l'Egitto a riaprire il valico in modo da permettere la consegna continua di aiuti umanitari a Gaza". Parole contestate dal responsabile degli Esteri egiziano, Sameh Shoukry, che ha replicato sostenendo che lo Stato ebraico "distorce i fatti: è lui il responsabile della crisi umanitaria nella Striscia di Gaza". Al 221/esimo giorno di guerra e nella ricorrenza della Festa dell'Indipendenza in Israele, la battaglia si riaccende anche al centro e, soprattutto, al nord della Striscia dove Hamas sta tentando di riorganizzarsi. Secondo la fazione islamica sono stati uccisi a 36 palestinesi in due distinti attacchi aerei notturni israeliani nel campo profughi di Nuseirat, nel centro della Striscia. Nel primo raid, secondo Hamas, è stato colpito "un edificio che ospitava almeno 100 sfollati". L'Idf ha dato la sua versione: è stata centrata, in "un'azione mirata, una sala di guerra dei comandanti all'interno di una scuola dell'Unrwa, usata a scopi terroristici". Nel raid - ha proseguito il portavoce militare - "sono stati uccisi "circa 15 terroristi, dei quali più di 10 erano di Hamas". Nel nord di Gaza - dove nella notte l'esercito ha allargato l'operazione già in corso a Jabalya contro Hamas - l'Idf ha chiesto ai palestinesi di altri quartieri, Al Karama, Salatin e Al Zuhor, di evacuare dalle loro abitazioni. 

 

Putin: "I negoziati sull'Ucraina tengano conto degli interessi di tutti"
Il presidente russo Vladimir Putin ha detto di appoggiare il piano della Cina per una soluzione pacifica della crisi Ucraina, affermando che Pechino ha una piena comprensione di ciò che sta dietro alla crisi. Putin, parlando con l'agenzia di stampa cinese Xinhua in vista della sua visita a Pechino questa settimana, ha affermato che la Russia rimane aperta al dialogo e ai colloqui per risolvere il conflitto che dura da più di due anni. Il piano cinese e gli ulteriori "principi" resi pubblici dal presidente Xi Jinping il mese scorso, secondo Putin, tengono conto dei fattori alla base del conflitto. "La nostra valutazione dell'approccio cinese alla soluzione della crisi Ucraina è positiva. A Pechino capiscono veramente le cause profonde della crisi e il suo significato geopolitico globale". E i principi aggiuntivi, stabiliti da Xi nei colloqui con il cancelliere tedesco Olaf Scholz, sono "passi realistici e costruttivi" che "sviluppano l'idea della necessità di superare la mentalità della guerra fredda".

"Non ci siamo mai rifiutati di negoziare, stiamo cercando una soluzione globale, sostenibile e giusta di questo conflitto con mezzi pacifici. Siamo aperti al dialogo sull'Ucraina, ma tali negoziati devono tenere conto degli interessi di tutti i Paesi coinvolti nel conflitto, compreso il nostro", ha sostenuto il presidente russo. Pechino ha presentato più di un anno fa un documento in 12 punti che esponeva i principi generali per porre fine alla guerra, senza pero' entrare nello specifico. All'epoca il documento fu accolto tiepidamente sia in Russia che in Ucraina, mentre gli Stati Uniti dissero che la Cina si presentava come un pacificatore ma rifletteva la "falsa narrativa" della Russia e non condannava la sua invasione. Il mese scorso il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha definito la proposta un "piano ragionevole che la grande civiltà cinese ha proposto per la discussione". I principi aggiuntivi di Xi chiedono un "raffreddamento" della situazione, condizioni per ripristinare la pace e creare stabilita' e minimizzare gli impatti sull'economia mondiale. 

 

Sull'inchiesta corruzione in Liguria l'ombra di una talpa
Come tutte le inchieste di un certo peso, anche su quella della Procura di Genova che ha portato agli arresti domiciliari il governatore della Liguria Giovanni Toti, il suo capo di Gabinetto Matteo Cozzani, l'imprenditore Aldo Spinelli, in carcere l'ex presidente del porto Paolo Emilio Signorini, si allunga l'ombra di una talpa. Per far luce su chi, eventualmente, ha avvisato gli indagati di fare attenzione esiste da tempo un fascicolo per rivelazione del segreto di ufficio. Fascicolo, che oggi è ritornato a galla, e che è stato aperto dai pm guidati dal procuratore Nicola Piacente sulla scorta di una intercettazione del settembre 2020 ora agli atti del filone dell'inchiesta sulla la presunta corruzione elettorale - voti per rieleggere lo schieramento Toti in cambio di posti di lavoro o una casa negli stabili di edilizia popolare - aggravata dall'agevolazione mafiosa.

Reato, questo, contestato, oltre che a Cozzani, ad Arturo Angelo Testa e al fratello Italo Maurizio, entrambi destinatari della misura dell'obbligo di dimora, e all'ex sindacalista della Cgil Venanzio Maurici con l'obbligo di firma. Sono stati loro tre, stamani, a chiudere il giro degli interrogatori di garanzia. L'unico a rispondere al gip Paola Faggioni è stato Arturo Testa, il quale, come ha ripetuto all'uscita del Palazzo di Giustizia, si è difeso: "è stata una campagna elettorale come abbiamo fatto sempre e poi sono 300 voti! - ha affermato -. Io non ho convinto nessuno dei riesini e non ho promesso o fatto favori: chi è di centro destra ha votato centro destra e chi è di centro sinistra ha votato centro sinistra". E ancora: "Toti lo conosco da quando era coordinatore nazionale di Forza Italia. Noi non abbiamo mai chiesto posti di lavoro. Io fascista? - ha replicato a una domanda. Chi ci conosce dice eresie. Io mi definisco antifascista e il saluto romano era una goliardata". Poiché ritiene di non aver fatto "nulla di male", tramite il suo legale, ha chiesto la revoca della misura. Non così il fratello, che si è avvalso della facoltà di non rispondere ma ha depositato una lettera del 2007 scritta alla comunità originaria del comune siciliano dall'allora candidato sindaco del Pd Marta Vincenzi. E ciò come per dimostrare: "così fan tutti".

Anche Maurici non ha risposto ma ha reso dichiarazioni spontanee e la revoca dell'obbligo di presentazione alla pg: "non c'entro niente con nulla. - ha spiegato davati a taccuini e telecamere - L'inchiesta è surreale, nei miei confronti ovviamente. C'è una grande confusione, smentisco di avere aiutato Toti, cosa che per me è infamante". Nel pomeriggio, invece, è stato sentito per oltre tre ore dai pm e dalla Gdf quello che potrebbe essere un supertestimone: si tratta di Rino Canavese, componente del comitato di gestione del porto e l'unico non "allineato". E' stato il solo a votare contro il rinnovo trentennale della concessione agli Spinelli del Terminal Rinfuse: in un primo momento l'operazione fu infatti "osteggiata" sa Andrea La Mattina, che nel board rappresenta la Regione Liguria, da Giorgio Carozzi, che rappresenta il comune di Genova, e appunto da Canavese. Solo lui però alla fine votò contro (gli altri due, per gli inquirenti, cambiarono opinione per le pressioni ricevute), ritenendo che l'operazione, come si evince dalle intercettazioni, facesse parte di un "meccanismo perverso", punto su cui avrebbe fornito delucidazioni. Al termine dell'interrogatorio, Canavese ha affermato di sentirsi "molto arrabbiato perché la credibilità che avevamo come sistema portuale non l'abbiamo più". La sua deposizione potrebbe essere fondamentale per confermare le accuse sulle quali Toti ha intenzione di rispondere e chiarire davanti ai pubblici ministeri. Stamane il suo legale si è recato dagli inquirenti per parlare dell'interrogatorio: probabilmente si terrà la settimana prossima in quanto i temi da affrontare sono molti. In merito al fascicolo, secondario, per rivelazione del segreto di ufficio il dialogo intercettato risale agli albori dell'inchiesta per corruzione e voto di scambio. I fratelli Testa, iscritti a Forza Italia in Lombardia e da ieri sospesi dal partito, quattro anni fa, mentre erano a Genova per un incontro con alcune persone della comunità riesina, vengono avvicinati da un uomo con la felpa e il cappellino. Si trattava, raccontano le carte, di Umberto Lo Grasso (consigliere comunale totiano) Il quale rivolgendosi a Italo Testa lo avvertiva: "Vedi che stanno indagando, non fate nomi e non parlate al telefono …. Stanno indagando". E l'altro: "si lo so, non ti preoccupare …. L'ho stutato ("spento" in dialetto siciliano, ndr)". Ora si lavora per individuare chi ha avvertito Lo Grasso. Una ipotesi è una talpa visto che Stefano Anzalone, in quota a Toti e anche lui indagato, è un ex poliziotto con agganci, si ritiene, tra le forze dell'ordine. L'altra ipotesi è che si possa trattare di una sorta di millanteria dello stesso Anzalone che, dopo le elezioni, voleva togliersi di torno i fratelli Testa e non onorare le promesse che avrebbe fatto in cambio dei voti.

 

Meloni sul caso Genova: “Aspettiamo le risposte di Toti”
Cautela sul caso Toti, perché bisogna aspettare di sentire cosa ha da dire il governatore. Difesa del suo essere "del popolo" contro chi vorrebbe un mondo diviso tra "pesciaroli e dottori". Per niente spaventata dalla campagna elettorale che è di per sé "divisiva" perché il sistema è proporzionale puro ma il governo, è sicura, non rischia. Giorgia Meloni si presenta con una mezz'ora abbondante di ritardo a Milano sul palco del La Verità, che elogia per il "coraggio" sul Covid, e ripete un copione ben rodato nelle apparizioni delle ultime settimane. Parla del premierato, che non è un referendum "su di me o su Mattarella", della lotta all'immigrazione illegale che va fatta puntando a fermare le partenze, del lavoro dello Stato a Caivano ("deriso da De Luca per coprire le sue mancanze"), della giustizia, che "non funziona" e va cambiata anche con la riforma che arriverà "nei prossimi giorni". L'intervista con il direttore del quotidiano, Maurizio Belpietro, dura all'incirca un'ora. Nessun accenno alle tensioni che stanno attraversando la maggioranza e il governo sul Superbonus (che pure in genere è uno dei suoi cavalli di battaglia), ma la prima domanda è su Giovanni Toti. Come dice anche ai cronisti prima di salire sul palco, Meloni spiega che il governatore merita "rispetto" anche per aver guidato "molto bene" la Liguria e "per molti anni" e che "il minimo sindacale" è aspettare "la sua versione dei fatti". Il governatore ha fatto sapere di essere pronto a rilasciare dichiarazioni spontanee dopo aver "letto le carte" e solo dopo, conferma la linea emersa in questi giorni la premier, si potrà "valutare". Non si può ancora, insomma, parlare di dimissioni anche se in molti, in Parlamento, scommettono sul fatto che lo stallo potrebbe finire prima dell'eventuale richiesta di riesame della custodia cautelare ai domiciliari. Nel frattempo c'è da raggiungere il traguardo delle europee, dove Meloni ribadisce che la soglia del successo è la conferma "del consenso del 2022". Niente scossoni in vista per il governo, assicura, e niente rimpasto perché tra i suoi obiettivi c'è quello di chiudere i 5 anni "con il governo che ho nominato. Non è mai accaduto nella storia d'Italia". E per il commissario l'Italia punta a una delega "di peso", ma se sarà un ministro resta una partita ancora tutta da vedere. Un passaggio sull'attualità arriva anche quando si parla del confronto Tv con Elly Schlein ("vedo molti movimenti" per impedirlo) e quando si parla di Rai, e della scelta di alcuni giornalisti della tv pubblica di non scioperare la scorsa settimana. La premier arriva preparatissima al passaggio sulla Rai (con le nomine che potrebbero slittare, nel frattempo, a dopo le europee): per respingere le accuse di aver creato "Telemeloni" sventola un grafico che riporta la media delle presenze in tv dei presidenti del Consiglio estratta dall'Osservatorio di Pavia. "Su TeleMeloni la Meloni è drammaticamente ultima" con i suoi "14 minuti", ironizza, elencando le presenze dei suoi predecessori. Tutti con più copertura da parte del Tg1, da Gentiloni a Draghi, da Conte (nel II a "47 minuti") a "attenzione attenzione Matteo Renzi", presente in media per "37 minuti". C'è del "nervosismo", la sintesi della premier, non tanto perché "c'è Tele Meloni ma perché non c'è più TelePd". Respinge anche le accuse di guidare un "governo autoritario" la premier, sottolineando che insieme agli studenti in piazza si trovano "alcuni professionisti della materia che provocano le forze dell'ordine nella speranza che qualcosa vada storto". E a dimostrare la sua vicinanza alle forze dell'ordine, che in piazza cercano di "mantenere un equilibrio" tra diritto di manifestare e "rispetto delle regole", prima di lasciare Milano Meloni va al Niguarda a trovare Christian Di Martino, il vice ispettore delle Volanti ferito a Milano il 9 maggio scorso. 

 

Accusata di calunnia, andrà processo l'ex sindaca Raggi
Inizierà il prossimo 11 settembre il processo a carico dell'ex sindaca di Roma, Virginia Raggi, per l'accusa di calunnia in in riferimento ad alcune affermazioni da lei fatte nei confronti dell'ex amministratore delegato di Ama, Lorenzo Bagnacani. La genesi della vicenda è legata ad una serie di audio, registrati di nascosto nel 2019 dall'ex ad della municipalizzata dei rifiuti e pubblicati da L'Espresso in cui la Raggi esprimeva anche giudizi negativi sullo stato in cui versava la Capitale.

Nell'esposto Bagnacani, assistito dall'avvocato Elisabetta Gentile, faceva riferimento a "pressioni indebite" messe in atto dalla ex sindaca per ottenere la modifica del bilancio Ama. Denuncia a cui il manager allegò una serie di chat e registrazioni da cui emergerebbero le "richieste" della Raggi di intervenire sul bilancio. Quando venne sentita dai magistrati nel 2022, dopo la seconda richiesta di archiviazione alla quale l'ex ad si era opposto, Raggi affermò che era stata minacciata dallo stesso Bagnacani. Secondo l'ex sindaca, Bagnacani e l'allora assessore all'Ambiente, Pinuccia Montanari, "in qualche modo" la "forzavano e minacciavano - è detto nell'ordinanza del gip che dispose l'imputazione coatta - dicendo che se non avessi approvato il bilancio come volevano loro riconoscendo i crediti io sarei stata responsabile del fallimento dell'azienda" con l'intenzione poi di svenderla ai private. Parole che portarono Bagnacani ad una nuova denuncia per l'accusa di calunnia. L'ex sindaca commenta la decisione del giudice affermando che gli "si contesta di avere accusato alcune persone di avere tenuto nei miei confronti una condotta che esse stesse hanno esplicitamente rivendicato. All'epoca ho effettivamente subito enormi pressioni affinché si approvasse un bilancio che presentava molti aspetti poco chiari, ma non lo feci. Provo, pertanto, sconcerto e rabbia per una vicenda paradossale nella quale - voglio ricordarlo - sono stata io, prima, a denunciare pubblicamente e a segnalare in Procura la situazione economica altamente critica dell'azienda- e, poi, ad affidarla a un nuovo cda, che ne ha risanato i conti. Ci tengo infine a sottolineare che, in relazione ai fatti che mi vengono oggi addebitati, il pm ha chiesto, prima, l'archiviazione e, poi, una sentenza di non luogo a procedere in mio favore.Affronteremo anche questa", conclude.