Leader autoritari eletti dal popolo. Nel mondo sono sempre più numerosi E anche in Europa. Analisi di un fenomeno che sta provocando una crisi drammatica per le istituzioni liberali. E che nessuno sa come fermare.

Nell’affrontare il tema della democrazia in questo numero de L’Espresso, siamo chiamati a riflettere su un paradosso inquietante: mai come oggi la democrazia, in tutte le sue forme, sembra essere in crisi, eppure la partecipazione e il confronto continuano a pulsare nel cuore delle nostre società. Le recenti elezioni in Francia e in Gran Bretagna ci dimostrano che, di fronte a sfide cruciali, gli elettori si mobilitano, superando le insidie dell’astensionismo, e questo è un segnale di speranza. Tuttavia, esiste una linea sottile tra il coinvolgimento attivo e la deriva verso forme di governo che sembrano più rassicuranti: la tentazione del governo forte e dell’uomo solo al comando rappresenta sempre di più un rischio.

È vero, la democrazia spesso richiede tempi lunghi per le decisioni, logiche di mediazione e compromessi che, sebbene essenziali per una governance sana, possono generare frustrazione e un sentimento di impotenza. È in questo contesto che il dibattito si fa incandescente: la ricerca e il fascino di soluzioni rapide, immediate e decisive, talvolta, porta le persone a cercare risposte radicali e facili, abbandonando il terreno complesso di una democrazia autentica.


Noi de L’Espresso ci impegneremo sempre a contrastare tali inclinazioni, perché la storia ci insegna quanto possano essere pericolosi i regimi che si giustificano con promesse di stabilità e ordine. La sovranità popolare non deve mai diventare un pretesto per dare luce verde a élite economiche o politiche pronte a reinterpretare la volontà del popolo in chiave autoritaria o, peggio ancora, reazionaria.


Ci sono troppe storie di democrazie che, partendo da ideali nobili, si sono ritrovate prigioniere di totalitarismi, spesso sorti dalle ceneri di posizioni radicali e opposte, ma apertamente avallate dal voto degli elettori. È un monito che ci riguarda tutti, poiché ciascuno di noi è partecipe di un destino collettivo che non può permettersi errori.

A tale riguardo, abbiamo ascoltato le voci di autorevoli politologi, che offrono riflessioni e prospettive diversificate e necessarie per comprendere questa crisi profonda. La loro analisi ci ricorda che l’urgenza di affrontare la crisi democratica oggi non è solo accademica, ma di vitale importanza per il nostro avvenire.

Un’ulteriore minaccia alla democrazia in questi ultimi anni arriva anche dall’avvento della tecnologia digitale. Troppo spesso la necessità di fare rispettare le regole ai colossi del Web si è scontrata col diniego da parte di questi ultimi ad affrontare le loro responsabilità, rifiuto argomentato con strumentali accuse di censura, di attacco immotivato alla libertà di espressione.


Il controllo su ciò che passa dalle piattaforme digitali da parte degli Stati sovrani sta diventando una questione fondamentale per il futuro del mondo e coinvolge aspetti economici, sociali, morali, ma anche interessi di sicurezza nazionale e di intelligence come pure di lotta alla criminalità organizzata. Il recente arresto di Pavel Durov, fondatore e proprietario di Telegram, e la chiusura della piattaforma social X in Brasile sono solo gli ultimi due episodi che confermano quanto il futuro delle libertà rappresenti un rischio per tutta l’umanità.

 

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