È un parere non vincolante, ma è comunque una bocciatura del decreto Sicurezza. Il provvedimento tanto caro al governo Meloni – ritenuto così prioritario da essere stato trasformato in decreto, per superare le lungaggini dell’iter parlamentare ordinario – è stato fortemente criticato dalla Cassazione che, nelle 129 pagine della relazione 33/2025, non fa sconti a metodo e merito della norma convertita in legge dal Parlamento lo scorso 29 maggio. Sarà la Consulta a pronunciarsi sull’eventuale incostituzionalità, ma comunque l’analisi dell’Ufficio del massimario del Palazzaccio – che come compito principale ha l’analisi sistematica della giurisprudenza della legittimità – è un elemento con cui il governo dovrà fare i conti.
Le critiche sul metodo
In particolare, gli ermellini hanno contestato il metodo – cioè la scelta del decreto – proprio perché non sarebbero sussistiti quegli elementi di “necessità e urgenza” previsti dall'articolo 77 della Costituzione. Perché – questo il ragionamento dei giudici della Cassazione – il decreto ha di fatto inglobato un disegno di legge che da tempo era in discussione in Parlamento (lo "riproduce quasi alla lettera") e perché, come si ricorda nel parere, non ci si può basare su una “apodittica enunciazione dell’esistenza delle ragioni di necessità e urgenza”. Non c'è stato – si legge nella relazione – "per unanime giudizio dei giuristi finora espressisi" alcun "fatto nuovo configurabile come ‘casi straordinari di necessità e di urgenza’” tra “la discussione alle Camere del ddl sicurezza e la scelta di trasformarlo in un decreto legge dal medesimo contenuto”. La scelta di sottrarre il testo all'ordinario procedimento legislativo e trasfonderlo in un decreto produrrebbe, per la Cassazione, "una serie di conseguenze: l'accelerazione dei tempi di discussione, la conseguente contrazione della possibilità di apportare emendamenti, che saranno comunque sempre pro futuro, la complessiva compressione del pieno dispiegarsi di quei tempi e modi di dibattito, di esame e di voto che dovrebbero caratterizzare la funzione legislativa, in particolare in materie coperte da riserva di legge, come sono i diritti di libertà e la materia penale". A questo si aggiunge "l'estrema disomogeneità dei contenuti di questo testo"
Le critiche sul merito
Poi, ci sono le critiche di merito. Innanzitutto sulla norma che amplia i poteri dei servizi segreti e che consente loro anche di creare e dirigere gruppi terroristici. Sotto la lente della Cassazione sono finiti pure i reati di rivolta carceraria e resistenza passiva, oltre che le aggravanti previste per manifestazioni “dentro e fuori le stazioni ferroviarie e della metro”. Ma anche il provvedimento per le detenute madri o il nuovo reato che punisce anche la sola detenzione di “materiale propedeutico al terrorismo”. Nella relazione si parla di “ipertrofia penalistica”, di “vocazione simbolica” e di un concetto di sicurezza “punitivo e repressivo, distante dal disegno costituzionale”. Le disposizioni che "determinano il trattamento sanzionatorio, in quanto destinate a incidere sulla libertà personale dei loro destinatari – si legge ancora –, devono ritenersi suscettibili di controllo" da parte della Corte per "gli eventuali vizi di manifesta irragionevolezza o di violazione del principio di proporzionalità dovendosi scongiurare il rischio di irrogazione di 'una sanzione non proporzionata all'effettiva gravità del fatto'".