Politica
30 ottobre, 2025Articoli correlati
A un anno dalle dimissioni, l'ex ministro si candida capolista in Campania: perché nel melonismo, più di tutto, conta la tribù. Anche l'influencer corre, ma con Bandecchi
La candidatura, la controcandidatura, l’aspettativa, persino la multa del Garante privacy a Report, tutto sotto i riflettori: sembra proprio un destino, questo di Sangiuliano. Tanto Giorgia Meloni si impegna ad allisciare, ingrigire, istituzionalizzare la vita del suo governo, tanto ogni capitolo della storia dell’ex ministro sembra fatto apposta per smentire tutto questo affanno. Sembra, Gennaro Sangiuliano, la mattonella sporgente sulla quale ruzzola l’intero affresco della narrazione meloniana: il merito, il coraggio, la sfida. Certo, come no.
Basterebbe solo dire che lui detiene il record di essere l’unico ministro costretto a dimettersi da un governo che la premier si picca di non voler cambiare o rimpastare: la sola altra modifica registrata è quella della successione obbligata tra Raffaele Fitto e Tommaso Foti, mentre Santanché, Calderone, Schillaci, Lollobrigida, ciascuno traballante per un motivo suo, sono rimasti tutti dove erano. Parrebbe, Sangiuliano, l’unico a mostrare cosa c’è oltre l’immobilismo democristiano cui di suo tende Meloni da Palazzo Chigi. Egli svela che invece esiste eccome un movimento. È la protezione degli amici e dei famigli: ecco il vero valore, la tribù. È l’unica forma di ambientalismo che a destra si sia ormai disposti a riconoscere: il riciclo dei trombati, il ricollocamento dei fedeli, l’eterna resurrezione. L’effetto Lazzaro, lo chiama Dagospia.
Così per esempio adesso, dopo appena un anno nel si fa per dire esilio della corrispondenza da Parigi per il Tg2 – un ruolo per il quale nell’ambiente si è disposti a uccidere, lui naturalmente ora è in aspettativa – Sangiuliano, ripescato con la benedizione congiunta di Arianna Meloni e Ignazio La Russa, si propone nientemeno che capolista alle elezioni regionali campane, circoscrizione di Napoli. Con il che forse ravvivando una competizione che, dal lato del centrodestra, poteva rivelarsi scialba (a sinistra siamo già ai pop corn). Non a caso Edmondo Cirielli, viceministro agli Esteri e vittima sacrificale per la corsa in Campania contro Roberto Fico, con sprezzo del paradosso gioisce, lodando dell’ex ministro, tra tante virtù, la «coerenza personale»: «Sono convinto che darà un positivo apporto quantitativo, ma anche qualitativo», ha detto nella prima uscita ufficiale, nella settecentesca Villa Feanda, tra Nola e Palma Campania. Qualitativo certamente: Sangiuliano mai ha deluso chicchessia. Quantitativo non sarà facile: a Napoli e provincia, oltre a lui, sono candidate Francesca Marino, nutrizionista e docente di educazione alimentare, moglie del rettore dell’Università Federico II Matteo Lorito, l’imprenditrice Ira Fele, moglie del deputato Michele Schiano di Visconti, Ione Abbatangelo, figlia del missino Massimo. Sangiuliano insomma dovrà lottare. E contendersi la visibilità con Maria Rosaria Boccia, la donna cui deve, se non la sua rovina, almeno le dimissioni dalla Cultura.
Anche lei infatti si candida alle Regionali, secondo un plot che non era così avvincente dai tempi di “Sentieri”. L’influencer-imprenditrice è schierata con Alternativa popolare, nella lista dallo psichedelico nome “Dimensione Bandecchi”, presentata domenica all’Hotel Habita di Pompei. Già virale su Instagram il reel in cui lei duetta con Stefano Bandecchi cantando al karaoke di Radiorock “Acqua e Sale”. Modello Mina-Celentano, però con l’una che stona e l’altro che va fuori sinc. Chissà se servirà a riportare gente al voto. Lecito dubitarne.
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