Politica
8 ottobre, 2025È tra i nomi che si stanno studiando sottotraccia: una scheda riservata con il suo profilo è arrivata sul tavolo di almeno due parlamentari vicini al progetto centrista
Più che un’assemblea, quella della Leopolda è sembrata una prova generale. Non solo per la costruzione di un nuovo soggetto politico, ma per qualcosa di più ambizioso: creare un terzo polo reale, una “gamba” centrista in grado di affiancarsi a Pd e M5s, con l’obiettivo dichiarato di contendere al centrodestra la guida del Paese. Matteo Renzi lo ha detto chiaramente: “C’è spazio per una forza che valga il 10%”. Ma quello che non è stato detto, e che circola da giorni nei corridoi romani, è che il vero tema è la leadership. E tra i nomi che si stanno studiando sottotraccia, spicca quello della sindaca di Genova Silvia Salis.
Una federatrice “esterna” ai partiti
Nessuna investitura ufficiale, ma una scheda riservata con il suo profilo è arrivata sul tavolo di almeno due parlamentari vicini al progetto centrista. Il ragionamento è semplice: Salis rappresenta una figura civica, lontana dalle correnti, ma capace di parlare a più mondi. Nello scenario che si va disegnando — un’area nuova, né renziana né calendiana — serve un nome che unisca e non divida. E Salis, che a Genova ha vinto contro il centrodestra con una coalizione larga, viene considerata un test credibile.
Il dossier analizza potenzialità e rischi: consensi locali solidi, reputazione pubblica, profilo europeo. Ma anche la scarsa esposizione nazionale e l’assenza di una rete strutturata. Un’ipotesi di lavoro, per ora. Ma significativa.
Calenda resta freddo. Ma il Pd guarda
Dal quartier generale di Azione, l’aria resta gelida. Carlo Calenda continua a ripetere che non intende ricostruire un’alleanza con Renzi. “Alternativi a destra e a sinistra”, è la linea. Ma tra i suoi parlamentari non manca chi guarda con curiosità alla nuova ipotesi federativa. Anche perché i numeri di Azione da soli, nei sondaggi interni, non bastano.
Nel Pd, intanto, la situazione è più fluida. I malumori verso la linea Schlein sono noti, soprattutto tra i riformisti. I nomi che circolano come possibili “transfughi soft” non sono nuovi: Lorenzo Guerini, Pina Picierno, persino Paolo Gentiloni. Nessuno vuole parlare di scissione, ma si ragiona su una federazione parallela: una lista autonoma, alleata ma non subalterna al Pd.
Il fattore Quirinale
C’è un’altra questione, più sottile, che agita il cantiere del centro: il Quirinale. Renzi lo ha evocato apertamente, parlando del rischio che Giorgia Meloni possa puntare al Colle nel 2029. L'Espresso aveva anticipato la notizia mese fa. Nei colloqui riservati tra esponenti centristi e ambienti parlamentari, è emerso più volte il tema: serve una figura terza, larga, trasversale, in grado di essere votata anche da una parte del centrodestra moderato. Non Elly Schlein, non Giuseppe Conte. Qualcuno guarda a Gentiloni, altri a figure istituzionali più neutrali. In ogni caso, la partita per il Colle inizia oggi. E per avere voce in capitolo, serve un gruppo coeso, strutturato, che superi la soglia del 10%.
Fondi, simboli e accordi
Sul piano operativo, si lavora a più livelli. Il nodo dei finanziamenti è cruciale. Alcuni donatori storici del Pd, oggi distanti dalla linea Schlein, sono stati riavvicinati. Si parla di imprenditori del Nord, ambienti finanziari vicini a Bruxelles, e persino ex sostenitori del progetto Draghi.
Poi c’è il nodo del simbolo. Non sarà Italia viva, non sarà Azione. L’ipotesi più concreta è quella di un nuovo contenitore federativo, con un nome ancora da scegliere e una governance a più teste. Una sorta di “Ulivo 4.0” – come lo chiamano informalmente alcuni parlamentari. Ma con regole chiare: un leader federatore, un’agenda europea, nessuna ambiguità su Nato e Ucraina.
Le prossime tappe
Il percorso non sarà breve. Le prime scadenze saranno le elezioni regionali dove si deve ancora votare, in particolare la Puglia. Se Antonio Decaro dovesse ottenere un risultato forte, il suo nome salirebbe in cima alla lista dei federatori.
Ma è sullo sfondo che si gioca la partita vera: il 2027, elezione del nuovo Parlamento. Il centro che si muove oggi non cerca solo seggi: vuole pesare quando si conteranno i voti per il Colle. Ecco perché dietro ogni conferenza stampa, ogni stretta di mano, si cela un lavoro silenzioso. Fatto di telefonate, conti, nomi spuntati a mezza voce. E di una convinzione che torna spesso nei colloqui riservati: il potere unisce più delle idee. Al momento giusto, si troveranno tutti dalla stessa parte del tavolo.
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