Politica
26 novembre, 2025Nell’intervista all’Espresso il ministro dello Sport Andrea Abodi chiede unità di intenti per non perdere il terzo Mondiale di calcio consecutivo. Ma lo sport più seguito in Italia è in balia di infiltrazioni criminali, impianti vecchi, proprietà oscure e mancanza di talenti
Lunedì 17 novembre, il giorno dopo una domenica bestiale di sport, il ministro competente Andrea Abodi si deve confrontare con la solita vittoria e l’ennesimo fallimento. Quindici anni fa chiunque avrebbe scommesso che il fallimento arrivava dal tennis e la vittoria dal calcio. Oggi è il contrario. Allo stadio Meazza di San Siro i norvegesi hanno dormicchiato per 45 minuti, forse incantati dai colpi di Jannik Sinner alle finali Atp di Torino. Dopo l’intervallo si sono svegliati e hanno raso al suolo i resti del pallone nazionale.
Abodi non è il commissario tecnico degli azzurri come non allena il rovescio di Sinner. Ha trascorso la maggior parte dei suoi 65 anni a occuparsi di marketing sportivo, diritti televisivi, governo delle leghe calcistiche e finanza applicata allo sport con l’Istituto per il credito sportivo (Ics). Secondo le voci di palazzo, ha accettato il mandato politico dopo qualche insistenza perché avrebbe preferito la ben più remunerata Fondazione Milano-Cortina. Ma Giovanni Malagò, di cui non è mai stato troppo amico, ha tenuto il punto e la poltrona. In questa intervista con l’Espresso, Abodi racconta le difficoltà dello sport e i punti cardinali della sua azione, coerenti con le linee operative del governo: riqualificazione degli stadi, sostegno finanziario ai Giochi invernali, controlli sui conti del calcio e del basket a cura di una struttura esterna alle federazioni nominata dal ministero.
Nei primi due casi l’imperativo è aiutare gli investitori privati, che hanno un ruolo chiave nel disastro del football tricolore e che vivono di mordi e fuggi finanziario. Nel terzo, è un po’ la separazione delle carriere o, per dirla con gli avversari del ministro, un attentato all’autonomia dello sport.
Chi è nato nel 2006 da campione del mondo, ai prossimi Mondiali avrà 20 anni e avrà vissuto due eliminazioni al primo turno (2010 e 2014) seguite da due mancate qualificazioni che possono diventare tre il prossimo marzo. Una vita senza le emozioni toccate ai boomer nel 1970, nel 1978, nel 1982. Qual è il messaggio della politica? Stringiamci a coorte fino agli spareggi?
«La crisi tecnica del calcio italiano non viene affrontata da venticinque anni. Abbiamo trascurato il talento per asservirlo al modulo. Adesso bisogna preservare l’obiettivo dei Mondiali 2026. È triste che alle giovani generazioni manchi un pezzo di memoria condivisa e di identificazione».
Siamo diventati un paese di pallavolisti, nuotatori e tennisti. Ma il calcio e il ciclismo, dove siamo in crisi da anni, restano gli sport più popolari. Come se ne esce?
«La cultura sportiva si è evoluta e molti si orientano verso quelle discipline olimpiche che una volta si vedevano ogni quattro anni. Ma altro sono i risultati agonistici, altro è la passione sportiva. Gli stadi sono sempre più pieni. Anche per questo è necessario trasformarli».
A ottobre 2026 bisognerà definire i cinque impianti per gli Europei 2032 Italia-Turchia. Ce la faremo? E con quali candidati?
«La funzione del rinnovamento va ben oltre il 2032. Intanto abbiamo tolto ogni possibilità di equivoco con il commissario Massimo Sessa, appena nominato. I privati hanno messo a disposizione non meno di 4 miliardi di euro. Soltanto a Roma e Milano ci sono 2,8 miliardi. Per Euro 2032 sono stati avviati dieci progetti, con Firenze e Venezia già alla fase di cantiere. Il governo mette a disposizione da 100 a 160 milioni di euro attraverso Cdp e Ics».
San Siro, la piazza più importante per il calcio in Italia, rischia di rimanere fuori.
«Su Milano c’è stato un cambio di passo con il rogito. Da parte nostra spianeremo gli ostacoli burocratici. Ho ampliato il confine della legge sugli stadi del 2013 con il riconoscimento dello stadio come struttura strategica. Il commissario Sessa, che ha ottenuto il concerto del Mit e del Mef, è già al lavoro con uno stanziamento di 100 milioni di euro per i progetti di prima fascia».
Il governo non si pone il problema che questi aiuti vadano in alcuni casi a proprietà oscure? Lo stesso Claudio Lotito, senatore di Forza Italia e presidente della Lazio, ha posto la questione a livello legislativo.
«In effetti, non siamo in grado di definire fino in fondo gli assetti di alcuni fondi stranieri. La Federcalcio e la neonata commissione indipendente guidata da Massimiliano Atelli collaboreranno per dare un contributo in questo senso. Quando la finanza è sana, non si nasconde e il calcio è molto esposto. Ci sono rischi sul piano delle multiproprietà e dell’attività degli agenti fino ad arrivare alle infiltrazioni criminali. Più si scende di categoria più il problema esiste».
L’Espresso ha parlato di linea della palma in salita verso le serie maggiori con fenomeni criminali, come nei casi Foggia, Crotone e Juve Stabia, e opacità nel controllo anche nei club di serie A. Lei non è d’accordo?
«No. Credo che prima ci fosse minore capacità di fare emergere questi casi. Da presidente della Lega di serie B fra il 2010 e il 2017 ho dovuto gestire due scandali scommesse. Oggi non si può più mettere la polvere sotto il tappeto».
Ma l’indagine Doppia curva ha chiarito infiltrazioni della ‘ndrangheta fra gli ultras di Inter e Milan da anni. Non se ne era accorto nessuno?
«Credo che il significato di questa indagine sia anche che c’è una curva che vuole delinquere e una che vuole tifare. Per la prima non c’è spazio. Sul piano della proprietà la commissione indipendente opererà per vagliare sia la credibilità finanziaria, sia l’aspetto reputazionale, come altre leghe già fanno. Soggetti che scompaiono in un luogo e riappaiono in un altro a fare danni vanno esclusi».
A proposito di credibilità finanziaria, il calcio in deficit permanente non sta tentando di compensare il declino dei diritti tv con gli stadi nuovi sostenuti da risorse pubbliche?
«Non penso che i diritti abbiano raggiunto il tetto. Prodotti come la Champions e i Mondiali continuano a valorizzarsi, soprattutto quando si può venderli per una durata superiore a quella stabilita dalla legge Melandri, sulla quale interverremo. È fondamentale il contrasto alla pirateria. Nei cinquemila nomi di clienti del pezzotto identificati dalla Guardia di finanza non c’è nessuno che non possa pagare un abbonamento. Nel rispetto della privacy stiamo lavorando anche per una comunicazione esterna».
Farete i nomi?
«Sì. La pirateria è un reato come un altro».
Lei è intervenuto anche sullo scandalo dello sci paralimpico con il presidente Paolo Tavian accusato di abusi e molestie. Servono giudici terzi rispetto alle federazioni?
«La terzietà non toglie ma restituisce. In troppe occasioni la giustizia federale è stata uno strumento per controllare dall’interno consenso e dissenso».
Veniamo ai Giochi invernali. Per questo governo è un’eredità che avvantaggia soprattutto territori in mano al centrodestra. Ma ci sono aspetti meno graditi, come gli extracosti e i ritardi.
«Abbiamo acquisito i costi organizzativi a gennaio 2023 con rincari dovuti a Covid, inflazione, rincari di materie prime ed energia. Alla fine, un aumento da 1,6 miliardi a 2 miliardi non mi pare uno scandalo. Poi ci sono altri 3,5 miliardi in opere pubbliche che andranno oltre la scadenza del 2026».
E perché ci vogliono le Olimpiadi per fare le opere pubbliche?
«Sono interventi che le comunità attendevano da tempo. Non potevano essere realizzati in tre anni. Il traguardo è il 2032».
Che ne dice del caro-biglietti per i Giochi?
«Ci sono biglietti a ogni prezzo».
Negli ultimi governi, lo sport è stato a volte trasformato in dipartimento di altri dicasteri. Tra i finanziamenti affidati al Mef e il dominio dei capitali privati, serve davvero un ministero dello sport?
«Serve perché lo sport è un mondo vasto e complicato che non si autodisciplina. Senza un ministro, che deve avere un ruolo di coordinamento e moral suasion, non si capisce più se decide il Coni, le federazioni, le leghe professionistiche. L’alternativa al ministero è il caos».
LEGGI ANCHE
L'E COMMUNITY
Entra nella nostra community Whatsapp
L'edicola
Bella, ciao - Cosa c'è nel nuovo numero de L'Espresso
Il settimanale, da venerdì 21 novembre, è disponibile in edicola e in app



