Politica
5 dicembre, 2025Quest’anno la festa diventa meno festa identitaria e più piattaforma politica, laboratorio di un partito che vuole presentarsi come forza affidabile e dialogante, capace di parlare a mondi che finora erano rimasti ai margini del perimetro meloniano. Sullo sfondo, l'ipotesi di un voto anticipato
Fratelli d’Italia prova a cambiare pelle. La “fase due” evocata da Giorgia Meloni prende forma dentro e attorno ad Atreju, che quest’anno diventa meno festa identitaria e più piattaforma politica, laboratorio di un partito che vuole presentarsi come forza affidabile, dialogante, capace di parlare a mondi che finora erano rimasti ai margini del perimetro meloniano.
A via della Scrofa lo chiamano “allargamento controllato”: inviti selezionati, incontri con rappresentanti dell’economia, accademici, professionisti. Una strategia pensata per spostare l’immagine di FdI oltre il recinto originario, rendendo più solido il profilo istituzionale del partito e preparando una nuova generazione di dirigenti. Meloni sa che per governare a lungo servono competenze, radicamento amministrativo, reti nei luoghi chiave dello Stato. Non più solo militanza, ma struttura.
Su questo sfondo si inserisce un tema che comincia a circolare con insistenza: l’ipotesi di un voto anticipato nel 2026. Non un piano, non un annuncio. Piuttosto, una possibilità che alcuni considerano realistica se il governo dovesse vincere il referendum sulla giustizia. Quel risultato darebbe alla premier un capitale politico significativo, da spendere evitando l’ultimo tratto di legislatura, considerato il più instabile.
Il nodo riguarda i rapporti interni alla coalizione. Nel gruppo dirigente di FdI è diffusa la convinzione che la Lega di Salvini possa irrigidire il confronto nell’ultimo anno, alzando i toni per recuperare consenso. Una fase che potrebbe complicare l’azione di governo e rendere più incerta la prospettiva del secondo mandato. Da qui la suggestione di “giocare d’anticipo”, evitando mesi di tensioni e presentandosi alle urne in una condizione più favorevole.
Per ora, però, la priorità della premier resta un’altra: consolidare l’immagine di FdI come partito di governo, capace di parlare ai ceti medi, alle imprese, ai moderati in cerca di stabilità. Una transizione delicata, che richiede equilibrio tra identità originaria e apertura verso nuovi interlocutori.
Atreju, in questo senso, è la scena dove Meloni prova a mostrare il volto rinnovato del suo partito. Un passo verso quella “normalizzazione” che, nelle intenzioni dei fedelissimi, dovrebbe traghettare FdI da movimento identitario a forza cardine del sistema. Il resto, elezioni comprese, verrà dopo. Ma nel partito nessuno esclude che il 2026 possa diventare l’anno della scelta.
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