La novità principale della riforma della giustizia proposta dal governo Meloni è la separazione delle carriere tra i magistrati dell’accusa, cioè i pm che conducono le indagini, e i magistrati giudicanti, cioè quelli che emettono le sentenze. Si tratta di una riforma che modificherebbe il titolo IV della Costituzione. E come spesso accade nel nostro Paese, il confronto su questo tema tra due poteri fondamentali dello Stato (quello esecutivo e quello giudiziario) sta raggiungendo livelli di asprezza molto elevati.
L'iter della riforma
Il 16 gennaio 2024 la Camera ha approvato in prima lettura il disegno di legge per la riforma della giustizia (con 172 voti favorevoli e 92 contrari), con una maggioranza più ampia dell’attuale. Insieme al centrodestra che l’ha proposta, hanno votato anche +Europa e Azione. Italia viva si è astenuta, perché vorrebbe modifiche al testo. È stato solo il primo dei quattro passaggi parlamentari necessari. Essendo una riforma che modifica la Costituzione, dovrà essere approvata dal Senato (il testo è attualmente in commissione Affari Costituzionali) e poi tornare alla Camera e poi di nuovo al Senato.
Cosa prevede la riforma
La riforma del Centrodestra prevede anche due organi distinti di auto-governo, due Csm presieduti dal presidente della Repubblica. Verrà introdotto il sorteggio per la designazione di una parte della composizione dei due organi. Per il governo in questo modo ci sarebbe maggiore indipendenza nella magistratura e meno vicinanza tra magistrati che svolgono ruoli diversi. Per l’Anm (l’associazione a cui aderisce la maggior parte dei magistrati italiani) non è così, anzi è vero l’opposto. Più in generale bisogna considerare che pm e giudici non sempre hanno la stessa opinione su un processo. E’ avvenuto recentemente con la condanna in primo grado del sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro. I pm, cioè l’accusa, avevano chiesto l’assoluzione. I giudici invece lo ha condannato per violazione del segreto d’ufficio.
Lo sciopero e l'incontro con Meloni
Il 27 febbraio l’Anm ha indetto uno sciopero contro la riforma costituzionale proposta dal governo Meloni. L’adesione è stata alta: i magistrati si sono presentati con la Costituzione in mano davanti ai tribunali di diverse città italiane e si preparano alla mobilitazione per un eventuale referendum sul tema. Intanto il prossimo appuntamento in agenda è fissato per il prossimo 5 marzo: la premier Meloni ha invitato i nuovi vertici dell’Anm a Palazzo Chigi.