Era il 2015 quando Giorgia Meloni, dai banchi dell’opposizione, si scagliava contro l’allora ministra Beatrice Lorenzin chiedendo di “trattare il gioco d’azzardo cose le sigarette, vietare la pubblicità del gioco d’azzardo” perché produce “miseria, povertà, droga e suicidi”. Dieci anni dopo, la posizione della premier sembra cambiata. Questa mattina, 5 marzo, la maggioranza che la sostiene, in commissione Cultura al Senato, ha approvato una risoluzione di Fratelli d’Italia che, nei fatti, punta al ritorno della pubblicità di agenzie di scommesse su maglie e stadi. Le sponsorizzazioni erano state interdette, nel 2018, con il decreto Dignità del governo Conte Uno. Protestano le opposizioni, con il Movimento 5 stelle che ha votato contro il provvedimento, come ampiamente annunciato, ritenendolo dannoso per la salute dei cittadini e, insieme, generoso con le società di betting (per un ritorno d’immagine) e dei club di Serie A (per gli introiti pubblicitari). Dal 2018 a oggi, il divieto di pubblicità indiretta previsto dal decreto approvato durante il governo Conte I sarebbe costato 100 milioni di euro l’anno alle società calcistiche.
"Un passo indietro vergognoso"
È la formazione guidata da Giuseppe Conte quella che più si è battuta in questi giorni contro la norma. Il capogruppo del M5s in commissione Cultura, Luca Pirondini, è stato il primo a sottolineare le contraddizioni di Meloni: "La maggioranza si appresta a varare una proposta scandalosa contro la quale ci battiamo da tempo: cancellare il divieto di sponsorizzazione per le società di betting – ha scritto in un nota –. Un passo indietro vergognoso, un inchino alla potentissima lobby dell'azzardo, a discapito di milioni di cittadini, soprattutto giovani, che verranno ancora più bombardati da pubblicità tossiche mentre guardano una partita". E poi ha chiesto al governo Meloni: “Chi state rappresentando? I cittadini o i club multimilionari di calcio e le società di scommesse? Si vada a riguardare la sua stessa intervista nella trasmissione di Nadia Toffa nel 2015 per ricordarsi cosa diceva allora Meloni e cosa sarebbe giusto fare oggi".

Il no del Partito democratico
Contrario anche il Partito democratico che, per bocca della capogruppo in Commissione Cecilia D'Elia, ha dichiarato: "A fronte di una situazione che vede crescere in maniera esponenziale il fenomeno del gioco, con una spesa che nel 2025 si stima di 150 miliardi di euro e con sempre maggiore coinvolgimento di giovanissimi, non abbiamo voluto assumerci la responsabilità di autorizzare il governo a rivedere la normativa senza indicare chiaramente la direzione in cui andare".
La modifica del decreto Dignità
L’atto approvato in commissione il 5 marzo, il primo passo per reintrodurre le sponsorizzazioni del betting nel calcio, è uno dei punti chiave della risoluzione sulla “riforma del calcio italiano”, la base d’indirizzo politico (proposta dal meloniano Paolo Marcheschi) che servirà al governo da base per modificare le regole del calcio professionistico. Il decreto Dignità, invece, vietava qualsiasi forma di pubblicità, su “qualunque mezzo”, relativa a “giochi o scommesse con vincite di denaro”. Certo, negli scorsi anni il divieto è stato spesso aggirato grazie a stratagemmi al confine tra il legale e l’illegale – nascondendo il nome della società e usando invece per esempio un portale d’informazione collegato però alla società – ma ora la risoluzione votata in commissione al Senato chiede esplicitamente al governo di “valutare la modifica del vigente divieto”.