La crisi politica del Friuli-Venezia Giulia è causa e conseguenza delle polemiche nazionali sul terzo mandato, anche all'interno della stessa maggioranza. Il Consiglio dei ministri di oggi - 19 maggio - potrebbe decidere di impugnare la legge trentina che consentirebbe al leghista Maurizio Fugatti di guidare per la terza volta alla provincia autonoma di Trento. Fratelli d'Italia, che esprime un numero minore di governatori rispetto ai suoi alleati di centrodestra, da mesi sta cercando di far prevalere le ragioni del vincolo di due mandati, così da poter procedere a un "accantonamento" degli uscenti. L'ultima faglia si è aperta in Friuli-Venezia Giulia.
Nella giunta di centrodestra guidata da Massimiliano Fedriga, del Carroccio, sette assessori di Forza Italia, della Lega e della lista Fedriga hanno rimesso le deleghe. La vicenda prende l'avvio da un'intervista al Gazzettino del ministro per i Rapporti col parlamento, il meloniano Luca Ciriani, che ha criticato la gestione del nuovo ospedale di Pordenone, inaugurato nel dicembre del 2024, ma non ancora entrato in funzione. Il presidente della regione ha criticato l'intervento del ministro su un tema legato alla gestione regionale. Il motivo apparente è, quindi, l'eccesso di ingerenza del partito di Giorgia Meloni, che vorrebbe contare di più, forte del suo successo a livello nazionale. Nella regione autonoma rivendica un ruolo di primo piano, supportato dall'aumento di consensi che ha avuto il partito negli ultimi 5 anni, passato dal 4 al 18%. Un buon risultato, ma non abbastanza per pretendere il posto di Fedriga. Che, nel frattempo, ha deciso di prendersi 48 ore per riflettere, prima dell'incontro di domani, a Venezia, con la presidente del Consiglio.
È difficile non ipotizzare un collegamento tra le tensioni in Friuli-Venezia Giulia e la legge per il terzo mandato approvata in Trentino che oggi, 19 maggio, potrebbe essere impugnata dal governo. La lega smentisce, ma il gioco politico starebbe tutto qui: se la giunta di Fedriga cadesse perché mancano gli assessori, visto che si sono dimessi prima di 2 anni e 6 mesi dalla fine del suo mandato, si tornerebbe al voto con la possibilità, per l'attuale presidente, di ricandidarsi. E, quindi, di fare un "terzo mandato", che però non conterebbe come tale. Sospetto innescato anche dal fatto che a dimettersi non è stato solo l'assessore alla Sanità, come ci si sarebbe potuti aspettare. Una mossa che dal centrodestra regionale viene fatta passare come un'insofferenza verso il partito di governo - "Ci fa più opposizione FdI che parte della minoranza" -, ma che sa di calcolo politico.