Una collaborazione militare mai interrotta, quella tra Italia e Israele, nemmeno davanti alla carneficina di Gaza. Fatta di pareri parlamentari dati in cinque minuti, di omissioni, e di programmi appena camuffati per nascondere una partnership strategica che va avanti su settori di frontiera come la guerra elettronica e i caccia di quinta generazione.
Gli ultimi tasselli dei rapporti tra i due Paesi sono sintetizzabili in tre momenti degli ultimi mesi. La prima istantanea riguarda il parere positivo della commissione Difesa della Camera, lo scorso 20 maggio, alla terza tranche di un progetto di conversione di 8 nuovi jet civili Gulfstream G550 in aerei militari multiruolo, con compiti di sorveglianza area e di intelligence. Questi velivoli saranno attrezzati con tecnologia israeliana fornita dall’Elta Systems, una società che fa parte del gruppo Israel Aerospace Industries (Iai), di proprietà dello Stato israeliano. Due velivoli dello stesso tipo sono già operativi nella base di Pratica di Mare, frutto di una precedente commessa. Quel giorno, le proteste dell’opposizione hanno squarciato il velo su un progetto che fino a quel momento aveva attraversato le nostre aule parlamentari senza particolari scossoni. Due settimane prima, il 6 maggio, la riunione della commissione Bilancio su questo punto, era durata appena cinque minuti: dalle 13 e 40 alle 13 e 45.
Nelle sedute delle due commissioni, le relazioni di maggioranza non fanno mai riferimento al fatto che la Elta System è un’azienda israeliana. Il Coordinamento No Riarmo è stato il primo a dare l’allarme sulla richiesta del ministero: «Questa commessa si inserisce nel contesto gravissimo di violazioni dei diritti umani e crimini di guerra nella Striscia di Gaza – spiega Alessandro Marescotti, attivista e fondatore di Peacelink – Acquistare tecnologia militare da Israele è una forma di sostegno economico e simbolico a un governo che continua a calpestare il diritto internazionale e la dignità del popolo palestinese».
Il secondo frame è una foto vera e propria scattata lo scorso 11 febbraio nell’aeroporto militare di Amendola, in Puglia. L’incontro, organizzato nella base dal generale dell’Us Air Forces James B. Hecker, riunisce tutti i Paesi Nato che usano i caccia F-35 ma anche i rappresentanti di altre aeronautiche tra cui quella israeliana. La stessa che ha bombardato duramente per oltre un anno, nella crescente indignazione internazionale, la Striscia di Gaza.
Il terzo frame riguarda l’incontro molto cordiale, avvenuto il 4 settembre 2024, fra l’allora capo di Stato Maggiore della Difesa, l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, e il suo omologo israeliano Herzi Halevi. Chiedendo un aumento delle spese militari, Cavo Dragone ha poi dichiarato pubblicamente: «Potrà farci paura, ma sicuramente non potremo avere una mentalità di pace. Non so come possiamo chiamarla per essere politicamente corretti, però non più una mentalità di pace».

Questi tre momenti si sviluppano nella cornice del memorandum che l’Italia ha ratificato con Israele nel 2005 e che si è rinnovato automaticamente l’8 giugno. L’intesa consente lo scambio di tecnologie, brevetti, software, addestramento e informazioni coperte da segreto militare. Il Coordinamento No Riarmo ha lanciato una campagna per interrompere il memorandum. A cui si somma la diffida avanzata da dieci giuristi al Ministero degli Esteri e quella della Difesa, in cui si sottolineano i gravi profili di incostituzionalità dell’intesa militare.
Dietro l’aereo “regia”
Le tecnologie Elta System per la sorveglianza, la guerra elettronica e l’individuazione di target, chiamate Caew (Conformal airborne early warning), sono esportate in tutto il mondo, oltre a essere ampiamente usate dall’esercito israeliano contro i suoi numerosi nemici. I rapporti tra la società e le Forze di difesa israeliane sono considerati molto stretti, al punto che il personale proviene da unità di élite delle Idf o ancora vi presta servizio. Il programma italiano di conversione dei G550 invece si articola in tre decreti – 3/2020, 37/2021 e 19/2024 – varati sotto vari governi (l’ultimo proposto dal ministro della Difesa del governo Meloni, Guido Crosetto) e costa complessivamente 2,5 miliardi.
Nella terza fase, oltre all’adattamento degli ultimi due velivoli, vi è anche l’acquisto di un undicesimo aereo che sarà usato per sperimentazioni e test, la costruzione della Cittadella Istar a Pratica di Mare, con hangar, palazzine e connettività satellitare necessari a supportare la flotta di undici “aerei spia”. Il ministro della Difesa ha affermato che delle tre versioni della suite operativa del G550, quella con le integrazioni israeliane sarebbe stata sospesa. Affermazioni a cui però non crede Marescotti: «Non basta un aggiornamento o un’integrazione americana o della nostra industria per dire che abbiamo fermato la collaborazione con Israele. La conversione del G550 è stata progettata da Israele come alternativa all’Awacs americano, loro è la ristrutturazione dell’aereo con soluzioni di assoluta avanguardia nel campo della guerra elettronica e non sarà certo una partita di giro a cambiare la situazione».
Né convince l’attivista la versione del governo secondo cui il G550 sia solo un “aereo spia” con funzioni esclusive di difesa. «Il G550 convertito dalla Elta System ha una tecnologia sofisticatissima: un raggio di sorveglianza di 370 chilometri con il radar EL/W-2085 e un ampio spettro di funzioni per le missioni offensive dei cacciabombardieri. Il governo ha tentato di difendere questa tecnologia dicendo che non uccide nessuno, ma non è così. Il G550 è un “aereo regia” che può individuare target, tracciare minacce aeree e terrestri, accecare le difese aeree avversarie in stretta relazione con gli F-35». Una tesi confermata dall’analista di Analisi Difesa, Luca Peruzzi: «Il G550 è sicuramente un aereo che può avere funzioni di regia e che vola con gli F-35. Anzi, sono gli F-35 che volano con il G550, in operazioni basicamente difensive di uno spazio aereo o marittimo nazionale ma che potrebbe essere usato tra altri sistemi radaristici ed elettronici al di fuori dei confini». Non ci sono conferme ufficiali, ma i nostri G550 avrebbero già operato nel Mar Nero, in missioni segrete di sorveglianza del confine rumeno-ucraino.
Alleati nei cieli
La forza aerea è centrale nelle relazioni tra Italia e Israele e gli F-35 sono il nesso con il secondo frame di questa storia. L’F-35 Air chiefs meeting – che si tiene nella base di Amendola nel febbraio 2025, dove è di stanza il 32esimo stormo aereo della nostra aeronautica – è un incontro di alto livello tra Paesi che impiegano il caccia omnirole di 5ª generazione F-35. Lo scopo del meeting è definito da una nota della nostra Aeronautica: rafforzare «l’interoperabilità e l’integrazione tra le forze aeree dei Paesi che impiegano il caccia», «la condivisione delle informazioni, del supporto tecnico operativo reciproco (…) allineando le prospettive sulle sfide comuni, fra cui la deterrenza che i Paesi F-35 User in modo combinato possono garantire contro le minacce comuni».
È il deputato di Avs Angelo Bonelli a porrela questione in Aula. Del resto non è la prima volta che i due Paesi si scambiano il know how. Nel giugno 2021 sei cacciabombardieri F-35 israeliani hanno partecipato all’esercitazione aeronavale Falcon Strike nei cieli dell’Italia meridionale, congiuntamente ai velivoli di guerra delle aeronautiche di Italia, Stati Uniti d’America e Regno Unito. Nel 2022 quattro cacciabombardieri F-35 dell’Aeronautica militare in Israele hanno partecipato a una complessa esercitazione aerea nel deserto del Negev con i velivoli “cugini” delle forze armate israeliane impiegati nel sanguinoso conflitto in Siria. Non solo le armi testate sul campo, ma anche le conoscenze acquisite dai piloti israeliani in battaglia sono molto ambite. «La Nato non ha potuto sperimentare i caccia in Ucraina, mentre Israele lo sta facendo nelle guerre in corso. Ma possiamo davvero continuare a ritenere “normale” la collaborazione militare con chi è accusato di sterminare un popolo?», si chiede Marescotti.
Gli fa eco Domenico Gallo, ex parlamentare e tra i giuristi che hanno chiesto di interrompere il memorandum con Israele. «L’intesa ha almeno due profili di incostituzionalità – spiega Gallo – ma è l’intero quadro a essere mutato: Israele non è solo sotto accusa per genocidio presso la Corte internazionale, ma disobbedisce agli ordini della stessa Corte, mentre l’Italia è tenuta a rispettare la Convenzione sul genocidio che ha firmato proprio qui a Roma». Il governo, rispondendo all’interrogazione di Bonelli, ha però già fatto sapere che non intende recidere i rapporti con Israele.
A fine 2024, un’inchiesta di Altreconomia rivelava che l’Italia – tramite la Leonardo spa – ha continuato anche dopo il 7 ottobre a offrire assistenza tecnica “da remoto” (senza presenza di personale), riparazioni materiali e fornitura di ricambi alla flotta di aerei addestratori M-346 venduta dal nostro Paese a Israele. Valore della commessa nel 2024: 7 milioni di euro. L’Italia ha scambiato 30 addestratori Aermacchi M-346 con i primi due G550 (insieme a tecnologia satellitare) consegnati nel 2016 e nel 2018.
Dalla Relazione sull’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento del 2024 (trasmessa alle Camere il 24 marzo 2025), si evince inoltre che le importazioni da Israele nel 2024 sono state pari a 155 milioni di euro, salendo rispetto al 2023 dalla settima alla seconda posizione come Paese di provenienza, con 42 autorizzazioni concesse. Nel 2023 le erano state pari ad appena 31,5 milioni di euro.