Tra i sorvegliati tramite lo spyware Graphite potrebbe esserci anche il fondatore del portale web. Renzi: "Se si spiano i direttori delle testate giornalistiche, non è più democrazia. Ma il governo continua a far finta di nulla"

Paragon, la procura di Roma ordina accertamenti sui telefoni di giornalisti: ci sarebbe anche quello di Roberto D'Agostino, il fondatore di Dagospia

Continua ad allargarsi il caso Paragon e tra i giornali coinvolti potrebbe esserci anche Dagospia. Oggi, 19 giugno, la Procura di Roma ha disposto accertamenti tecnici irripetibili su sette dispositivi mobili appartenenti a persone ritenute parti lese. Si tratta del fondatore del portale web Roberto D’Agostino, della giornalista olandese Eva Vlaardingerbroek, del direttore di Fanpage Francesco Cancellato, del reporter Ciro Pellegrino, e degli attivisti di Mediterranea Saving Humans Luca Casarini, Giuseppe Caccia e don Mattia Ferrara. L’indagine procede al momento contro ignoti, con accuse che includono la violazione dell’articolo 617 del codice penale, relativo a intercettazioni e installazioni abusive di strumenti per captare comunicazioni private. L’Ordine dei giornalisti e la Federazione Nazionale Stampa Italiana, già costituitisi parte civile, potranno nominare consulenti di parte per seguire gli accertamenti.

 

"Lo scandalo intercettazioni illegittime esplode ogni giorno di più. Se davvero anche Dagospia è stata messa sotto controllo, come sembra, siamo davanti a una svolta clamorosa", ha commentato Matteo Renzi in un post su X. "Nelle democrazie non si spiano i giornalisti. Se si spiano i direttori delle testate giornalistiche, non è più democrazia". Il senatore ha concluso criticando il silenzio delle istituzioni: "Il governo italiano continua a far finta di nulla. Tutti zitti anche stavolta?".

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