Forza Italia sembra vivere una fase di rinnovato slancio politico. Dopo essersi consolidata come seconda forza del centrodestra, superando stabilmente la Lega nelle tornate amministrative e nei sondaggi, ha tratto linfa mediatica e di contenuti dal recente congresso del suo movimento giovanile, che ha eletto segretario Simone Leoni. Come forza di governo, continua a essere il traino centrista di una maggioranza che si lascia attrarre da sovranismi esteri ed estremismi nostrani. Il pragmatismo moderato è evidente nelle parole del deputato Alessandro Cattaneo, già sindaco di Pavia, che ha partecipato al podcast “L’Aperitivo”, di Politica Magazine, di cui L’Espresso è media partner. In questa intervista, fornisce il suo punto di vista su caro energia, salari e decreto Sicurezza.
Gli industriali hanno lanciato l’ennesimo allarme per il costo dell’energia in Italia, che li rende meno competitivi rispetto ai concorrenti europei. Anche le famiglie lamentano il caro bollette. Perché non si procede al disaccoppiamento del prezzo dell’energia elettrica da quello del gas?
"Il grido di dolore delle industrie è il nostro grido di dolore. Questo Paese torna ad avere solo adesso politiche di pianificazione energetica. Prima erano frutto di un'ideologia folle, lontana dalla realtà, che ha portato l'Italia a avere un mix di produzione energetica completamente fuori mercato e strampalato. Il disaccoppiamento del prezzo dell'energia elettrica da quello del gas è un tema anche europeo, e ci stiamo lavorando. Ma c'è un problema di fondo: in Italia gran parte dell'energia elettrica è prodotta con il gas, è evidente che se il prezzo del gas sale sarà proporzionalmente crescente anche quello dell'energia elettrica. Non abbiamo un mix produttivo. È vero, ci sono le rinnovabili, ma anche quelle stentano: ci sono regioni come quella governata dai 5 stelle - la Sardegna - che dicono no alle rinnovabili. Gli agricoltori in alcuni casi storcono il naso se si usano molti ettari di campagna per il fotovoltaico invece che per le produzioni agricole. C'è da faticare sullo sviluppo delle rinnovabili".
Se non è possibile procedere con il disaccoppiamento, a quale soluzione sta lavorando la maggioranza?
"Quello che stiamo facendo è dare risposte nel breve e nel lungo periodo. Nel breve abbiamo fatto il credito d'imposta e fornito aiuti per le bollette delle categorie fragili, ovvero le famiglie a basso reddito. Abbiamo dato risposte alle industrie che semplicemente vanno fuori mercato se non c'è l'intervento dello Stato: penso alla ceramica, all'acciaio, al vetro, alle cartiere, tutti quei settori fortemente esposti perché energivori. Per il lungo periodo, stiamo cambiando finalmente la pianificazione energetica dell'Italia, con il ritorno del nucleare, ma di nuova generazione, grazie agli small and medium reactor. Stiamo poi conducendo anche una politica razionale sulle energie green. Noi diciamo sì alle infrastrutture e alle opere e abbiamo portato due rigasificatori grazie ai quali oggi il prezzo del gas liquido che importiamo via nave è più basso di quello che importiamo con i gasdotti da sud. Non ce ne accorgiamo perché le bollette sono comunque più care rispetto al passato, ma senza l’intervento dei rigasificatori sarebbero aumentate di un ulteriore 20%".
Il mondo produttivo è in sofferenza per i costi energetici. I lavoratori italiani sono altrettanto in difficoltà perché i salari, nonostante il taglio, restano tra i più penalizzati dal cuneo fiscale. Le ultime evidenze dell’Ocse sono negative, con l’Italia ultima per aumento del reddito netto.
"È vero che negli ultimi 25 anni la forbice tra i salari in Italia e quelli in Paesi diretti competitor si è allargata, ovvero gli altri sono aumentati e i nostri sono rimasti uguali e quindi oggi sentiamo una grande differenza. Però, è esattamente proporzionale all'andamento del Pil. Il nostro non è cresciuto come gli altri e la stessa forbice la si vede nei salari. Invertire l'ordine degli addendi sarebbe un grave errore, nel senso che dire che alzi salari senza far crescere il Pil è semplicemente sbagliato. Noi sui salari comunque siamo intervenuti, detassando: crediamo che il taglio del cuneo fiscale del 7-8% sia molto apprezzato dai redditi medio-bassi. Stiamo ripetendo a gran voce che è tempo di intervenire per la classe media con una sforbiciata dell'Irpef. La classe media è quella che paga le tasse per tutti ed è anche eticamente sbagliato vessarla. Sui contratti poveri, perché non sono d'accordo con l'idea di un salario minimo? In Italia l'80% dei lavoratori che hanno un contratto collettivo e nessuno dei contratti firmati dalla Confindustria prevede un salario più basso del salario minimo proposto. Se noi facciamo l'errore di mettere il salario minimo, tanti potrebbero avere la tentazione di uscire dalla contrattazione collettiva e dare ai lavoratori quel minimo, che è più basso di ciò che prevede la contrattazione collettiva, oltre a tutto il resto dei benefici che la contrattazione collettiva in termini di welfare, assistenza, assicurazioni oggi può prevedere. Capite che è uno slogan buono per colpire un po' l'elettorato, ma razionalmente non funziona? La sfida qual è? È ricomprendere tutti quei lavoratori che sono esposti a contratti pirata e portarli nello strumento di negoziazione che garantisce veramente salari più alti".
Le giravolte sui dazi di Donald Trump stanno danneggiando l'Europa. Ogni volta che annuncia nuove imposte doganali, i mercati crollano e la fiducia di imprese e consumatori viene minata. Pensa che l'Italia dovrebbe rinunciare al ruolo di pontiere, che rivendica la presidente del Consiglio, e fare squadra con gli altri leader dei grandi Paesi europei, meno indulgenti nei confronti dell'amministrazione statunitense?
"Io credo innanzitutto che i dazi di Trump non danneggino l'Europa, ma danneggino gli Stati Uniti, tanto è vero che la reazione ora sta avvenendo in primo luogo negli Stati Uniti. E siccome noi, a differenza della sinistra, non siamo amici degli Stati Uniti a seconda di chiviene eletto presidente, noi lo siamo sempre, crediamo che quella democrazia, la più grande del mondo, abbia gli anticorpi, i pesi e i contrappesi per avere una regolamentazione interna. Già si sta sollevano voce di critiche all'interno di quel Paese, parlo dei soggetti protagonisti dell'economia americana che temono una recessione. Sono gli statunitensi a subire i primi danni. Noi in Europa dobbiamo rimanere lucidi. L'Italia è un Paese che l'anno scorso ha registrato 640 miliardi di Euro di export. Il mercato statunitense vale circa il 10%. È rilevante, ma non siamo dipendenti dalla controparte americana. Quindi bisogna essere lucidi. La politica deve evitare un'escalation dei dazi e l'unica risposta possibile è quella che passa attraverso l'Europa. La risposta deve essere europea e noi, da partito che aderisce al Ppe, siamo convinti di ciò. Tuttavia, l'Italia non deve assolutamente rinunciare al suo ruolo di dialogo privilegiato con gli Stati Uniti, deve continuare ad averlo e questo ruolo non è in antitesi con gli interessi europei".
Non c'è stata nessuna condanna del governo per le dichiarazioni della Casa Bianca sugli studenti stranieri. Ci sono migliaia di giovani italiani che frequentano o vorrebbero frequentare gli atenei Usa e, adesso, vivono una situazione di incertezza, se non di paura.
"Non ho problemi a definire sbagliata la politica della Casa Bianca nei confronti degli studenti stranieri. Ma anche in questo caso, le grandi università americane come Harvard, Yale, quelle del West come Berkeley, Stanford, vivono proprio della capacità di attrazione dei migliori talenti da tutto il mondo. Negare che dei talenti arrivino in queste università significa impoverire il tessuto accademico statunitense. Attenzione, non solo quello accademico, perché poi da quelle università nascono anche start up e imprese che, come abbiamo visto in questi anni, in qualche modo condizionano e spostano una buona fetta dell'economia del mondo. Anche in questo caso, dico che sarà l'opinione pubblica americana la prima a fungere da contrappeso. Onestamente, spero in una marcia indietro della Casa Bianca".
E una condanna definitiva non è arrivata nemmeno nei confronti di Benjamin Netanyahu da parte della maggioranza. Lei è favorevole a imporre un regime sanzionatorio nei confronti del governo israeliano e dei suoi esponenti?
"Io credo che Tajani, nella sua informativa alle Camere, sia stato lineare, coerente, schietto, non ha avuto dubbi nell'invocare a gran voce un'iniziativa di tregua perché i bombardamenti di Israele abbiano a finire nella striscia di Gaza, così come ha ricordato il ruolo concreto dell'Italia nel far entrare diversi camion di viveri con l'iniziativa Food for Gaza. Così come oggi il governo italiano non risparmia critiche al governo israeliano, ma tutt'altra questione è isolare Israele, strizzare l'occhiolino ad atteggiamenti antisemiti: questo è sbagliatissimo. Oggi la comunità ebraica di Roma, così come quella di Parigi, di Bruxelles, si sente più in pericolo a vivere in alcune città europee che in Israele, nonostante quello che Israele sta passando. È inaccettabile, pensate a quello che sta vivendo Liliana Segre. Noi siamo amici di Israele, sempre, e ricordiamoci che il governo di Netanyahu può essere criticato perché quella di Israele è una democrazia. A Tel Aviv, a Gerusalemme gli israeliani vanno in piazza contro Netanyahu. Negli altri Paesi dell'area, non sono ammesse critiche. Se qualcuno nella Striscia di Gaza, negli ultimi 15 anni, fosse andato in piazza contro Hamas, sarebbe stato impiccato. Così come non esistono diritti civili, così come la posizione della donna è ancora medievale all'interno della Striscia di Gaza. La sinistra si dimentica che a opprimere e uccidere il popolo palestinese è Hamas, forza terroristica. E comunque la sinistra, invece di puntare il dito accusando il governo di non fare abbastanza, potrebbe fare qualche proposta. Nel dibattito che c'è stato alle Camere non si è sentita neanche una proposta".
Per quanto riguarda la politica interna, i lavori del Parlamento si sono concentrati sull'approvazione del decreto Sicurezza. Innanzitutto, perché la maggioranza ha deciso di procedere per decreto e non con il normale iter legislativo? Era un provvedimento davvero urgente? Tra le misure del decreto, ce ne sono alcune che la convincono di meno?
"Rispetto al decreto Sicurezza, è stato fatto un ottimo lavoro. La sinistra ha fatto un'opposizione strenua, abbiamo fatto 20 ore di dibattito alla Camera, quindi decreto o non decreto il dibattito è stato approfondito. Poi è stato approvato, evviva! È uno dei decreti che più mi convince tra quelli che abbiamo fatto da quando siamo al governo, perché dà strumenti concreti alle forze dell'ordine per intervenire su quei reati che sono molto sentiti dal cittadino e su cui non si riusciva a incidere. Parlo delle case abusivamente occupate, parlo della microcriminalità, della possibilità quindi di assicurare con maggior certezza le pene a chi si rende colpevole di questi reati. Parlo anche di norme per l'antiterrorismo, dove oggi si riesce a intervenire con maggiore efficacia. Di nuovo, sulle case abusive, la sinistra manda in Parlamento ed erge ad esempio Ilaria Salis, che occupa le case di professione e ne ha fatto una cifra distintiva della propria carriera politica. Noi facciamo norme più severe per restituire il prima possibile le case che vengono sottratte ai legittimi proprietari, ancora peggio se sono anziani, appartenenti a categorie fragili. Onestamente, lo ritengo veramente un provvedimento importante, prezioso: non ci sono norme al suo interno che non condivido".
Cosa risponde alla filiera che ruota intorno alla canapa, dagli agricoltori a chi lavora i prodotti, allarmata dall'impatto di questo decreto? Anche la Coldiretti ha espresso preoccupazione.
"Rispetto alla filiera della canapa, non possiamo considerare una filiera come un'altra, ovvero che un coltivatore di mais è al pari di chi lavora con la canapa. Se è vero ci sono studi scientifici che dicono che in certe quantità non ha un effetto stupefacente, è altrettanto vero che troppe volte, questo lo dicono gli operatori, la canapa è la porta d'ingresso per poi sperimentare altre droghe. Quindi su questo tema non si scherza, non si possono dare messaggi fuorvianti. Detto ciò, io ho anche incontrato alcuni operatori del settore, raccolgo i loro inviti a una riflessione, una differenziazione. Ci lavoreremo, però in termini generali questo è un governo che dice no all'utilizzo delle droghe, non ci sono droghe leggero pesanti, le droghe sono tutte sbagliate".