Politica
12 luglio, 2025Il segretario generale Rocco Maruotti: "Il ministro, in maniera un po' goffa, vede in questo accertamento della verità a cui il tribunale dei ministri è obbligato un tentativo della magistratura di mettere il bastone tra le ruote del governo" sulla separazione delle carriere
L’Associazione nazionale magistrati rimanda al mittente – cioè al ministro della Giustizia, Carlo Nordio – le accuse secondo cui le polemiche attorno alla gestione del caso Almasri da parte del governo siano costruite ad arte per impedire la riforma della Giustizia. "Non accetteremo il tentativo, già operato goffamente dal ministro Nordio, di sostenere che l'accertamento della verità sulla vicenda Almasri è un'operazione per contrastare la riforma costituzionale”, ha affermato il segretario dell’Anm, Rocco Maruotti, durante il Comitato direttivo centrale: “È una accusa falsa e offensiva”.
"Quello che ci preoccupa – ha aggiunto Maruotti a margine della riunione – non è quello che sarà l'esito. Credo sia abbastanza cristallizzato il fatto che vi è una responsabilità politica, che vuol dire semplicemente che il governo si è assunto la responsabilità di una decisione. Ci auguriamo che non ne conseguano anche responsabilità penali, che sono quelle eventuali sulle quali sta facendo i suoi accertamenti il tribunale dei ministri. Quello che invece ci preoccupa – ha sottolineato il segretario dell'Anm – sono le dichiarazioni del ministro Nordio dell'altro ieri in cui, appunto, tentava in maniera un po' goffa di vedere in questo accertamento della verità a cui il tribunale dei ministri è obbligato perché è investito dalla questione, un tentativo della magistratura nel suo complesso di mettere il bastone tra le ruote del governo per contrastare la riforma costituzionale della magistratura” che prevede tra le altre cose la separazione delle carriere.
Negli scorsi giorni sono emerse, contenute negli atti di chiusura indagini da parte del tribunale dei ministri che indaga su Nordio, Meloni, Piantedosi e Mantovano, delle mail e comunicazioni interne al ministero della Giustizia e, in particolare, della capo gabinetto del Guardasigilli, Giusi Bartolozzi, che proverebbero come la notizia dell’arresto del torturatore libico fosse arrivata immediatamente, già dal primo pomeriggio di domenica 19 gennaio, e che nessuno fece niente per riparare il vizio procedurale a cui Nordio e il governo si sono appellati fin da subito per giustificare – e giustificarsi – per la mancata esecuzione del mandato di cattura da parte della Corte penale internazionale. L’indomani della pubblicazione di questi nuovi elementi da parte di Repubblica e Corriere della Sera, Nordio si era difeso sostenendo che “gli atti che abbiamo smentiscono le illazioni diffuse dai giornali” e che “riferiremo in Parlamento”. Per il ministro, “sul caso” sono state dette “bufale solenni per fermare la riforma della Giustizia”.
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