Politica
23 agosto, 2025Dopo lo sfratto del Leoncavallo di Milano, al Meeting di Rimini il ministro della Cultura dice la sua sulla polemica riaccesa sull'occupazione da parte del movimento neofascista del palazzo di via Napoleone III a Roma
“La posizione del governo è quella più ragionevole: non ci devono essere spazi di illegalità e incubatori di violenza”. Dal palco del Meeting di Rimini, il ministro della Cultura Alessandro Giuli ripete sostanzialmente le stesse cose dette da altri membri dell’esecutivo in riferimento allo sgombero dello storico centro sociale Leoncavallo di Milano. “È un ragionamento che vale per tutti, naturalmente — ha continuato Giuli —. Se la domanda specifica è ‘bisogna sgomberare CasaPound?’, la risposta specifica è ‘nella misura in cui CasaPound si allinea a dei criteri di legalità’, no”.
Un’uscita che finisce però per prestare il fianco a chi accusa il governo di avere due pesi e due misure, di chiudere un occhio quando le occupazioni — come quella del palazzo di via Napoleone III a Roma, in zona Esquilino, occupato da CasaPound da oltre vent’anni — non sono "rosse".
Eppure il 27 giugno del 2023 è arrivata una sentenza del giudice monocratico di Roma che, nel comminare una decina di condanne, ha riconosciuto l’occupazione abusiva del palazzo. L’immobile è stato anche inserito nella lista degli sgomberi quando prefetto della capitale era proprio l’attuale ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi. Lo stesso titolare del Viminale che, in occasione dello sgombero del Leoncavallo, ha rivendicato la linea della “tolleranza zero verso le occupazioni abusive” perseguita dal governo.
Ma per ora, per CasaPound tutto tace. I “fascisti del terzo millennio” sono ancora lì, indisturbati, a cinque minuti a piedi dalla stazione Termini, nell’elegante immobile di proprietà dell’Agenzia del demanio.
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