Politica
17 settembre, 2025Il primo segnale tangibile è arrivato dal dossier delle riforme economiche di settembre. Sotto la superficie, c’è una partita per il comando della coalizione di centrodestra
È ormai una guerra di nervi – e più silenziosa che pubblica – quella che sta prendendo forma tra Giorgia Meloni e Matteo Salvini. Il primo segnale tangibile è arrivato dal dossier delle riforme economiche di settembre, dove si agitano temi delicati come la pace fiscale, i tagli alle tasse per il ceto medio, ma anche la tenuta delle pensioni. In questo contesto, la Lega con Salvini marca sempre più territori strategici: la proposta di sterilizzare l’aumento dell’età pensionabile previsto per il 2027 e il rilancio dell’aliquota Irpef al 33 % per redditi fino a 60 mila euro rappresentano tentativi chiari di intercettare lo scontento sociale, soprattutto laddove Meloni appare più cauta per motivi di bilancio e compatibilità europea.
I segnali, però, non si limitano ai temi tecnici: emergono anche prese di distanza velate, soprattutto nella comunicazione parlamentare. Fonti interne descrivono ministri leghisti che esitano di meno prima di attaccare definizioni già sancite da Palazzo Chigi, come il "moderato rigore" o l’atlantismo raffinato, mentre la Lega ripesca parole d’ordine più dirette: “difendiamo l’Italia, proteggiamo i nostri cittadini”.
Le elezioni regionali si inseriscono in questo nervo scoperto. In Veneto, Salvini spinge il nome di Alberto Stefani, mentre Meloni sembra tentare mosse di "generosità politica", come suggerisce Luca De Carlo. Un segnale per dire: “Posso cedere, ma a chi mostra forza politica” .
Ma il confronto è anche personale e strategico. Fonti governative raccontano di una Meloni che, in riunioni ristrette, esprime preoccupazione per una Lega che sembra tornata a contare più di quanto fosse nelle previsioni iniziali del 2025. Salvini, d’altronde, non nasconde l’ambizione: tornare a essere il secondo partito del centrodestra, pronto anche a una campagna autunnale aggressiva se – e solo se – si prospettano elezioni anticipate. Un bluff, un progetto oppure un bluff ben raccontato? Il fatto è che in Lombardia e Veneto se ne parla apertamente ormai.
Ecco il retroscena: se davvero il governo dovesse cadere – per manovre impopolari o una crisi economica – Salvini vuole essere già in rampa di lancio; un nome di alternativa credibile, con una base solida dietro di lui. In questo gioco, Meloni osserva, contrattacca sottovoce, ma soprattutto studia ogni passo, tentando di mantenere l’iniziativa e non subire il protagonismo leghista. In sintesi, il centrodestra è in fibrillazione. Non per azioni spettacolari o rovesciamenti visibili. Ma sotto la superficie, c’è una partita per il comando della coalizione, una di quelle guerre fatte di sguardi, parole, dossier contabili e sondaggi rifatti al mattino e alla sera.
LEGGI ANCHE
L'E COMMUNITY
Entra nella nostra community Whatsapp
L'edicola
Nuovo ordine - Cosa c'è nel nuovo numero de L'Espresso
Il settimanale, da venerdì 12 settembre, è disponibile in edicola e in app