L’aria che respiriamo può aumentare il rischio di Parkinson

Non è solo il cuore a soffrire per lo smog: anche il cervello, in silenzio, può pagare un prezzo altissimo. Un nuovo studio italiano lancia un allarme concreto: le polveri sottili, in particolare il particolato PM10, potrebbero contribuire all’aumento del rischio di sviluppare il Parkinson. Un dato che apre scenari inediti sulla prevenzione delle malattie neurodegenerative

Respirare aria inquinata potrebbe aumentare le probabilità di sviluppare il morbo di Parkinson. È quanto emerge dallo studio “Prominent role of PM10 in the link between air pollution and incident Parkinson’s Disease”, pubblicato sulla rivista npj Parkinson’s Disease e coordinato da un team multidisciplinare guidato dall’Irccs Neuromed di Pozzilli, con la collaborazione di Università Lum, Università dell’Insubria, Sapienza Università di Roma e altri enti italiani. 

 

Utilizzando i dati del Progetto Moli-sani - che coinvolge circa 25.000 cittadini residenti in Molise per conoscere i fattori ambientali e genetici alla base delle malattie cardiovascolari e dei tumori - i ricercatori hanno seguito queste persone per quasi vent’anni, rivelando un’associazione tra i livelli di particolato PM10 nell’aria e il rischio di sviluppare il Parkinson. Le particelle PM10 — di dimensioni inferiori a 10 µm — sono presenti nell’inquinamento atmosferico urbano e derivano in larga parte da traffico veicolare, combustione industriale e attività domestiche. Possono penetrare profondamente nelle vie respiratorie e raggiungere il sistema nervoso attraverso il flusso sanguigno. È proprio questo meccanismo che, secondo i dati emersi dallo studio, potrebbe contribuire all’insorgenza di processi neurodegenerativi. “Abbiamo osservato – spiega Alessandro Gialluisi, primo autore della ricerca – che all’aumentare dell’esposizione alle PM10 corrispondeva un incremento significativo del rischio di Parkinson. L’effetto è risultato indipendente da altri fattori di rischio noti, come età, sesso o comorbidità pregresse”. Un altro dato interessante riguarda la lipoproteina A, una molecola che sembra mediare parzialmente l’effetto delle PM10 sulla malattia attraverso un'interazione con l’alfa-sinucleina, proteina chiave nell’insorgenza e nel meccanismo d’azione del Parkinson. 

La ricerca ambientale e l’urgenza della prevenzione 

Lo studio si inserisce nell’ambito del progetto Pnrr Age-It, che indaga l’impatto dell’inquinamento e del cambiamento climatico sulle malattie dell’invecchiamento. Per il professor Alfredo Berardelli, neurologo e co-autore dello studio, questi risultati “rafforzano la necessità di affiancare alla ricerca clinica anche strategie ambientali e di prevenzione primaria”. Secondo Licia Iacoviello, responsabile dell’unità di Epidemiologia e Prevenzione del Neuromed, “l’inquinamento atmosferico rappresenta una delle principali minacce per la salute pubblica. Questo studio dimostra che la protezione della salute neurologica passa anche dalla qualità dell’aria che respiriamo”. 

Parkinson e Alzheimer: due facce dell’emergenza neurologica globale 

La malattia di Parkinson non è l’unico spettro neurodegenerativo che incombe sull’invecchiamento della popolazione. Il morbo di Alzheimer rappresenta oggi una delle principali cause di disabilità e dipendenza tra gli anziani nel mondo. Secondo i dati dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), nel mondo, si stimano oltre 55 milioni di persone affette da demenza, e ogni anno vengono diagnosticati circa 10 milioni di nuovi casi. In Europa, se ne contano circa 10 milioni, con numeri in costante aumento a causa dell’invecchiamento demografico, mentre in Italia, secondo i dati dell’Istituto superiore di sanità, le persone affette da demenza sono circa 1,1 milioni, di cui oltre 600.000 con Alzheimer

 

Numeri che delineano una vera e propria emergenza sanitaria e sociale, destinata ad aggravarsi nei prossimi decenni se non si interverrà su più fronti: dalla prevenzione ambientale alla ricerca farmacologica, passando per l’assistenza e la diagnosi precoce. Lo studio italiano getta così nuova luce su un’area ancora poco esplorata: il legame tra inquinamento atmosferico e malattie neurodegenerative. Se confermati da ulteriori ricerche, questi risultati potrebbero rappresentare un punto di svolta nelle strategie di salute pubblica. Perché tutelare il cervello potrebbe iniziare proprio dal cielo sopra le nostre città.

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