Confermato l'obiettivo di ridurre del 90% le emissioni di gas serra rispetto ai livelli del 1990. La misura va incontro alle resistenze di alcuni Stati membri e del Ppe, che considerano gli obiettivi green della Ue troppo ambiziosi

L'Unione europea pronta a presentare una proposta legislativa flessibile sul target climatico al 2040

L'Unione europea fa un altro passo indietro sugli obiettivi climatici previsti dal Green Deal. La Commissione, dopo diversi rinvii, si prepara a presentare a giugno la proposta legislativa sul target climatico al 2040. L'obiettivo di ridurre del 90% le emissioni di gas serra rispetto ai livelli del 1990 resta confermato, in linea con la raccomandazione del Consiglio scientifico dell'Ue, ma Bruxelles metterà sul tavolo l'opzione di offrire ai governi una serie di flessibilità: serve rendere accettabile, politicamente, un obiettivo sempre più impopolare.

 

Al vaglio, l'inclusione di meccanismi di compensazione internazionale del carbonio - ispirati all'articolo 6 dell'accordo di Parigi - che permettono ai Paesi di collaborare volontariamente per raggiungere i propri obiettivi climatici. Tra le opzioni, resta anche il riconoscimento delle rimozioni naturali di CO2 ottenute grazie all'assorbimento da parte di suolo, agricoltura e foreste. L'approccio è lo stesso di quello di quattro anni fa, nel 2021, per il target del 55% di riduzione delle emissioni entro il 2030, che grazie alle flessibilità previste dall'esecutivo comunitario per i governi nazionali si traduce in una riduzione effettiva del 52,8%. Si tratta di misure politiche, resesi necessarie di fronte all'insistenza di alcuni Stati membri - ma anche del Partito popolare europeo (Ppe), che detiene la maggioranza dei seggi all'Eurocamera e a cui appartiene la stessa presidente della Commissione, Ursula von der Leyen -, contrari agli obiettivi climatici fissati dal Green Deal ideato dall'ex commissario Frans Timmermans, perché giudicati troppo ambiziosi.

 

Le pressioni avevano spinto il commissario per il Clima, Wopke Hoekstra, a rinviare la proposta legislativa - inizialmente prevista per il primo trimestre dell'anno — e ad avviare un ciclo di consultazioni con i governi. L'Italia è tra i Paesi che ha chiesto a Bruxelles di valutare un target all'80 o all'85%, considerandolo "in linea" con l'obiettivo di neutralità climatica entro metà secolo.

 

Venerdì, 23 maggio, il Parlamento europeo aveva approvato anche un'altra proposta che va nella stessa direzione: semplificare la cosiddetta Carbon tax, ovvero il Meccanismo di aggiustamento del carbonio alle frontiere (Cbam), esentando dal pagamento delle tasse ambientali quelle aziende che importano meno di 50 tonnellate di prodotto all’anno. Il via libera al rallentamento dell’adozione di uno dei provvedimenti cardine del Green Deal è stato deciso con una netta maggioranza (564 voti a favore e 20 contrari) durante una mini-plenaria. L’intenzione della misura - così come di tutti i passi indietro fatti da Bruxelles sulle tematiche ambientali - è di riuscire a coniugare una progressiva decarbonizzazione e l'obiettivo di rendere l'Europa il primo continente a zero impatto climatico entro il 2050 con le esigenze di competitività, sempre più in difficoltà in tutto il continente: la produzione industriale in Italia è al 26esimo mese di calo consecutivo. 

 

A febbraio l’esecutivo europeo aveva richiesto la posticipazione di un anno – dal 2026 al 2027 – dell’ingresso a pieno regime della Carbon tax (che obbliga le aziende europee che importano più di 50 tonnellate di prodotto all’anno ad acquistare "certificati di Co2", direttamente collegati ai Paesi da cui acquistano i prodotti), oltre all'introduzione dell'esenzione. Due deroghe al Green Deal, quindi, che Bruxelles ritiene comunque sufficienti a consentire di raggiungere l’obiettivo di coprire il 99% delle emissioni totali di anidride carbonica che derivano dall’import di ferro, cemento, fertilizzati, acciaio e alluminio.

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