Sostenibilità
4 settembre, 2025Una filiera circolare spesso invisibile, ma già pienamente operativa, trasforma oli esausti e sottoprodotti animali in biodiesel avanzato, glicerina e oli tecnici destinati a diversi settori produttivi, industriali e strategici
Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma. La legge di Lavoisier non è solo un fondamento della chimica. È una lente con cui leggere il futuro dell’energia. Perché ciò che consideriamo rifiuto non sparisce. Cambia stato. E può tornare utile. Nel cuore di questa trasformazione non c’è l’estrazione, ma la rigenerazione. Non si parte da nuove risorse, ma da quelle che già circolano. È un’energia che non nasce dal sottosuolo, ma dal metabolismo stesso del sistema: dalle cucine, dalle aziende agricole, dalle filiere alimentari.
Una seconda vita per materiali che la filiera lineare aveva già scartato. Mentre il dibattito sulla transizione si affida a soluzioni ancora da costruire, esiste già un sistema che prende ciò che resta e lo rimette in circolo. Lo chiamano bioeconomia, decarbonizzazione diffusa, infrastruttura circolare. Ma prima di tutto è una rivoluzione culturale. Guardare lo scarto come origine, non come fine. Non serve cercare lontano. I biocarburanti più intelligenti non arrivano da coltivazioni dedicate, ma da ciò che è già qui. Sottoprodotti agricoli, residui zootecnici, scarti dell’industria alimentare. Materiali spesso trattati come un problema, che diventano invece la soluzione.
Il principio è semplice. Produrre energia dove l’energia si spreca. Un ecosistema diffuso, spesso invisibile, dove raccolta, trattamento e produzione convivono a pochi chilometri di distanza. Nessuna filiera transcontinentale. Nessuna logistica ipertrofica. Solo circuiti brevi, tracciabili, rigenerativi. A differenza dei combustibili fossili - estratti, trasportati, raffinati, bruciati - qui il modello è circolare fin dall’origine. E proprio per questo non richiede rivoluzioni, ma riconoscimento: norme chiare, incentivi mirati, infrastrutture compatibili con l’esistente. In Italia, ci sono realtà industriali che applicano ogni giorno il principio di trasformazione circolare: raccolgono, selezionano, purificano, raffinano.
Non è innovazione di frontiera, ma manifattura discreta, che parte dai rifiuti e arriva a prodotti chimici e carburanti rinnovabili. Un esempio è Ilsap, azienda che lavora oli esausti e sottoprodotti animali per produrre biodiesel, glicerina e oli raffinati. Nessun sensazionalismo. Solo una bioeconomia che esiste, funziona, e non ha bisogno di essere reinventata.
Ogni giorno, nello stabilimento di Borgo San Michele, tra l’Agro Pontino e il litorale laziale, tonnellate di sottoprodotti di origine animale entrano come rifiuto ed escono come risorsa. Le biomasse liquide ottenute vengono inviate alla bioraffineria di Lamezia Terme, dove prende forma un processo articolato e tecnologicamente avanzato. La materia prima viene prima raffinata e deacidificata, quindi sottoposta a transesterificazione: una reazione che trasforma gli acidi grassi in biodiesel di seconda generazione, impiegabile in purezza o in miscela su veicoli navali, mezzi pesanti, autobus e flotte aziendali.
Il sottoprodotto naturale è la glicerina, successivamente raffinata e destinata all’industria farmaceutica, cosmetica e chimica. In parallelo, una parte del materiale viene sottoposta a raffinazione fisica per ottenere oli tecnici destinati a diversi settori produttivi. Tutto il ciclo avviene in un sistema continuo, automatizzato, operativo sette giorni su sette, supervisionato da un laboratorio interno che garantisce qualità e tracciabilità in ogni fase.
“Lavoriamo esclusivamente con materie seconde. Oli vegetali esausti raccolti dalla ristorazione, grassi animali provenienti dalla macellazione, sottoprodotti dell’industria alimentare non più destinabili al consumo umano”, spiega Roberto Martena, Direttore Generale di Ilsap. “Ogni flusso è tracciato e sottoposto ad analisi qualitative. I materiali idonei vengono trasformati in biodiesel avanzato, compatibile con i motori diesel esistenti e conforme alla normativa europea RED II, già impiegato da flotte aziendali, trasporto pubblico locale e mezzi agricoli. La glicerina grezza, che si separa naturalmente nel processo di transesterificazione, viene purificata e utilizzata nella produzione di detergenti, cosmetici, prodotti farmaceutici e mangimi. Gli oli tecnici, ottenuti da processi di raffinazione fisica, trovano invece impiego in ambito industriale, ad esempio come distaccanti per stampi o lubrificanti biodegradabili”.
È una filiera che parte dai cassonetti della raccolta differenziata e arriva fino alle infrastrutture logistiche o ai prodotti per la cura del corpo. Una bioeconomia reale, replicabile, che non sottrae nulla all’agricoltura né promette rivoluzioni. Semplicemente funziona.
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