Televisione
10 novembre, 2025In "Allegro ma non troppo" (Rai Tre) non mancano spunti interessanti. Peccato il protagonismo eccessivo del suo conduttore
Sono tornati. Dopo un lungo anno di assenza, Luca Barbareschi e il suo ego hanno ricominciato ad allietare il pubblico con un programma nuovo di zecca, che ha debuttato il giorno dei morti ma pazienza. In “Allegro ma non troppo” (Rai Tre) i due si incontrano con una vocazione che formalmente dovrebbe essere quella di raccontare il nostro tempo «con leggerezza, profondità e ironia» ma quando si ritrovano in onda va a finire che passano più che altro il tempo a confrontare le loro opinioni, farsi i complimenti reciproci e dimostrare con vivacità come e quanto siano scomodi ma al tempo stesso colti e persino affascinanti.
Certo uno studio raccolto dalle luci notturne forse risulta troppo angusto per riuscire ad accoglierli entrambi, ma loro sono fatti così, indivisibili, mano nella mano, tipo En e Xanax ma con meno melodia.
Lo scorso anno si erano mostrati nelle vesti più diverse, dai valzer di “Ballando” agli amori infranti del fragoroso insuccesso di “Se mi lasci non vale”. Ma era stato il protagonismo di “In barba a tutto” che Barbareschi e il suo ego volevano riprendere per riproporlo, appunto riveduto e scorretto, all’amato pubblico.
Nella forma del late show all’americana e nella sostanza dell’arringa all’italiana, il programma si apre con un simpatico monologo col dito puntato alla camera mentre il pubblico si lascia andare ad applausi generosi.
D’altronde «avevo chiesto proprio di stare a Napoli perché i napoletani sono simpatici e caldi» e sulla simpatia e il calore si cavalca che è una bellezza, sempre sul filo sottile del doppio senso, dal porno al filler che alla fine cambia poco.
Poi è la volta degli ospiti che sarebbero chiamati per sviscerare il tema di puntata. Ma laddove Barbareschi prova a condurre delle interviste, il suo ego smette di ascoltare le risposte, creando così un effetto straniante dove le parole restano là, in sospeso, accavallate le une alle altre in una buffa giostra di autoesaltazione.
Sino all’apice, a dire il vero irresistibile, dell’inversione suprema, ovvero l’ospite ormai esausto che lascia appuntate su un cartoncino un paio di domande per il conduttore, un’occasione in più, di cui si sentiva il bisogno, per permettere a Luca Giorgio Barbareschi da Montevideo di parlare di sé. «Io sono il peggior nemico di me stesso, io sono un uomo libero, io mi voglio divertire, io sto per compiere 70 anni, io ho una valanga di figli» e poi io, io e ancora io.
Ed è un peccato, perché tra una citazione di sé e l’altra, gli spunti interessanti non mancano e il vezzo della profondità neppure. Basterebbe farsi da parte giusto un filo. Insomma parafrasando il titolo, Barbareschi sì, ma non troppo.
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