Televisione
29 dicembre, 2025Edoardo Sylos Labini conduce Radix, il perdibile viaggio identitario tra eroi e patrioti. Con un pensiero a D’Annunzio
Dedicato ai soliti poveri comunisti, torna su Rai Tre, e non è una battuta, la cintura nera di identità Edoardo Sylos Labini. Attore da palcoscenico, opinionista di recupero per Rete 4, direttore di CulturaIdentità, un debole per il Vate che riesce a citare anche quando apre una porta, con piglio patriottico conduce “Radix”, un viaggio, a suo dire, teso alla scoperta della culla in cui è nato l’italiano vero. E se Toto Cutugno c’entra poco, tutto il resto più o meno sì. Il programma rientra in quella particolare forma nervosa di cui è vittima la televisione, che rende apparentemente necessario il frugare nei meandri della Penisola. I borghi, i ristoranti, possibilmente quattro a quattro, gli hotel, i viaggi in camper, le contrade, i paesi, insomma l’importante è andare alla ricerca dei luoghi italici a prescindere, sbattendo in faccia telecamere ai passanti di ogni dialetto. E in questo filone, in un certo senso, si inserisce anche “Radix”, titolo roboante da ripetere solo con voce stentorea e punto esclamativo, alla maniera dell’amarissimo che fa benissimo.
Presentata come ricerca identitaria, con pianoforte in studio, recitazione con mano sulla fronte e giusto un filo di enfasi, la trasmissione si apre con un perdibile monologo del nostro Sylos Labini, il quale interroga retoricamente lo spettatore. Da dove veniamo? Quali sono le vere origini della nostra Italia? Dove risiedono davvero le radici patrie, da cui tutto è cominciato? E nella prima puntata la riposta è «Pomezia».
Da qui parte un reportage serratissimo senza alcuna ironia, per scoprire i meandri nascosti della città nata dalla bonifica fascista dell'Agro Pontino e che dovrebbe costituire il nocciolo della nostra cultura. Interviste, piatti tipici, vip del Villaggio Tognazzi, garibaldini sparsi e altre amenità con retorica identitaria annessa anche se persino lo spettatore più motivato un po’ arranca nel collegare la città di fondazione voluta da Benito Mussolini alle origini originali dello spirito italico. E più che altro la mente corre rapida allo Stanis di “Boris” («Non sento l’Africa, guardo il fiume Ngube, e vedo Pomezia!»). Tra gli altri luoghi delle eterne puntate in cui Sylos Labini accompagna il suo fedele pubblico, che ne ha già potuto godere su RaiPlay, c’è Casale Monferrato e le tracce del pilota che guidò l’aereo con D’Annunzio, Chioggia sulle orme della Duse prima dell’incontro con D’Annunzio e L’Aquila, in cui D’Annunzio non ha lasciato segni evidenti ma lì Bruno Vespa ha dato il suo primo bacio.
Alla fine delle dieci puntate, viene un desiderio irrefrenabile di avvolgersi nel tricolore e cantare in coro marciando qua e là. Ma per fortuna poi passa.
DA GUARDARE
“Il sogno bianco” è il documentario (su Sky Arte) del dietro le quinte dal Teatro alla Scala del “Lago dei cigni”. Il balletto dei balletti, scrutato dalle telecamere, per regalare candore ed erotismo, Odette/Odile, il principe Siegfried, tante piume e un pizzico di Freud che non guasta mai, soprattutto a fine anno.
MA ANCHE NO
“Natale con uno sconosciuto” (Netflix) era stata una piccola serie perfetta: due stagioni tra la neve della Norvegia, gli occhi spalancati di Joanna sull’amore e gradevolezze come palline dell’albero. Ma dopo cinque anni sbucano malauguratamente nuovi episodi. Ed è subito effetto polpettone di Capodanno.
LEGGI ANCHE
L'E COMMUNITY
Entra nella nostra community Whatsapp
L'edicola
2025, quel che resta dei giorni - Cosa c'è nel nuovo numero de L'Espresso
II settimanale, da sabato 27, è disponibile in edicola e in app



