Televisione
18 agosto, 2025La seconda stagione della serie fenomeno firmata Tim Burton perde leggerezza ed effetto sorpresa. E anziché andare oltre rimane indietro. Come fosse martedì.
Mercoledì è tornata e tutto sarà come prima. La creatura di Tim Burton, dopo una fulminante stagione d’esordio, si riaffaccia sulla piattaforma Netflix forte di un successo mai toccato prima (è la serie in lingua inglese più vista della piattaforma) ma si impegna a far dimenticare tutti i motivi per cui era stata un bel fulmine nel cielo cupo e si concentra sul far crescere i semi gettati, come una pianta carnivora.
D’altronde lo dichiara apertamente la stessa protagonista, fredda come una tomba, incorniciata dalle trecce portate da Jenna Ortega: «Io non mi evolvo, mi rinchiudo in un bozzolo». E così è, se ci pare, avendo già vissuto il gotico, i freak, le sirene, i lupi mannari e i gorgoni, ma soprattutto l’insofferenza della protagonista al punto che i tormentoni del tipo «mi sono abbandonata alle mie passioni preferite, tormento e umiliazione» fanno un po’ l’effetto posticcio dei messaggi dei cioccolatini.
In sintesi, la serie la butta sul thriller spinto, perdendo quella superficialità sommessa che l’aveva resa leggera come un cartone animato ben fatto.
Mercoledì si trasforma in una sensitiva ossessionata dai serial killer, che piange sangue nero, in un contesto che non la lascia più fuori posto. Anzi. Ormai è una superstar, lei ragazzina scontrosa e mai capita, che non possiede un cellulare e balla come un trend di TikTok, torna alla Nevermore Academy e quasi fosse un tocco di bacchetta magica dell’Harry Potter da cui si pesca sempre più a piene mani, fa scomparire le attese sorprese come un incantesimo. E novella eroina riluttante, che tiene a bada fan e stalker e agita le folle dal palco senza indurre nella tentazione della fama, sorvola sull’arduo tema dei mostri reietti più umani dei mostri normali.
Nella prima stagione c’era il sangue di Carrie al ballo della scuola, in questa seconda appaiono i corvi degli “Uccelli” di Hitchcock, nonna Hester cita la Moglie di Frankenstein e si pesca a piene mani nel mondo altissimo dell’horror con la consueta sapienza che si è ben digerita già tre anni fa.
Le chicche non mancano, il bello di Burton neppure, compreso il gioiellino dell’animazione in stop motion, ma questi primi quattro episodi, in attesa del gran finale di settembre, lasciano quella stessa sensazione che si prova con chi per farla facile guarda il film anziché leggere il libro. Insomma, una visione gradita ma come un paiolo riassuntivo, in cui si mescola l’intera famiglia Addams, un po’ di Sherlock Holmes, la psicologia facile dell’eterno scontro madri figlie e il piacere mai sopito del sangue altrui. Si poteva andare oltre, si è un po’ rimasti indietro. Come fosse martedì.
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