Televisione
25 agosto, 2025Un secolo fa nasceva il regista di genio. Che ha regalato al Paese una televisione d’inchiesta nascosta dietro le candid camera. Col sorriso dell'intelligenza
I maschi sono persone serie, mica come le donne. E per dimostrarlo Nanni Loy nasconde le sue telecamere dietro lo specchio di una nota sartoria romana per vedere gli uomini che provando gli abiti controllano il doppio mento, danno una sbirciatina alla riga con la brillantina e verificano con cura di non avere nulla tra i denti. Poi, con cattiveria suprema, piazza una bilancia truccata vicino al camerino, che segna cinque chili in più.
Era l’Italia del 1964, decisamente in bianco e nero nei modi e nell’aspetto e Nanni Loy aveva deciso di regalare alla tv democristiana una lezione mai raccolta, quella capace di utilizzare l’ironia senza per questo bandire il pensiero.
“Specchio segreto” era l’esperimento importato dalle Americhe della candid camera, in tempi in cui i microfoni pesavano due chili e le telecamere erano grandi come bambini. Loy debuttò sul primo (e unico) canale Rai con i siparietti di “Specchio segreto”, in cui, spiegava, utilizzava delle diavolerie modernissime per riprendere la gente comune e ridere di loro, con loro.
C’erano i clienti che si provavano un cappello ai grandi magazzini e un attore comprava proprio quello che avevano appoggiato sul bancone, vicino alla borsa coi manici di tartaruga.
C’era Loy davanti a una fabbrica milanese con un cartello: “Ho smesso di lavorare perché dopo 26 anni mi sono stufato: datemi dieci lire”. Poi la zuppetta nel cappuccino altrui, la ragazza afroamericana in vendita a Porta Portese, un immigrato che chiedeva un invito al pranzo di Natale e così via, tra cinismo e abbraccio collettivo. E all’improvviso scompariva la retorica e la politica si trasformava in un oggetto tangibile che tutti potevano guardare dal divano di casa.
Anni dopo lo specchio segreto entrò nello scompartimento di un treno per “Viaggio in seconda classe” dove lo scherzo si trasformava in dibattito su temi che a sentirli oggi viene solo da pensare che accidenti potrebbero scatenare. Così l’operaio Pier Francesco Poggi (grandissimo) racconta di essersi convertito all’Islam per poter lavorare alla Fiat, dopo che Gheddafi aveva acquisito le quote della fabbrica. Ed essere musulmano gli garantiva il posto. E mentre comincia a pregare verso la Mecca davanti agli sguardi perplessi dei viaggiatori viene da pensare quanto gli venisse facile a Nanni Loy il racconto popolare di un Paese a cui di apparire importava ben poco.
Oggi a cent’anni dalla nascita e a trenta dalla morte riguardando questi gioielli su Rai Play, viene da chiedersi che fine abbia fatto quel desiderio di comprendere un Paese che oggi appare sconosciuto. E che a volte basterebbe guardare allo specchio, anche se nascosto.
DA GUARDARE
Bisognerà attendere ottobre per vedere su Sky “It: Welcome to Derry”. Ovvero per tutti coloro che si sono terrorizzati guardando il clown ideato dal quel mostro di genio di Stephen King, ecco che arriva il prequel targato Hbo. Che poi, farà anche paura ma rispetto a quel che si vede in tv tanto vale tremare per qualcosa di buono.
MA ANCHE NO
Alla Rai questa deriva del richiamo sta piacendo parecchio. Ora se l’è presa coi post: «La pubblicazione sui profili social personali è vincolata al Codice Etico e qualsiasi violazione sarà valutata sotto i profili disciplinari». Che poi, se servisse di monito anche per certi politici non sarebbe neanche una brutta cosa.
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