Televisione
6 agosto, 2025Dal rassicurante colonnello alle meteorine, dal sensazionalismo onnipresente ai negazionisti nei talk. Tutte le sfumature delle previsioni del tempo formato piccolo schermo
Quel che emerge da studi e classifiche è che gli italiani sono quegli strani telespettatori che amano rinchiudersi in casa per guardare in tv che tempo subirebbero se decidessero di uscire. Una passione, anzi dedizione, anzi quasi forma nervosa, che nasce da assai lontano, dai tempi in cui come Asterix si alzava il naso per controllare che il cielo non stesse cadendo sulla testa.
Quando la Rai sbarcò negli altrui salotti aveva un solo canale, ma lo spazio dedicato al meteo di certo non mancava. Una robina fredda e impersonale, che annunciava una perturbazione generica in arrivo e poi arrivederci. Serviva la rivoluzione, che avvenne esattamente l’8 gennaio 1960 con “La fabbrica del Tempo”, il primo programma televisivo sul meteo guidato da un uomo diventato simbolo. Tre Telegatti e un museo a lui dedicato, il colonnello Edmondo Bernacca era tutta una parola, al punto che quando venne promosso generale si fece fatica a modificarne la dicitura. Bernacca aveva un aspetto rassicurante, un sorriso bonario e una parlata accogliente, un po’ come i trumeau in casa di nonna, eleganti e senza impegno, con quell’aria familiare che accompagna ogni riunione tra cugini. Con la sua presenza alla Piero Angela dell’alta pressione, Bernacca introdusse una terminologia scientifica spiegata con cura e senza alcun supporto tecnologico, perché per le diavolerie moderne era ancora presto. Disegnava il moto dei venti sulla carta geografica, usava i pastelli, rosso e blu per indicare le correnti fredde e posizionava i magneti con la scritta “pioggia” o “neve” sulla regione corrispondente. Dal 1968 il suo “Che tempo fa?”, introdotto dalla sigla per flauto e xilofono di Kenny Graham, mostrava oggetti e parole in principio misteriosi, tipo il barometro e le correnti ascensionali, e fu inserito nell’orario prima del Tg serale e lì, in varie forme è sempre rimasto.
Il meteorologo televisivo nasce dunque come una sorta di maestro Manzi del tempo, con quella sottile vena divulgativa che passa senza impegno, al punto che l’eredità di Bernacca viene raccolta agilmente dai suoi immediati successori, il colonnello Baroni e Guido Caroselli, che in breve conquistano fette di pubblico tali che persino Alighiero Noschese sente di dover spendere il suo talento per un’imitazione da varietà. E non a caso Fabio Fazio aggiunge una semplice congiunzione nel titolo del suo programma, come omaggio e ispirazione, aprendo le porte a Luca Mercalli, per un’informazione puntuale sul clima, i suoi cambiamenti e i suoi personali negazionisti. “Che tempo che fa” lascerà presto la sua vocazione strettamente meteo, ma a distanza di vari decenni e vari canali, continuerà a evocare quella televisione gentile a cui mancava solo il colore.
Negli anni Duemila si cambia. La televisione berlusconiana degli ufficiali dell’Aeronautica non sa bene che farsene ed ecco che nel Tg4 di Emilio Fede spunta il ruolo ambito di “meteorina”, sinonimo di giovane donna armata di bell’aspetto, preferibilmente ex Miss qualcosa, che legge quel che riservano le temperature. Un ruolo ambito al punto che la velina passa in secondo piano e alcune ragazze provinate dallo stesso Fede alle quali chiede «sobrietà, competenza e sorriso finale», finiscono nella volgarità delle cene eleganti. Ad Arcore gemelle e figlie uniche esperte di cartine elettroniche piacciono parecchio e il bello e il cattivo tempo passa anche da lì.
La deriva successiva ha il sapore del pop, a partire dall’autorevole gigioneria di Mario Giuliacci che inchina la testa e muove la biro al punto di diventare uno dei bonari bersagli preferiti di “Striscia la notizia”. Ed è proprio Giuliacci a protestare contro le meteorine, ree di non sapere assolutamente nulla di millibar rispetto all’autorevolezza della scienza. «Mi hanno cacciato perché ho detto la mia sulle ragazze mandate in onda al posto dei professionisti», tuonerà nel 2011 varcando la porta d’uscita di Mediaset. Ma la sua carriera continua senza intoppi e mentre il figlio Andrea continua a esercitare in Mediaset, lui, Mario superati brillantemente gli ottant’anni è diventato una superstar di TikTok da cui vede e prevede in compagnia, guarda un po’ il caso, di una sorridente fanciulla.
Anche il pomeriggio di Barbara D’Urso voleva la sua quota meteo, professionale ma ludica, e Paolo Corazzon, fisico atmosferico decide per oscuri motivi di mascherarsi per le gag alla bisogna mentre snocciola previsioni. Il situazionismo è estremo, ma finisce, come tutte le cose belle e d’altronde come la presenza di D’Urso nel piccolo schermo. Intanto il tempo viene ispezionato come un dossier, la tecnologia avanza e le app si insinuano tra lo spettatore e il suo desiderio di conoscenza. Ma la tv non molla, nascono canali interamente dedicati alle previsioni a partire da Sky Meteo 24, le temperature diventano il debutto di future star da piccolo schermo come Diletta Leotta e nessun Tg fa a meno del suo spazio predittivo.
Come scrisse Sergio Saviane proprio su L’Espresso, «La cartina geografica è ormai diventata personaggio, più di Bernacca». Anche il linguaggio cambia e diventa impegnativo mentre la locuzione prende quel sapore sottile da catastrofe che farebbe anche ridere, se non fosse sintomo di inutile sensazionalismo diffuso, come non smette di ricordare Paolo Sottocorona, il gradevole e ironico meteorologo de La7.
D’altronde come evidenzia lo studio di Mediamonitor.it di luglio, in tv si parla di «emergenza caldo» ogni dodici minuti. E il bello è che mentre l’Italia è «stretta nella morsa», o dell’afa o del freddo poco importa, nei talk show imperversano dibatti pseudoarticolati sul cambiamento climatico in cui i negazionisti vengono spesso cullati come artefici di buoni ascolti, Greta Thunberg è definita Gretina e non sai che risate. Qui scatterebbe il bollino rosso, ma per una volta il clima non c’entra.

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