Visioni
6 ottobre, 2025Al WeWorld Festival di Bologna, dal 7 al 12 ottobre 2025, una doppia mostra intreccia sguardi italiani e maliani. Lavoro, accoglienza e speranza emergono dai margini di un Paese segnato da conflitti e migrazioni, attraverso le immagini di Niccolò Rastrelli e Tiecoura N’Daou
A Bologna, dal 7 al 12 ottobre, il WeWorld Festival porta al centro del dibattito una domanda urgente: come raccontare chi resta ai margini, senza ridurlo a stereotipo? La doppia mostra fotografica ospitata alla galleria Adiacenze prova a dare una risposta. Un lavoro che unisce due progetti distinti ma complementari: BAARA - i volti del lavoro a Bamako del fotografo italiano Niccolò Rastrelli e Germogli di Futuro del maliano Tiecoura N’Daou. Due sguardi che attraversano il Mali, capitale e periferia, città e campagna, lavoro e accoglienza, per restituire storie di resistenza quotidiana. Il titolo stesso scelto da Rastrelli “baara”, che significa “lavoro”, è un manifesto. Le sue immagini compongono un mosaico visivo della Bamako di oggi: officine rumorose, laboratori tessili, piccoli uffici di collocamento, aule di formazione. Non sono scenari esotici, ma spazi in cui si misura la possibilità di vivere con dignità. Nei volti emergono i segni delle difficoltà di chi è stato costretto a fuggire dai conflitti interni, di chi tenta di rientrare nel mercato del lavoro dopo l’esclusione, di chi cerca di inventarsi una nuova professione. Il lavoro fotografico diventa così strumento politico: non celebra soltanto la resilienza, ma mostra come l’accesso a un mestiere, per quanto fragile, rappresenti un varco verso la libertà personale e collettiva.


N’Daou, al contrario, concentra lo sguardo su Bandiagara, regione al centro degli sfollamenti dovuti alle violenze del nord del Paese. Il suo progetto Germogli di Futuro nasce tra aprile e giugno di quest’anno e restituisce la precarietà e la forza delle comunità che accolgono chi fugge. Le immagini alternano la durezza delle condizioni materiali, tende improvvisate, file per l’acqua, gesti di fatica, a momenti di protezione e cura: bambini che giocano, donne che si organizzano per cucinare insieme, incontri di formazione che provano a restituire prospettive. Il fotografo maliano insiste su un’idea semplice e radicale: in mezzo alla crisi, anche un gesto minimo può rappresentare l’inizio di un futuro possibile.


Portare questi due lavori a Bologna significa inserirli in un contesto più ampio. Il WeWorld Festival, quest’anno dedicato al tema “Sentire è un atto politico”, non propone solo un calendario di incontri e performance, ma un vero spazio di ascolto reciproco. Le fotografie di Rastrelli e N’Daou dialogano con questa impostazione: guardare i volti di Bamako e Bandiagara significa aprirsi a una responsabilità condivisa, riconoscere che le dinamiche globali del lavoro, della migrazione e delle diseguaglianze toccano anche l’Europa e l’Italia. Non si tratta di reportage sensazionalistici, ma di lavori costruiti insieme alle persone ritratte. Rastrelli ha seguito i percorsi di formazione e inserimento socioeconomico promossi dalla cooperazione internazionale, osservando come i progetti si radichino nel tessuto urbano. N’Daou ha scelto di raccontare la sua stessa terra, assumendo uno sguardo interno che restituisce complessità senza paternalismo. La loro presenza al festival non è un’appendice, ma un cardine: ricorda che la fotografia è, prima di tutto, un modo di creare relazione.


Visitare la mostra significa attraversare due geografie e, allo stesso tempo, interrogarsi sul significato del lavoro e dell’accoglienza in un mondo segnato da precarietà e conflitti. Da una parte la capitale che cerca di includere i giovani e i migranti interni in un circuito produttivo; dall’altra le comunità rurali che si reinventano ogni giorno per accogliere chi fugge. In mezzo, lo spettatore, chiamato a riconoscere nei volti altrui un riflesso delle proprie domande.

Il WeWorld Festival, da sempre attento a far emergere voci e racconti dai margini, con questa doppia mostra riafferma il valore dell’immagine come strumento critico. Non basta vedere: occorre fermarsi, lasciarsi toccare, accettare che l’ascolto visivo cambi la percezione delle cose. Le fotografie di Rastrelli e N’Daou non offrono soluzioni, ma aprono scenari. Mostrano che il futuro, per germogliare, ha bisogno di lavoro dignitoso, di protezione, di alleanze tra comunità. E che la politica più radicale, oggi, può nascere dallo sguardo che riconosce.

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