Visioni
9 ottobre, 2025Con Leaving Home, immagine scattata a Deir al-Balah nel giugno 2024, il fotografo palestinese Ali Jadallah trasforma la cronaca di guerra in un racconto universale. Al Siena Photo Festival, la fotografia torna a interrogare il mondo: non solo per mostrare, ma per ricordare.
Ci sono immagini che non chiedono di essere spiegate. Parlano con la forza nuda della realtà, attraversano il tempo e si imprimono nella memoria collettiva come una ferita e un atto di resistenza. Leaving Home di Ali Jadallah, premiata come Photo of the Year al Siena International Photo Awards 2025, lascia una traccia indelebile. Tra le macerie di una casa distrutta, tre figure emergono in controluce. Non c’è sangue, né urla, solo polvere e una luce opaca che sembra cercare un varco. l’immagine scattata a Deir al-Balah, nel cuore della Striscia di Gaza, ha la forza delle immagini che superano la cronaca e si fanno testimonianza. È uno scatto che non documenta soltanto un fatto, ma una condizione: la precarietà di chi continua a vivere dentro la fine del mondo. La fotografia di Jadallah non si limita a denunciare ma trasforma la testimonianza in resistenza. È la rappresentazione di un gesto umano, il tentativo di uscire dalle rovine, che vale più di mille discorsi sul conflitto. La sua forza è nella capacità di trattenere lo sguardo. Ogni dettaglio, dalle pietre alla luce, sono un frammento di realtà che diventano simbolo: la perdita della casa come scomparsa di ogni certezza, e la sopravvivenza come atto politico.



In un territorio chiuso, dove ai giornalisti stranieri non è consentito entrare, il lavoro di Jadallah e dei suoi colleghi palestinesi assume un valore ancora più urgente. Sono loro gli unici testimoni diretti di ciò che accade ogni giorno nella Striscia, spesso costretti a rischiare la vita per documentare la realtà. Attraverso le loro immagini il mondo continua ad avere un contatto con Gaza, con i suoi quartieri distrutti, le scuole trasformate in rifugi, le famiglie che resistono, bambini che muoiono. È una fotografia che diventa atto di sopravvivenza, prima ancora che professione. L’obiettivo non è solo mostrare ma restituire dignità a chi non ha voce. Jadallah non cerca l’eccezionalità dell’orrore, ma la normalità spezzata di chi resiste ogni giorno. In un’epoca in cui le immagini di guerra scorrono ininterrotte sui social, la sua fotografia recupera la lentezza dello sguardo, la necessità di tornare a guardare davvero.



È anche questo il senso più profondo del Siena Awards Photo Festival, che da oltre un decennio trasforma la città toscana in un laboratorio internazionale sul linguaggio fotografico. Tra le mostre diffuse nei palazzi e negli spazi industriali di Siena, il festival diretto da Luca Venturi costruisce ogni anno un dialogo tra estetica e responsabilità, tra arte e impegno civile. Le sezioni dedicate al Siena International Photo Awards, al Creative Photo Awards e al Drone Photo Awards disegnano una mappa del mondo vista attraverso gli occhi di chi racconta: non solo fotografi, ma testimoni. In questo contesto, Leaving Home non è solo una fotografia premiata: è una riflessione sulla funzione pubblica dell’immagine. Il festival non si limita a celebrare la bella immagine, ma invita a interrogarsi sul ruolo della fotografia nel mondo contemporaneo, dove il confine tra documento e spettacolo è sempre più fragile. Jadallah riporta la fotografia alla sua radice originaria: guardare per comprendere. Nelle sale espositive del Siena Photo Festival, le immagini di guerra convivono con quelle della natura, del viaggio, dell’immaginazione. È questo contrasto che dà senso all’insieme: mostrare come la fotografia, in ogni sua forma, sia un linguaggio di relazione. E se Leaving Home colpisce per la sua crudezza poetica, è perché ci ricorda che ogni fotografia è, in fondo, una domanda sulla condizione umana. E la fotografia, ancora una volta, si fa arte civile, tenendo viva la memoria di ciò che il mondo preferirebbe non vedere.



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