Cosa accade quando diamo spazio e voce a chi, ogni giorno, vive ai margini? C’è una geografia umana che raramente trova spazio nella narrazione dominante. Una mappa fatta di visi, gesti, sguardi. Una visione diversa ce la offre la mostra collettiva “Volti e racconti dai margini”, una delle proposte del WeWorld Festival 2025, in mostra al Base Milano dal 23 al 25 maggio, tre giorni di talk, arte e musica per superare ogni stereotipo di genere.
Un’esposizione corale, costruita attraverso reportage fotogiornalistici, collage e opere artistiche provenienti da Afghanistan, Ucraina, Kenya e Tanzania, dove WeWorld opera da anni accanto a comunità vulnerabili. Quattro Paesi, un viaggio politico e visivo. Un unico racconto che arriva da angoli del mondo spesso dimenticati toccandoci nel profondo. L’allestimento, curato da Kublaiklan, fonde il linguaggio del reportage a quello dell’arte contemporanea, invitando il pubblico a un’esperienza immersiva ed emotiva.
Ogni Paese è una lente attraverso cui guardare le grandi fratture del nostro tempo: guerra, povertà, disuguaglianza, esclusione. I loro sguardi ci interpellano, ci fanno entrare in una dimensione che non chiede pietà, ma presenza. E cerca di tirare fuori la capacità di opporsi, di creare bellezza e di immaginare futuro. In Afghanistan, lo sguardo di Jafar Mosavi si muove tra le case fatiscenti di Herat, tra bambini che percorrono chilometri per un secchio d’acqua e madri che, con tenacia, sfidano ogni giorno l’invisibilità. Le sue immagini non rincorrono l’orrore, ma la dignità. Madri come Shirin, che sogna un futuro libero per i suoi figli, o bambine come Anis, che sognano di diventare medico in un Paese dove alle ragazze è vietato farlo. Il suo è un diario visivo che rompe il silenzio raccontando la vita quotidiana e dove ogni scatto è un atto di affermazione.
Dal cuore dell’Asia ci spostiamo nella devastata Kharkiv, in Ucraina orientale, dove il fotografo Hugo Weber documenta ciò che resta dopo i bombardamenti, cercando i segni di una resistenza fragile ma determinata. Scuole distrutte, ospedali vuoti, famiglie divise. Ma anche la volontà ostinata di ricominciare. Le sue fotografie raccontano non solo il dolore della guerra, ma anche la speranza che nasce nella solidarietà, nella cura, nell’infanzia che gioca ancora, nonostante tutto.
Dal Kenya, invece, arrivano i ritratti di Daniele Ratti, frutto di un lungo lavoro a contatto con le donne delle comunità coinvolte nei progetti di WeWorld, finalizzati a rafforzare l’educazione, la salute e la lotta per i diritti sociali. Volti che raccontano orgoglio, dedizione, quotidianità. Donne che trasformano ogni giorno la marginalità in possibilità, prendendosi cura delle proprie famiglie e comunità. Ratti osserva senza invadere. Le sue immagini sono un omaggio alla forza femminile come motore di cambiamento sociale.
Infine, la Tanzania dove il tema è urgente e spesso invisibile: la giustizia mestruale. Il progetto di WeWorld realizzato con il supporto del Nafasi Art Center di Dar Es Salaam mette insieme più visioni e linguaggi. Il reportage di Mirko Cecchi e le testimonianze raccolte dalla giornalista Claudia Bellante si incrociano con il lavoro delle artiste Liberatha Alibalio, Annah Nkyalu e Precious Seronga.
Un lavoro corale che parla di libertà, di diritti e di corpi che reclamano rispetto, attraverso opere visive e installazioni. Con un linguaggio poetico e delicato, le tre autrici portano il tabù al centro del dibattito pubblico.
Come ha affermato Andrea Comollo, direttore comunicazione di WeWorld: «Con questa mostra vogliamo ribaltare la narrazione dominante. Vogliamo che chi vive ai margini diventi protagonista. Non solo oggetto di aiuto, ma soggetto di cambiamento».
In un’epoca in cui la distanza tra i centri del potere e le periferie del mondo sembra incolmabile, “Volti e racconti dai margini” ci ricorda che ogni gesto quotidiano come l’educazione, la cura, la memoria, l’arte sono un atto politico. Ogni volto merita di essere visto, ogni storia merita di essere ascoltata. Perché è da quei margini che spesso nasce il cambiamento più autentico.

Un immagine dalla mostra Volti e racconti dai margini. Il reportage dalla Tanzania di Mirko Cecchi e le testimonianze raccolte dalla giornalista Claudia Bellante si incrociano con il lavoro delle artiste Liberatha Alibalio, Annah Nkyalu e Precious Seronga. In questa immagine un opera di Annah Nkyalu.

Un ritratto del fotografo Daniele Ratti in Kenya , un lungo lavoro a contatto con le donne delle comunità coinvolte nei progetti di WeWorld

Un opera dell'artista Precious Seronga. Un lavoro corale che parla di libertà, di diritti e di corpi che reclamano rispetto, attraverso opere visive e installazioni

Uno scatto del lavoro di Hugo Weber in Ucraina. Una narrazione che mette in evidenza il dolore della guerra ma anche la speranza che nasce nella solidarietà

Un opera dell'artista Annah Nkyalu.
WeWorld Festival, tre giorni di talk, arte e musica dedicati ai diritti delle donne. Si parlerà di corpi non conformi, maternità, indipendenza economica. Domenica 25 all’incontro “Dream Gap: ribelli, sognatrici”, Beatrice Dondi de L’Espresso mostrerà come le narrazioni seriali e televisive possano offrire modelli femminili capaci di cambiare il modo in cui le ragazze vedono sé stesse