Visioni
29 luglio, 2025Il 19 luglio 1979 segna l’inizio di una nuova era per il Nicaragua: la caduta della dittatura dei Somoza e la vittoria della rivoluzione sandinista. In questo racconto per immagini, si ripercorrono i mesi cruciali che portarono alla fine del regime, tra insurrezione popolare, repressione militare e speranza collettiva. Le fotografie in bianco e nero restituiscono l’energia di un popolo che si ribella, resiste e immagina un futuro diverso. Una riflessione visiva e narrativa sull’istante in cui la storia ha vacillato, lasciando intravedere la possibilità di riscriverla dal basso
Il 19 luglio 1979, il Nicaragua si svegliò con un nuovo nome, o meglio: con la possibilità di riscriverlo. La dittatura di Anastasio Somoza Debayle, ultimo anello di una dinastia feroce e clientelare, era crollata sotto la spinta di un’insurrezione popolare che mescolava contadini, studenti, poeti, preti, bambini-soldato e guerriglieri. La rivoluzione sandinista innescata mesi prima da un lungo e sanguinoso scontro con il regime, non fu solo una vittoria militare, ma un urlo di un popolo che combatteva per la dignità, e non solo per la sopravvivenza.

Questa galleria di immagini storiche ripercorre i mesi finali della dittatura e l’entrata trionfale del Fronte sandinista di liberazione nazionale. Le fotografie, potenti e fragili al tempo stesso, ci restituiscono non solo la cronaca degli eventi ma il respiro di un’epoca in cui l’utopia sembrava una possibilità concreta. I volti tesi, le armi improvvisate, i funerali collettivi, le barricate nelle strade: ogni scatto è un frammento di memoria viva, che ancora oggi si muove nel corpo della nazione. La rivoluzione nicaraguense nasce da molto lontano, dall’ombra lunga dell’imperialismo Usa che trattava il Nicaragua come un avamposto strategico da controllare, fino al dolore di un popolo abbandonato alla povertà mentre le élite accumulavano ricchezza e potere.


Il Fronte Sandinista seppe unire queste spaccature con le armi e con l’ideologia e nel tempo divenne un movimento di massa. Il 1978 fu l’anno della svolta. Dopo l’assassinio del giornalista Pedro Joaquín Chamorro, oppositore storico del regime, la protesta scoppiò in tutto il Paese. La repressione fu brutale. Interi quartieri furono bombardati dall’esercito, ogni perdita trasformava la rabbia in resistenza organizzata. Le immagini che vediamo oggi in bianco e nero, sono la testimonianza di questo passaggio: da ribellione disperata a lotta consapevole.


Quando i guerriglieri entrarono a Managua nel luglio del 1979, accolti da una folla in lacrime, la rivoluzione sembrò completa. La bandiera rosso e nera sventolava sulle rovine delle caserme, e per la prima volta il Nicaragua tornava a parlare con la propria voce. I mesi successivi furono attraversati da una grandi novità: campagne di alfabetizzazione, riforma agraria, murales politici, concerti collettivi. L’intera società fu attraversata da un’energia che mescolava sogno e disciplina. Eppure, come tutte le rivoluzioni, anche quella sandinista fu presto costretta a fare i conti con la realtà: l’embargo statunitense, le tensioni interne al nuovo governo rivoluzionario e il compromesso tra utopia e potere.


Ma quelle immagini, scattate prima che il disincanto prendesse il sopravvento, restano lì a ricordarci l’origine di tutto: un popolo che si alza in piedi, decide che ha visto abbastanza e prende in mano il proprio destino. A distanza di quasi cinquant’anni, la rivoluzione sandinista continua a dividere, a commuovere, a far discutere. Ma chi guarda quelle immagini di fucili rubati e bandiere cucite a mano, sa che c’è stato un momento in cui la storia ha smesso di scorrere in un’unica direzione. E ha cominciato, per un attimo, a riscriversi dal basso.


LEGGI ANCHE
L'E COMMUNITY
Entra nella nostra community Whatsapp
L'edicola
Cementopoli - Cosa c'è nel nuovo numero de L'Espresso
Il settimanale, da venerdì 25 luglio, è disponibile in edicola e in app