Nomine

Così il ministro Giuseppe Valditara regala poltrone ai suoi amici

di Sergio Rizzo   8 aprile 2024

  • linkedintwitterfacebook

Con gli studenti minaccia punizioni esemplari. Al ministero invece è di manica larga e piazza una serie di politici leghisti con difficoltà di carriera. E anche il coautore di un suo libro trova un posto

Nel Paese dove un deputato della maggioranza sovranista vorrebbe vietare come durante il fascismo l’uso di parole straniere c’è un ministro che battezza il proprio ministero «delle Imprese e del Made in Italy». E il suo collega dell’Istruzione decide di innovare la scuola italiana istituendo il «liceo del made in Italy». Poi dà in dotazione agli sparuti studenti uno zainetto con bandiera britannica e il marchio «made in China». Alè.

 

E dire che il ministro in questione Giuseppe Valditara ce l’avrebbe pure, un altro mestiere. Da una dozzina d’anni è azionista al 17 per cento della E-co srl di Torino. Società che si presenta così: «Spin-off del Politecnico di Milano attiva nello sviluppo di sistemi innovativi di elettro-mobilità a ricarica veloce per un trasporto pubblico sostenibile». Con il consorzio SmartBus si occupa di realizzare autobus elettrici di ultima generazione. E sappiamo quanto ce ne sia bisogno nelle nostre città martoriate dallo smog.

 

L’unica traccia di quella esperienza aziendale torinese è però la presenza al ministero, come nei mesi scorsi ha sottolineato il quotidiano Domani, di un suo socio in affari automotive. Si chiama Mario Eugenio Comba, è presidente dell’Istituto universitario di Studi europei nonché titolare del 5 per cento della E-co srl. Il che qualche perplessità la potrebbe anche originare, ma tant’è. La legge infatti non vieta a un ministro di assumere come consulente un suo socio. E d’altra parte il professor Comba non è arrivato al ministero con Valditara ministro. Ma con un altro ministro, sempre leghista, che rispondeva al nome di Marco Bussetti: ex docente di Educazione fisica, ex coordinatore dell’ufficio scolastico della Lombardia, ex allenatore di basket (ops, volevamo dire pallacanestro). Nel 2019 Bussetti lo nomina nella commissione di riforma delle Accademie artistiche. Ma non basta. Perché l’ex ministro salviniano all’Istruzione arrivato al governo gialloverde su indicazione dell’attuale ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, ha sulla coscienza anche la nomina del socio di Comba al ministero. Nel 2018, appena arrivato, Bussetti affida infatti a Valditara, in quel momento consigliere di Salvini, il dipartimento dell’Università. Dirigente pubblico al massimo livello.

 

Uno si immagina che una posizione del genere debba essere ricoperta da chi ha vinto un concorso o seguito un lungo percorso negli apparati dell’alta burocrazia. Invece no. Valditara è un ex parlamentare di Alleanza Nazionale passato alla Lega dopo essere stato folgorato da Matteo Salvini. Una folgorazione tale da indurlo nel 2022 a dare alle stampe un volume intitolato “È l’Italia che vogliamo. Il manifesto della Lega per governare l’Italia”. Prefazione di Matteo Salvini. Sono i giorni in cui Valditara trepida per un possibile ritorno in Parlamento. Salvini l’ha candidato alla Camera, ma gli elettori non colgono la finezza. Così lo trombano. Senza immaginare che come risarcimento se lo ritroveranno addirittura ministro. E dell’Istruzione, per giunta. Dicastero alla cui storica denominazione il Nostro aggiunge la parola «Merito». Per sottolineare che adesso, nella scuola italiana, si fa sul serio. Così sul serio che anche gli alunni delle elementari potranno essere bocciati. Per non parlare delle scuole medie, con il ritorno in grande stile del voto di condotta che farà media tanto da determinare la ripetizione dell’anno. Mentre gli studenti delle superiori che si macchieranno del reato di occupazione del plesso scolastico dovranno pagare i danni, oltre naturalmente ad andare incontro alla bocciatura.

 

Studenti del Liceo romano “Tasso” durante l’occupazione. Valditara ha promesso agli occupanti sanzioni durissime

 

In attesa del ripristino delle pene corporali, c’è comunque chi festeggia. Quelli del suo staff. Festeggia il socio professor Comba, ingaggiato a 60 mila euro l’anno. Festeggiano le ex parlamentari leghiste bocciate alle elezioni, Angela Colmellere e Valeria Alessandrini, assunte a 45 mila euro l’anno nella segreteria del ministro bocciato alle elezioni. Festeggia Monica Picca, assessora leghista al Comune di Fiumicino incaricata da Valditara di spiegarci come si colma il divario scolastico nelle periferie urbane. Per 30 mila euro l’anno. Festeggia lo psicologo Alessandro Amadori (80 mila euro annui), coautore con Valditara di “È l’Italia che vogliamo”, finito nelle polemiche per un altro libro scritto assieme alla esperta di security e investigazioni private, Cinzia Corvaglia, “La guerra dei sessi. Piccolo saggio sulla cattiveria di genere”. E festeggiano anche un paio di dinosauri della burocrazia made in Italy, gratuitamente coinvolti dal ministro come grandi esperti dell’Istruzione del Merito, del calibro dell’ex consigliere di Stato Claudio Zucchelli e dell’ex altissimo funzionario del Senato Nicola Benedizione.

 

Nessuno però festeggia come l’ex ministro Bussetti. Dopo un passaggio nello staff del ministro dello Sport Andrea Abodi, eccolo riguadagnare un ruolo di rango nell’universo scolastico leghista. Con la nomina a direttore generale dell’ufficio scolastico del Veneto, Regione guidata da Luca Zaia con il quale Bussetti da ministro aveva firmato un protocollo d’intesa per l’insegnamento della storia veneta nelle scuole venete. Ha preso il posto di Carmela Palumbo, che non è rimasta a spasso, ma è diventata capo dipartimento del ministero di Valditara, nientemeno.

 

Chi non festeggia, invece, sono gli studenti. Intendiamoci, Valditara è uno che si occupa di scuola da sempre. Professore di Diritto romano, a trent’anni è leghista. Poi diventa finiano e ha un posto in Parlamento. È responsabile della scuola di An, e come esperto del ramo gli viene affidato il compito di relatore della disastrosa pseudoriforma di Mariastella Gelmini. Tuttavia non si può astenere dalla crociata contro i lavavetri che dilagano «per colpa della sinistra». Né dalle ripetute richieste di dimissioni: prima del direttore del Giornale Alessandro Sallusti, poi della capa del sindacato leghista Rosy Mauro e del ciellino Roberto Formigoni. Poi, deluso da Fini, abbraccia Salvini e finalmente è di nuovo a casa. Capo dipartimento dell’Università, durante la pandemia si schiera contro il lockdown. E quando arriva il momento del debutto come ministro non delude chi gli ha dato quella poltrona.

 

È da quel momento che gli anni trascorsi a occuparsi di scuola per i partiti al governo, senza risultati indimenticabili, mostrano come non sempre l’esperienza coincida con l’attitudine. Disastroso: è il solo aggettivo plausibile per definire l’anno e mezzo passato da Valditara a viale Trastevere. Ignorando che un ministro della Repubblica ha anche il dovere, quando parla, di pesare le parole con estrema attenzione.

 

Il 22 novembre del 2022 riporta indietro di un secolo la lancetta dell’istruzione pubblica, affermando pubblicamente che «L’umiliazione è un fattore di crescita». Gli studenti che sbagliano devono passare sotto le forche caudine dell’umiliazione. E via con la proposta di far svolgere a chi ha il nome sulla lavagna dalla parte dei “cattivi” i lavori socialmente utili. Mentre per chi occupa sono pronti i tribunali scolastici speciali e pene esemplari. Come quella appioppate ai sediziosi del Liceo “Tasso” di Roma sulla base di una sconcertante tabella di punizioni: solo mancante, ma forse per pura dimenticanza, della prescrizione di far inginocchiare il colpevole sui ceci.

 

Quando poi a Firenze la preside del Liceo “Leonardo da Vinci” prende per lettera le parti di due studenti pestati in favore di telecamera dai fascistelli, Valditara fa balenare l’idea di sanzionarla. Ma subito ritratta. Passa qualche mese e incolpa del caro affitti per gli studenti fuorisede i sindaci del centrosinistra. Sorprende tutti con l’incarico di coordinatrice di un progetto ministeriale sulle relazioni all’ex deputata del Pd Anna Paola Concia, omosessuale, ma immediatamente la licenzia dopo le proteste della destra e delle organizzazioni pro vita e famiglia. Quindi rivela entusiasta che «l’italiano è la quarta lingua più studiata al mondo», anche se trattasi di una clamorosa bufala.

 

Fino al suo capolavoro: la proposta di mettere un tetto al numero di alunni stranieri per classe. Il suggeritore pare sia un certo Salvini Matteo, che fra un paio di mesi dovrà affrontare la difficile prova delle elezioni europee e ha deciso di scavalcare a destra sempre e comunque Giorgia Meloni. Che è già una bella impresa. In questo caso, però, lo scavalcamento produce un doppio infortunio. Prima di tutto perché il tetto già esiste ma non ha effetti perché in alcuni piccoli paesi non ci sarebbero più scuole. E comunque in otto istituti su dieci la presenza di alunni senza cittadinanza italiana è ben inferiore al 20 per cento. Per di più la proposta arriva via social con un post criticato dalle opposizioni a causa di un presunto errore nell’uso del congiuntivo. Gli esperti consultati precisano che non c’è errore di grammatica. Fanno però capire che è scritto con i piedi. Il ministro dell’Istruzione e del Merito ribatte con un post che «quando si detta un post al telefono non si compie un’operazione di rigore linguistico e si è più attenti al contenuto».

 

Braccia strappate all’automotive, nella migliore delle ipotesi.

 

La replica del ministro Valditara
In relazione all’articolo di Sergio Rizzo pubblicato nel numero de L’Espresso del 5 aprile dal titolo “Il severo Valditara con gli amici è generoso”, preciso che

 

1) Mario Comba non è stato da me scelto in quanto "socio in affari"; “affari” è fra l'altro un termine eccessivo, posto che entrambi non abbiamo cariche gestionali in una società che, aggiungo, non ha mai distribuito utili. Mario Comba è un illustre professore ordinario dell’Università di Torino, già presidente dell’Associazione europea delle stazioni appaltanti per il settore sanitario. In qualità di mio consulente ha contribuito fra l'altro a elaborare il Piano di semplificazione in 20 punti avviato dal Ministero, così come a predisporre il "modello Genova" per gli appalti nell'edilizia scolastica, che ha consentito agli enti locali di rispettare alcuni target Pnrr e al Ministero di non perdere ingenti finanziamenti europei. Piano di semplificazione elogiato pubblicamente più volte dallo stesso presidente dell'Anci.

 

2) Colmellere e Alessandrini sono docenti di scuola, già parlamentari e componenti della commissione istruzione di Camera e Senato, Picca è una professoressa di Lettere, tutte e tre stanno svolgendo egregiamente il loro compito di raccordo fra scuole del territorio ed enti locali. Marco Bussetti, oltre a essere stato ministro dell'Istruzione, ha alle spalle una lunga carriera nell’amministrazione scolastica.

 

3) Sono stato relatore della legge 240 sull'università, talmente "disastrosa" e "pseudoriforma" che da 15 anni non è stata ancora sostanzialmente modificata dai vari governi che si sono succeduti. 

 

4) La nomina a capo dipartimento non presuppone un concorso, viene deliberata dal Consiglio dei Ministri e firmata dal Presidente della Repubblica: sono professore universitario  dall'età di 31 anni, con una ricca pubblicazione scientifica, sono stato preside di facoltà, parlamentare, responsabile università e scuola di An per 12 anni, avevo dunque tutte le carte in regola per essere nominato a capo dipartimento università del Miur; credo inoltre che il giudizio del mondo accademico sul mio operato sia a grande maggioranza diverso da quello espresso da Rizzo.

 

5) Nicola Benedizione non è stato scelto in quanto "dinosauro della burocrazia" ma indicato dalla Corte dei Conti, di cui è magistrato, per verificare la correttezza contabile degli atti da noi assunti. Una novità che avviene per mia espressa richiesta, a maggiore garanzia di correttezza e trasparenza dell'azione amministrativa.

 

6) Non ho mai detto che la scuola debba umiliare uno studente - che peraltro, nel caso specifico a cui mi riferivo, aveva preso a pugni un’insegnante ebrea dopo aver disegnato una svastica sulla cattedra -. Non ho mai proposto l'umiliazione dei bulli: il verbo da me utilizzato al riflessivo, "umiliandosi", che qualifica in questo senso anche il sostantivo, è riferito allo studente che, accettando la sanzione e dunque sottostando alle regole che l'appartenenza a una comunità comporta, ridimensiona il proprio ego. Ho già chiarito in più occasioni il senso di quella espressione.

 

7) È falso che per chi occupi una scuola "siano pronti tribunali scolastici speciali e pene esemplari". Ho sempre detto, e lo ripeto, che chi rompe paga e chi, occupando la scuola la devasta, deve pagare i danni.

 

8) È del tutto capzioso scrivere che io abbia fatto balenare l'idea di sanzionare una preside fiorentina per aver preso le parti di due studenti pestati dai "fascistelli". Se Rizzo avesse ascoltato il mio audio o quantomeno letto ciò che ho scritto, avrebbe appreso quanto ho effettivamente dichiarato: è inaccettabile che una preside, nel suo ruolo pubblico, con carta e penna dell'istituto scriva a genitori, studenti e docenti affermando che occorre combattere culturalmente, isolare e qualificare con il suo nome (ovverosia sembra dedursi come “fascista”) coloro che sono a favore delle frontiere. Cioè di fatto ha invitato a contrastare il governo in carica che crede nel valore delle frontiere. Peraltro non è stata irrogata alcuna sanzione.

 

9) Quanto al tetto alla presenza di stranieri nelle classi non vedo dove stia l'infortunio, posto che ho ricordato proprio io che la norma è stata approvata prima da Berlinguer e poi riproposta da Gelmini al medesimo, dichiarato fine di favorire l'inclusione degli stranieri e di evitare le classi ghetto.  Tra l'altro, non conoscendo Rizzo quale sarà la legge a cui stiamo lavorando, mi sembra quantomeno azzardato giudicarla con toni sprezzanti.

 

Prof. Giuseppe Valditara

 

La risposta di Sergio Rizzo
"È la stampa, bellezza…"