C'è chi chiede il 5 per mille per pagare la luce nelle strade, chi vende i gioielli di famiglia, chi aumenta le tariffe. Così amministratori di ogni colore cercano di far quadrare i bilanci
Fate la carità a un povero sindaco. O presto lo troverete a lavare vetri ai semafori oppure a modulare strazianti melodie gitane nei vagoni della metropolitana. Iperbolico? Ecco qualche elemento per giudicare. Attilio Fontana, avvocato leghista, alla guida della giunta di Varese, ha chiesto ai cittadini di donare al Comune il 5 per mille della loro dichiarazione dei redditi. La ricerca, le onlus, le società sportive e la sussidiarietà tanto amata dal governatore Roberto Formigoni possono aspettare. La luce per l'illuminazione stradale e le buche nell'asfalto, no. La campagna di Fontana "Aiutaci ad aiutarli" è sostenuta da molti colleghi lombardi, destra o sinistra. Perché l'amministrazione locale non è materia ideologica, come dimostra il caso di Sondrio.
Nel capoluogo della Valtellina, dove la Lega è il primo partito con oltre il 35 percento, il Comune è guidato da Alcide Molteni, medico di base eletto dal centrosinistra. Anche Molteni si è unito alla richiesta del 5 per mille. Si è però dissociato dalla manifestazione dell'8 aprile dei sindaci lombardi, in maggioranza di centrodestra, contro i tagli in Finanziaria del governo centrale. "La Lega è al governo e sta zitta quando vengono stanziati soldi per Roma, Napoli e Catania. Invece fa gli show per dire che il Nord è virtuoso. Cosa aspetta a fare una leggina di due righe che premi i comuni meritevoli?", ha proposto.
Entrate*
35
Spese
63,5
Trasferimenti dello Stato
27,4
Deficit
-1,1
Investimenti deliberati e bloccati
44
Esposizione debitoria
46
Costi dei derivati
1,1
Minori entrate Ici nel 2010
1
*al netto dei trasferimenti statali Fonte: elaborazione Ifel-Anci su dati Istat
La domanda è caduta nel vuoto. Ci sono equilibri non solo finanziari da conservare in zone politicamente instabili, come appunto Catania. Il municipio siciliano è stato salvato dal fallimento un anno e mezzo fa con 140 milioni di euro di fondi straordinari del Cipe di cui, peraltro, soltanto due terzi sono stati effettivamente versati. Il debito complessivo che il sindaco Raffaele Stancanelli ha ereditato dal predecessore Umberto Scapagnini è stimato in un miliardo di euro e non ci saranno altri regali. Almeno sotto l'Etna. Poco più a nord, a Reggio Calabria, l'ex sindaco promosso a governatore regionale Giuseppe Scopelliti ha scavato una voragine di entità incerta. Per coprire i concerti estivi gratuiti dai Pooh agli Earth wind and fire, e realizzare le scale mobili dalla marina ai monti, l'indebitamento è andato fuori controllo. I soli credit default swap del Comune dello Stretto avrebbero cumulato una minusvalenza di 100 milioni di euro e i fornitori aspettano mesi.
Per tappare questi buchi l'esecutivo picchia duro sulle amministrazioni locali. Se sono virtuose, picchia di più. In tempi di recessione, qualcuno deve pur pagare i sogni di gloria infrastrutturali, i ponti, le autostrade, i treni superveloci. Pochi trasferimenti dalle casse centrali e molti debiti. È la ricetta garantita per distruggere ogni ipotesi di investimento. Per un po' i Comuni e gli altri enti locali si sono aiutati con la finanza creativa. Oggi che il casinò dei derivati è stato chiuso con strascichi rovinosi e cause penali le amministrazioni locali devono combattere con le angustie della quarta settimana. Come molte famiglie. Per altro, come accade nelle guerre fra poveri, i primi a scontare la secca nei trasferimenti dallo Stato agli enti locali sono proprio i cittadini colpiti da un'ondata di rincari su servizi e tariffe varie.
"I Comuni sono obbligati a riportare i bilanci in attivo", fanno sapere dall'Anci, l'associazione dei municipi italiani: "La spesa per investimenti è scesa del 30 per cento ma non poteva bastare visto che c'è stato un blocco della principale entrata tributaria, l'Ici. Così l'incremento delle tariffe, che erano le più basse d'Europa, deve coprire la spesa corrente". Basta con improduttivi pulmini scolastici. E basta con il prezzo politico sui mezzi pubblici. Dal 1 marzo per salire sul tram a Messina ci vogliono 1,20 euro contro i 50 centesimi di prima (pù 140 per cento). Il traffico della città dello Stretto non ne ha tratto particolare beneficio. Spazzatura e acqua seguono a ruota. A livello nazionale, l'Osservatorio prezzi di Unioncamere ha stimato che fra il 2005 e il 2009 ci sono stati incrementi del 29,1 per cento nella raccolta rifiuti e del 31,8 per cento nell'acqua potabile. Il festoso annullamento dell'Ici sulla prima casa, promesso e mantenuto da Silvio Berlusconi, è stato la rovina che si temeva. Per di più, 365 milioni di euro di versamenti Ici arretrati sono rimasti bloccati nelle casse romane. In totale, i fondi non ancora trasferiti sono 800 milioni. È un capitolo in più nel braccio di ferro fra i cattivi tenenti di Giulio Tremonti e gli eletti che fanno politica sul territorio. Non il capitolo più pesante. Il ministero dell'Economia insiste sui tagli dei costi delle società in house, le spa controllate dagli enti locali che gestirebbero senza controlli 17 miliardi di euro all'anno, secondo la Ragioneria dello Stato. L'allarme è stato appena rilanciato dalla Corte dei Conti, che ha accusato le oltre 800 società create da enti pubblici di avere la loro principale ragione di vita nell'elusione del patto di stabilità. Il 5 maggio Sergio Chiamparino, presidente dell'Anci, e Tremonti si sono incontrati e si sono dati 15 giorni di tempo per trattare sulla guerra fredda fra centro e periferia.
Alla fine, il gioco dello Stato che torchia i Comuni che torchiano i cittadini rischia di essere a somma zero e di non portare alcun reale miglioramento nella situazione complessiva della collettività. Ogni buon manager sa che c'è un limite al taglio dei costi e che questo limite ormai non è lontano. "In campo socio-assistenziale e nei servizi domiciliari alla popolazione anziana di Torino", dice Gianguido Passoni, assessore al Bilancio, "c'è una crescita dei costi di badanti. Nei prossimi anni, se la situazione finanziaria non migliora, non saremo più in grado di sopportarlo". Il nuovo miracolo trasformato in legge si chiama federalismo demaniale. Gli enti locali riceveranno dallo Stato una quota del patrimonio in mattoni, terreni ed aree assortite. I sindaci potranno andare sul mercato per offrire il loro tesoretto. In un Paese basato come forse nessun altro al mondo sul mantenimento di valori immobiliari stratosferici, l'idea sembra buona. Almeno, all'inizio. È evidente che l'ingorgo delle cessioni non può che deprimere i ricavi.
Bisogna sbrigarsi a vendere. Per il 2010 il sindaco di Roma Gianni Alemanno, che guida l'ente pubblico con il più alto debito d'Europa (9 miliardi e 650 milioni di euro), intende vendere dieci fra caserme, fortini come l'ex carcere militare di Forte Boccea, depositi delle Forze armate, più il palazzo Betti Medici in via Sforza. Il Campidoglio costituirà i fondi immobiliari e le sgr che si incaricheranno di dismettere i beni dopo le opportune varianti di destinazione d'uso e sotto il controllo dell'Agenzia del Territorio, diretta dalla sorella del sindaco Gabriella Alemanno. Alemanno ha chiesto che il versamento annuale dello Stato per Roma capitale (500 milioni di euro nel 2008 e nel 2009, 600 milioni di euro nel 2010) diventi fisso fino al 2046 con un assegno di 500 milioni (18 miliardi di euro in 36 anni). Da parte sua, il sindaco ha promesso di recuperare almeno 30 milioni di euro di evasione. Intanto, sta setacciando i costi dei 20 municipi romani. Dal 2008 al 2009 i costi delle mini-giunte sono stati ridotti da 384 mila a 247 mila euro. Il costo equivalente di un paio dei 64 addetti stampa del Campidoglio.
Letizia Moratti a Milano ha già incominciato a disfarsi di appartamenti e palazzi due anni fa, specificando che il ricavo delle cessioni (300 milioni di euro previsti) non sarebbe stato destinato né alla spesa corrente né alla riduzione del debito, ma agli investimenti per le infrastrutture dell'Expo 2015. Questo, nelle intenzioni. Poi capitano anni come il 2009, quando le partecipate Sea e A2a distribuiscono dividendi inferiori al solito, e la questione si complica. Così, alla fine del 2009, palazzo Marino ha rilanciato, creando un secondo fondo immobiliare da 150 milioni di euro, anche questo con Bnp Paribas.
Quella dei fondi immobiliari è la nuova moda della finanza locale post-derivati. Sergio Chiamparino a Torino e Massimo Cacciari a Venezia hanno già ceduto mattoni per 131 e 82 milioni di euro rispettivamente con Pirelli Re ed Est Capital. La corsa alla dismissione si estende a ogni ente pubblico. Le Asl liguri hanno affidato alla vendita beni per 123 milioni di euro a Bnl Fondi Immobiliari (gruppo Paribas). Il primo limite di questa corsa sta nelle capacità di assorbimento di un settore che non tira più come qualche anno fa. Il secondo problema è che non sempre è facile trasformare un immobile pregiato in un'opportunità di incasso. Il caso del Teatro Comunale di Firenze è di scuola. L'immobile è stato messo in vendita per finanziare la costruzione del Parco della Musica, ossia del Nuovo Auditorium del Maggio Musicale alla stazione Leopolda. Sulla carta, la riconversione del teatro è interessante perché prevede la realizzazione di appartamenti e uffici in centro di una città d'arte. In pratica, i risultati sono sconfortanti. A dicembre, la prima asta con prezzo base di 42,5 milioni di euro è andata deserta. Stesso risultato all'inizio di marzo, quando la base d'asta è stata ribassata a 35,6 milioni di euro. Non è un segnale positivo per il piano di dismissioni della giunta guidata da Matteo Renzi, che prevede cessioni immobiliari nell'ordine di 190 milioni di euro per il 2010 e altri 110 milioni di euro nei due anni successivi. Circa140 milioni di euro andranno per finanziare nuove scuole, asili e manutenzioni delle strade.
"Non ci sarà una soluzione unica per la vendita degli immobili", dice l'assessore al Bilancio Angelo Falchetti: "Il fondo immobiliare, come hanno fatto a Venezia o a Milano, è un'ipotesi. Una buona gestione è anche usare sistemi diversi. In quanto all'asta per il Teatro, i Comuni non sono molto abituati alla vendita. Quando si fa un'asta, bisogna fare promozione". A Firenze dicono anche che la cessione del Comunale è stata sfavorita, in modo indiretto, dalle inchieste della magistratura fiorentina sui Grandi Eventi e sugli strani motivi per cui il nuovo Parco della Musica è schizzato da 80 a 236 milioni di euro di costo. A volte, paradossalmente, anche il benessere finanziario può essere un ostacolo. A Brescia si cercano sistemi per risolvere il problema dell'avanzo intoccabile degli anni passati (100 milioni di di euro). Per i vincoli del patto di stabilità, se si usassero 20 milioni di quei fondi, nel calcolo finale il denaro risulterebbe solo in uscita. Quindi il patto avrebbe un saldo negativo di meno 20. La Leonessa sta costruendo la metropolitana e deve finanziare anche le opere di ordinaria manutenzione e amministrazione. La sede unica per il Comune verrà costruita tramite scambio di volumetria a costruttori privati, e lo stesso avverrà per il parco dello Sport, con i privati impegnati a realizzare l'opera in cambio di volumetria altrove. Il Comune di Brescia ha entrate derivanti da partecipazioni (83 milioni da A2A nel 2010). I 30 milioni di alienazioni previste potrebbero derivare dalla vendita di immobili. O anche di partecipazioni. Purché non resti più nulla di pubblico.