Rifiuti tossici sepolti ovunque. Persino sotto un resort di lusso. Mentre malattie e tumori sono a livello record. Un'emergenza che dura da anni. Ma nessuno interviene

I poliziotti di Castel Volturno sono entrati all'HyppoKampos Resort la mattina del 7 ottobre. Fino ad allora, questi 300 mila metri quadri di verde e laghetti venivano presentati al pubblico come "il più grande parco dedicato al benessere in Italia". Un eden di eleganza, sport e ospitalità alberghiera che seduceva la borghesia di Caserta e Napoli. Con in più il merito, indiscusso, di aver salvato un'area degradata riciclandola in chiave turistica. "Poi è scoppiato il disastro", dice il proprietario Sergio Pagnozzi. Assieme alla polizia, infatti, il 7 ottobre c'era anche il pentito Emilio Di Caterino: un ex camorrista che, nel lontano 1993, smaltiva in Campania camionate di rifiuti delle industrie nordiche. "Dietro sue indicazioni", mostra sul posto Pagnozzi, "gli investigatori hanno scavato quattro buche larghe all'incirca due metri, lunghe il doppio e profonde un metro e mezzo". Dentro, sono comparsi sacchi di nylon e materiale grigiastro. "Sostanze che l'Arpac, l'Agenzia regionale per l'ambiente, deve ancora catalogare".

Ma intanto il danno è fatto: "In breve, causa fuga clienti per un falso allarme radioattivo, abbiamo chiuso sia la scuola di calcio sia quella di sci nautico". Dopodiché hanno telefonato a raffica "per annullare ricevimenti, convention e qualunque altro evento in agenda". Una diaspora che Pagnozzi cerca di arginare, con esami in suo possesso che "certificano la presenza di rifiuti né pericolosi né radioattivi". Ma non è facile: "In luglio", sottolineano gli investigatori, "abbiamo sequestrato a Pagnozzi le quote della società Bestwellness, la stessa che controlla l'HyppoKampos Resort". E il sospetto, tutto da verificare, è che "alle spalle ci siano i fondi del camorrista Nicola Schiavone, figlio del Sandokan di Casal di Principe".

Così galleggiano, giorno dopo giorno, i 24 mila abitanti di Castel Volturno: in bilico tra scarse certezze e abbondanti misteri. "Sempre costretti all'incubo dei rifiuti, dell'ansia per la propria salute e della strafottenza con cui s'impone la malavita organizzata", dice Tommaso Morlando, fondatore del centro studi anticamorra "Officina Volturno". Il 23 ottobre, questo ex dirigente locale dell'Italia dei valori ha così aperto una lettera al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: "Sul nostro territorio è calata una maledizione ambientale". E non è l'unico, a sostenerlo: "Simm 'na fogna", strilla un vigile per strada assediato dall'immondizia. Che poi, in versione pop, è la stessa conclusione a cui arriva Gianni De Falco, direttore campano dell'Ires (l'Istituto di ricerche economiche e sociali): "Da fine anni Novanta a oggi", informa, "i clan della camorra hanno sversato nei 30 chilometri del litorale domizio 341 mila tonnellate di rifiuti speciali pericolosi, 160 mila di rifiuti speciali non pericolosi e altre 305 mila di immondizia solida urbana". Una lordura che ha finora generato "oltre 5 mila discariche illegali", senza considerare quelle rimaste occulte.

"In questo inferno", commenta Tiziana Boccone, 35 anni, "il lusso non è vivere ma sopravvivere". Lei non ha paura di esporsi, di combattere. Tantomeno si stupisce per il sequestro preventivo, richiesto e ottenuto il 3 ottobre dalla Direzione antimafia napoletana, di quattro aree inquinate tra Castel Volturno e Villa Literno. "Già nel 1991", spiega Tiziana, "mia madre pronunciava, in quanto consigliere comunale di An a Castel Volturno, queste parole: "C'è un vero panico, tra la popolazione, per i rifiuti tossici che provengono dal nord". La gente, registrava all'epoca, "collega le malattie tumorali a questo fenomeno". E nulla è cambiato, in vent'anni: regolarmente, quando un pentito parla, spuntano altre pattumiere tossiche". Solo che oggi la madre di Tiziana, Silvana Noviello, non c'è più: "L'hanno uccisa un tumore maligno e la presenza in corpo di radioattività e metalli pesanti". La stessa porcheria che combatteva, s'indigna la figlia, "e che tutti noi continuiamo a subire".

Difficile darle torto. Difficile accettare che anche lei, che abita a poca distanza da una discarica, sia adesso colpita da tumore. Sconcerta, e spaventa, il ritratto attuale del litorale domizio. Oltre la malinconia delle prostitute africane, schierate già alle nove del mattino lungo la comunale, oltre la parata autolesionista dell'abusivismo edilizio, cartina tornasole della miopia mafiosa, spunta immancabile il panico per gli scarti tossici. "Secondo una ricerca di Oms (l'Organizzazione mondiale della sanità), Istituto superiore di sanità e Cnr di Pisa", dice il volontario di "Officina Volturno" Giancarlo Palmese, "chi vive accanto a una discarica abusiva tra Caserta e Napoli è esposto a un rischio di eccessi di mortalità per tumori al polmone, fegato e stomaco", ma anche al pericolo per alcune malformazioni alla nascita "superiore dell'80 per cento rispetto alla media regionale". Se poi si cala sul territorio e ci si rivolge ai medici, il resoconto è ancora più pesante: "Assistiamo, senza dubbio, all'aumento dei tumori legati all'ambiente", fa sapere Adriana Conte, responsabile del pronto soccorso al "Pineta grande", presidio ospedaliero di Castel Volturno. E i numeri bruciano: "Da gennaio ad agosto", riferisce la direzione dell'istituto, "abbiamo trattato 173 tumori maligni dell'apparato respiratorio e degli organi intratoracici, da affiancare ad altri 98 dell'apparato digerente e del peritoneo, del retto e delle vie biliari". Fino a una somma parziale di "410 tumori maligni", che a fine anno potrebbe superare i "605 dell'anno passato".

"Incoscienti! Figli di puttana!", urla ad occhi lucidi Tommaso Morlando in cima alla Sogeri, tra le più grandi discariche europee. "Se c'è un mostro che sta divorando Castel Volturno, in questi anni, è lei". Lo stato di abbandono delle sostanze tossiche. Sotto una coperta nera di teli strappati, "la collina rilascia percolato - cioè liquami - nella falda comune". E nonostante ciò, la politica alza le spalle. "Lo scandalo", precisa Morlando, "è che già il 28 maggio 2007 il ministero dell'Ambiente intimava alle autorità di "attivare, entro sette giorni, interventi di messa in sicurezza d'emergenza"".

Un ordine a cui non sono seguite soluzioni definitive. "Com'è possibile", chiede Morlando, "che attorno a questa bomba ci siano campi coltivati e aziende bufaline? Non calcolano, i proprietari, i potenziali danni per la salute?". "Poco o anche niente", gli risponde l'operaio ("anonimo per non farmi ammazzare") di un caseificio locale. Nella sua ditta, testimonia, "portano il latte anche allevatori che hanno le bestie su terreni contaminati, e nessuno ha mai pensato di emarginarli". Poi quel formaggio è esportato in Francia, Belgio, Stati Uniti e persino Australia. Oltre a finire, va da sé, "negli ipermercati italiani".

Così funzionano le cose, da queste parti: "Alla faccia nostra", s'indigna un pensionato di Castel Volturno che abita in via Napoli, presso una cava dei fratelli Baiano sequestrata di recente. Anche qui, scrivono i pubblici ministeri, sarebbero stati scaricati "rifiuti speciali, tossici e nocivi". Una tortura, per i residenti: "Abbiamo sopportato in estate e inverno, dalla mattina alla sera, la processione dei camion, i clacson al cancello, le nuvole di polvere e l'assedio del fetore". Tutto, dice l'anziano, "con la frustrazione di veder sporcare, davanti alle nostre finestre, la terra che adoriamo". Dopodiché, aggiungono altri cittadini, "è ovvio che gli stranieri ci guardino male, che ci considerino inferiori". Giorni fa, interviene Tommaso Pragliola, proprietario dell'omonima ebanisteria a Giugliano (confine con Castel Volturno), "sono andato in Romania per acquistare del combustibile ecologico. Ma quando il grossista ha sentito che lavoravo vicino a Taverna del Re, e ai 6 milioni di finte ecoballe che giacciono lì, si è rifiutato di consegnarmi il materiale".

Un episodio sgradevole, è evidente. Anche perché un'aria simile, nel frattempo, si respira in agricoltura. "Questa", ricordano gli esperti, "era una zona celebre per la mela annurca, l'unica mela originaria del sud Italia, e per il gusto eclatante di peperoni e broccoli, fragoline e ciliege". Oggi, invece, a Villa Literno qualche contadino ammette di non portare in tavola ciò che coltiva. O meglio: "Ci sono campi dove cresciamo la frutta e verdura sana, e altri inquinati dalla camorra". Addirittura, aggiunge un impiegato di Trentola Ducenta, 17 mila abitanti, "chi si trasferisce in zona può essere accolto da uno strano rito: gli agricoltori ti regalano una cassa di frutta, e tu devi accettarla. Anche se temi che possa essere inquinata, anche se sai benissimo che c'è frutta e frutta". In caso di scarso entusiasmo, sei inquadrato al volo come "un nemico, uno del quale non fidarsi. E ti emarginano".

Cronache dell'impossibile? C'è chi giura di sì, e chi invece conferma per esperienza diretta. Resta il fatto che tanti tacciono, in generale, per scongiurare vendette. Ma qualcuno, ogni tanto, alza la testa: tipo Domenico Ciccarelli, 28 anni, esponente Idv a Giugliano. Un ragazzo che ha sperimentato come "se provi a bonificare certi terreni, la burocrazia s'irrigidisce, mettendosi all'improvviso di traverso". Non sempre, insomma, "è lecito scoprire cosa c'è sottoterra". E non sempre, va aggiunto, basta il mastice ambientalista per tappare tutti i buchi. Su Internet, ad esempio, l'Oasi dei Variconi è presentata come "un'emozione unica" sul lato sinistro del Volturno, "una delle ultime zone umide d'Italia", e per giunta "a protezione speciale per l'alto numero di uccelli migratori". Tutto vero, verissimo. Senonché, quando sono arrivati in visita gli studenti dell'Istituto Vittorio De Sica di Volla, provincia di Napoli, l'imbarazzo è stato inevitabile: "Non ci aspettavamo tanta spazzatura", dice un ragazzino: "Certo succede che mare e fiumi rigettino a terra i rifiuti delle correnti, ma avevamo davanti una striscia d'immondizia alta un metro e lunga 50".

Si trattava, dicono gli attivisti del mensile locale "Informare", "di pattume recuperato in precedenti opere di bonifica e poi accorpato là". Il che riflette un clima, una difficoltà costante che troppo spesso scivola in abitudine. La stessa sensazione che, poco distante, trasmettono i Regi Lagni, in teoria vanto della Campania intera e in pratica "sintesi indecorosa dei rifiuti domizi", segnala Morlando. Tutto è partito quattro secoli fa, quando questo capolavoro di ingegneria idraulica fu costruito tra Vesuvio e Volturno. "Era un sistema di canali che scendeva al mare, e ha finito per diventare un'immensa discarica". Nel corso degli anni, documentano le cronache, si sono sovrapposte proteste e promesse, interventi pubblici e ripetuti ritardi. Fino allo stato odierno: "Ci sono comuni", spiega un dipendente del depuratore Foce Regi Lagni, "che ancora sversano lì dentro i loro scarti". E il risultato di tanta incuria, e incoscienza, si può misurare dove l'ultimo di questi canali sfocia nel Tirreno. In un'atmosfera surreale, gli anziani della costa domizia trottano su calessi nell'acqua bassa, chiacchierando al cellulare mentre gli avanzi delle fogne s'impigliano lungo le sponde. "In passato", racconta il direttore di "Informare" Elio Romano, "calciatori e cantanti famosi frequentavano un locale qui vicino. Poi sono svaniti, anche per la tristezza del panorama...".

In lontananza, appena prima di mezzogiorno, sale in cielo il fumo degli incendi, appiccati nei campi per smaltire altre scorie. Più vicino, a Castel Volturno, svetta il gigante Giolì, il centro commerciale dove Tammaro Diana (titolare oggi in carcere, ascoltato dai magistrati sul fronte rifiuti) ha assunto anche la figlia dell'ex sindaco Antonio Scalzone. Due simboli che Antonello, 56 anni, allevatore di cani, non sopporta più: "Sono fuggito appunto da questo", dice, "dall'eccessiva carenza di legalità". La camorra, spiega, scaricava rifiuti tossici nel perimetro della sua azienda: "Prima ho finto di non vedere, poi non ho resistito". Ha quindi chiuso la sua attività, ha perso parecchi soldi, ed è "resuscitato in un'altra parte d'Italia".

L'ennesima vittima del potere domizio, si definisce lui stesso. O anche il solito impatto della "Rifiuti connection", come la chiama da sempre il leader di Wwf Campania Alessandro Gatto. Una gabbia costruita, tra le affettuosità di una certa politica, da "criminalità organizzata e forze massoniche".

"Poteri ai quali non vogliamo cedere", assicura Morlando, "ma che stravincono anche per la disattenzione di chi lavora a palazzo". Gli stessi, specifica, che nel 2007 hanno stabilito in Regione di creare un registro dei tumori per la provincia casertana, "e ancora non l'hanno avviato". Così, conclude un medico di Castel Volturno, "i nostri stessi concittadini si sentono rifiuti, scarti tossici di questa nazione". E i camorristi, soddisfatti, brindano.

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