Nonostante il vento di liberalizzazioni del governo Monti, resta il vincolo dei prezzi ribassati solo in certi periodi dell'anno. Secondo le associazioni di categoria a guadagnarci sarebbero i piccoli commercianti ma per i consumatori sarebbe meglio scegliere gli sconti durante tutto l'anno

Tra il 2 e il 5 gennaio iniziano i saldi invernali in tutte le città italiane. Qualcuno, un anno fa, scommetteva che questo retaggio di un'Italia ormai passata (sono nati con regio decreto nel 1939, in pieno corporativismo fascista) sarebbe stato spazzato via dal vento liberale promosso dal governo Monti, ma non è successo. Con il decreto Salva Italia del Natale 2011, infatti, l'esecutivo del Professore ha tolto ogni vincolo ai giorni e agli orari di apertura degli esercizi commerciali: ora si può tenere aperto fino a notte fonda, serrande aperte anche a Natale e i barbieri possono lavorare anche il lunedì. E i saldi? Rieccoli. Neanche sfiorati. L'hanno fatta franca pure stavolta.

Le cosiddette "vendite di fine stagione", nate con lo scopo di aiutare i commercianti a smaltire le rimanenze di magazzino, sono rigidamente regolate dalle singole Regioni. Oggi, però, la logica originaria si è persa visto che i saldi partono ai primi di gennaio e nella prima settimana di luglio, quando la fine dell'inverno e dell'estate non si scorgono neanche col binocolo. Ai tempi del fascismo a regolare il fenomeno erano i consigli provinciali delle Corporazioni. Una legge del 1979 – targata Dc ma votata da tutto il Parlamento – riportò in auge i saldi con un testo quasi identico al regio decreto di quaranta anni prima. Modificata nel 1980 e nel 1998 – con competenza trasferita dalle Camere di commercio alle Regioni – la sostanza è rimasta quella.

Il risultato è che i negozianti italiani non possono applicare i prezzi che vogliono fuori dal periodo dei saldi. O meglio, possono farlo, ma nessuno deve saperlo visto che non si può usare la parola "saldi" né mostrare il cartellino con il vecchio prezzo pieno e il nuovo prezzo ribassato. Per farla breve: chi vuole vendere merce a prezzo ribassato nei periodi non ufficiali non può farlo sapere a nessuno.

"Questo meccanismo dirigista ha creato situazioni grottesche - spiega Silvio Boccalatte, avvocato e membro dell'Executive team nell'istituto Bruno Leoni – con commercianti che inventano perifrasi per evitare la parola proibita ed espongono cartelloni con scritto 'vendita agevolata' o 'vendita di fine stagione'. E c'è qualche Regione che ha modificato la legge, vietando qualsiasi formula faccia intendere al consumatore che si sta vendendo merce a prezzo scontato. Rimane solo il passaparola".

In effetti il dirigismo ha portato a leggi dai risvolti anche piuttosto gustosi. In Valle d'Aosta ad esempio non basta fissare le date dei saldi, bisogna anche indicare ai Comuni "le modalità di separazione dei prodotti offerti […] da tutti gli altri". Insomma: l'esatta descrizione di scaffali e vetrine. Il Piemonte vuole conoscere anche i testi delle "asserzioni pubblicitarie". Il Lazio, nel regolamentare i pre-saldi vieta ai commercianti di "proporre condizioni favorevoli d'acquisto attraverso l'utilizzo di qualsiasi mezzo, compresi volantini, messaggi telefonici, fax, posta elettronica, lettere, annunci radiofonici o televisivi, manifesti, vetrofanie".

Già, perché quasi tutte le Regioni italiane proibiscono le vendite promozionali a ridosso dei saldi. Significa che sotto Natale e a giugno si fa shopping a prezzo pieno. Per legge. Nel frattempo il potere d'acquisto delle famiglie continua a crollare. E allora chi compra? "Se gli acquisti restassero in linea con il 2011 sarebbe già un successo enorme. Non abbiamo ancora i dati definitivi ma per i primi quindici giorni di dicembre ci aspettiamo una flessione di oltre il 10% rispetto allo stesso periodo di un anno fa" dice Roberto Manzoni, commerciante e presidente di Fismo, la federazione del settore moda di Confesercenti. "E' aumentato il costo dell'energia, è appena arrivata la terza rata Imu. Dove volete che si risparmi? Sui vestiti o sulle bollette?".

Per reagire allo stallo, la Lombardia prima (a giugno 2012) e la Campania poi (a ridosso del Natale 2012) hanno abrogato il divieto di fare vendite promozionali rispettivamente nei 30 e nei 45 giorni che precedono i saldi. Ma la paura di deregolamentare, sotto sotto, è rimasta: la misura rimarrà in vigore solo per un anno. "Vogliamo dare una boccata d'ossigeno ad un comparto praticamente in ginocchio, per rimettere in moto l'economia, a sostegno dei commercianti e dei consumatori" ha esultato il presidente del Consiglio regionale campano, Paolo Romano.

"E' un modo surrettizio per allungare i saldi di un mesetto. Ma la liberalizzazione è un'altra cosa" commenta invece Silvio Boccalatte. Ad ogni modo il problema non si pone, visto che secondo Manzoni "pochissimi commercianti campani e lombardi si sono avvalsi di questa possibilità". Insomma se le Regioni pensavano di fare un gradito regalo agli esercenti, hanno pescato un gigantesco granchio. "Anticipare i saldi significa svendere il Natale e bruciare i saldi veri, quelli che partiranno all'inizio del 2013. Sono misure completamente inutili, che anzi rischiano di danneggiarci ancora di più" insiste Manzoni.

Insomma, una levata di scudi. E si tratta solo di un breve – e temporaneo – strappo alla regola. Una liberalizzazione completa, secondo Manzoni che esprime la posizione di Fismo Moda, è impensabile: "I saldi sono l'unico evento del consumismo italiano. Estenderli a tutto l'anno significa uccidere i piccoli commercianti: vinceranno i grandi gruppi che possono spendere migliaia di euro in campagne promozionali".

"La verità – conclude Manzoni - è che questa regolamentazione è democratica, perché tutela tutti, anche i più piccoli. La liberalizzazione difende i forti e i furbi".

Secondo Boccalatte la verità è un'altra: "I commercianti si oppongono alla liberalizzazione perché hanno paura che si abbassino i prezzi. Preferiscono vendere un capo con un ricarico di cento piuttosto che tre capi a prezzo ridotto. Con questa crisi, è una scommessa".

Liberalizzare i saldi a chi conviene? Secondo l'avvocato, a tutti: "I consumatori avrebbero più scelta e quindi più risparmio. Tra i commercianti sarebbe concorrenza vera, poi starebbe al mercato premiare la qualità dell'offerta. Pensi a un giovane che apre una nuova attività: potendo fare i prezzi che vuole potrebbe attirare nuova clientela. E se è un ciarlatano, il passaparola lo stroncherà. Succede anche con noi avvocati".