Il fallimento della debt agency più chiacchierata degli ultimi mesi rischia di mettere in ginocchio molte famiglie italiane, che in alcuni casi hanno sborsato migliaia di euro per far chiudere un debito o evitare un pignoramento. E ora si prospetta anche l'incubo disoccupazione per oltre 200 dipendenti
Doveva aiutare i consumatori a chiudere i debiti con banche, finanziarie ed Equitalia. Invece è stata proprio Agenzia Debiti a portare i libri in tribunale. Un paradosso che farebbe sorridere, se non fosse che il fallimento della debt agency più chiacchierata degli ultimi mesi rischia di mettere in ginocchio molte famiglie italiane, che in alcuni casi hanno sborsato migliaia di euro per far chiudere un debito o evitare un pignoramento. Adesso è iniziata la corsa contro il tempo: entro il 25 marzo chi ha pagato con bonifici, assegni o cambiali la società fallita dovrà presentare l'istanza di ammissione al passivo presso il tribunale di Milano (
qui le indicazioni). Altrimenti rischia di non rivedere mai più i soldi versati.
Agenzia Debiti è fallita il 30 novembre 2012. Nella sede di Milano non risponde più nessuno e le mail che abbiamo mandato alla responsabile della comunicazione sono tornate indietro. Ma se la bancarotta è recente, la storia è nota da tempo. Già dai primi mesi del 2012, infatti, molte associazioni di consumatori hanno denunciato la spregiudicatezza dell'azienda. Che prometteva di ridurre i debiti fino al 70% grazie al lavoro di mediazione di avvocati "con anni di esperienza e ottimi rapporti con il mondo delle banche", come recitavano gli addetti al call-center. I clienti venivano munti fin da subito: Agenzia Debiti chiedeva 390 euro solo per aprire la pratica e fare le visure, sulla base dei documenti che lo stesso cliente spediva con un plico. A seconda dell'entità del debito la parcella ammontava fino a diverse migliaia di euro da pagare in anticipo. C'è chi ne ha versati anche 10.000.
Ma c'è dell'altro. Come denunciato da molti consumatori e da un ex dipendente, spesso Agenzia Debiti consigliava ai clienti di non onorare le rate di un finanziamento, in modo da arrivare alla procedura del saldo e stralcio. Funziona così: se un debitore viene considerato inaffidabile dal creditore, il suo debito viene venduto – a prezzo stracciato – a una società terza, che si accolla il rischio di non rivedere più quei soldi e, quindi, tartassa il debitore con lettere e telefonate. Qui interveniva Agenzia Debiti che trattava con la società terza (detta anche società di factoring) al posto del debitore. Per questa mediazione il cliente pagava una cifra tra il 5 e il 15% del debito iniziale. Nel frattempo, però, entrava anche nel registro dei cattivi pagatori, azzerando le possibilità di ottenere prestiti in futuro.
Creditori o debitori? Ora la palla passa al tribunale di Milano. Il prossimo appuntamento è fissato per il 24 aprile, quando si terrà l'udienza di verifica dei crediti. Ma c'è un altro paradosso: ad oggi i consumatori rimasti con il cerino in mano non hanno alcun diritto. Anzi, sono debitori anziché creditori di Agenzia Debiti. Perché hanno firmato un contratto che li ha impegnati a versare una somma in cambio di un servizio. Il giudice delegato Irene Lupo è attesa da un compito delicatissimo: valutare caso per caso e stabilire se i contratti firmati erano delle truffe o, semplicemente, non sono stati onorati. Decidere, cioè, se i clienti caduti nella rete di Agenzia Debiti hanno diritto a riavere i propri soldi oppure no.
"La mole di lavoro è enorme, stiamo ancora mettendo in ordine tutte le carte. Consiglio ai clienti di rivolgersi alle associazioni di consumatori per tutelarsi" spiega a l'Espresso l'avvocato Luigi Carlo Ravarini, curatore fallimentare, "Sempre che il giudice li riconosca come creditori, per i clienti sarà difficile riavere le somme versate. La situazione di Agenzia Debiti è molto grave. Ad ogni modo, se non si presenta la richiesta di ammissione al passivo entro il 25 marzo ci si preclude anche questa possibilità".
Lavoratori a spasso. Agenzia Debiti ha seguito lo stesso destino di Baldini & Partners, la società che dall'agosto 2011 ha gestito il marketing e soprattutto le attività del call center, il vero core-business della debt agency. La B&P è fallita il 26 ottobre 2012 e i vertici della società sono stati arrestati a settembre. Il Pm milanese Stevano Civardi ipotizza per l'avvocato Mariano Baldini l'associazione a delinquere finalizzata alla bancarotta fraudolenta e al riciclaggio di denaro. Insieme ad altre quattordici persone avrebbe protetto denaro proveniente anche da famiglie camorriste.
Oltre a migliaia di clienti, il doppio fallimento mette sulla graticola anche gli oltre 200 dipendenti delle due società. Agenzia Debiti ne aveva in pancia 35, gli altri 191 erano in capo alla B&P. Molti di loro si sono uniti ai consumatori nella richiesta di ammissione al passivo, nel tentativo di recuperare stipendi e Tfr mai ricevuti. "Nell'estate scorsa è arrivata un'infornata di assunzioni, tra le quali la mia. Gli stipendi di settembre e ottobre non sono mai stati pagati", spiega all'Espresso un ex dipendente del call center che preferisce restare anonimo, "Per andare a lavorare in Agenzia Debiti e in B&P c'è chi aveva rinunciato alla disoccupazione, chi si era trasferito dal Sud firmando contratti di affitto che poi non ha potuto onorare".
Eppure fino a settembre 2012 la società si vantava di gestire "circa 1,5 miliardi di euro di massa debitoria" e di essere in continua crescita. Tanto che da aprile 2012 Agenzia Debiti aveva avviato un progetto per aprire 600 sedi in franchising. "Il fallimento è stata una doccia fredda per tutti noi" continua l'ex operatore del call center, "ci siamo accorti della mal parata quando un giorno, in pausa pranzo, abbiamo visto arrivare cinque volanti della Guardia di Finanza sotto la nostra sede". Da lì il tracollo e la grandinata quotidiana di licenziamenti. "Anche io ho chiesto di essere inserito nella lista dei creditori" continua la nostra fonte, "ma so già che nessuno di noi vedrà mai un soldo. Né stipendi, né Tfr, né ferie". Secondo gli inquirenti le due società avrebbero anche "dimenticato" di versare 5 milioni di euro di tasse e contributi previdenziali.
Così i 226 dipendenti (ma a questi bisogna aggiungerne 60 licenziati allo scadere del periodo di prova) si sono rivolti ai sindacati. "Per entrambe le aziende sono stati già concessi due mesi di cassa integrazione in deroga dal giorno del fallimento fino al 31 dicembre 2012" spiega Massimo Cuomo, funzionario Filcams Cgil di Milano. Ma la vera partita sindacale si sta giocando adesso: "Abbiamo chiesto la cassa integrazione fino a maggio per i 35 lavoratori AD e fino a giugno per i 191 di Baldini & Partners. Aspettiamo risposta dalla regione Lombardia e dal Ministero". "Ma anche se dovesse arrivare il sì" continua Cuomo, "i dipendenti non percepiranno un euro per almeno 3-4 mesi. I tempi di reazione della Regione sono lunghissimi".
La batosta di Antitrust. Gli arresti, il fallimento, la presunta evasione fiscale. E la maxi multa. A ridosso di Natale infatti l'Antitrust ha comminato una sanzione da 100.000 euro ad Agenzia Debiti e 50.000 euro a Baldini & Partners per pratiche commerciali scorrette. Oltre alle false promesse e ai metodi spregiudicati, dalla relazione dell'authority si legge che Agenzia Debiti "non era in possesso di licenza per l'esercizio di un'agenzia d'affari né aveva presentato una Scia (Segnalazione Certificata di Inizio Attività): non era in sostanza un'agenzia in regola come invece si accreditava".
Le multe, però, sono arrivate quasi un mese dopo il fallimento. "Il recinto è stato chiuso quando i buoi non solo erano scappati, ma erano già in un altro continente" commenta amaro il curatore fallimentare, l'avvocato Carlo Ravarini. "Se questo provvedimento fosse arrivato prima Antitrust avrebbe potuto dare un segnale forte ai consumatori. E forse oggi non ci troveremmo in questa situazione".
Dall'Antitrust fanno notare che "la procedura è stata avviata tempestivamente non appena è arrivato un flusso consistente di denunce; la procedura è stata poi estesa a un secondo soggetto (Baldini & Partners,
ndr) e uno dei due professionisti ha partecipato attivamente al procedimento, inviando memorie fino all'ultimo. Ci sono regole precise che impongono all'Autorità di tenere adeguatamente conto delle esigenze del diritto di difesa. Non farlo violerebbe quelle regole e comporterebbe in questo, come in tanti altri casi, anche il rischio che il giudice amministrativo annulli i provvedimenti dell'Autorità".
La multa, comunque, potrebbe restare puramente teorica. Se il tribunale dovesse riconoscere i clienti come creditori, l'Antitrust dovrà mettersi in fila con il cappello in mano.