Assolti i membri della Commissione Grandi Rischi condannati in primo grado per omicidio colposo per non aver allertato la popolazione del sisma imminente. Oggi quella storia ingarbugliata si risolve con una semplice verità: la scienza non dà certezze, è la politica che deve usare le sue ipotesi per proteggerci

È arrivata l’attesa sentenza del Tribunale d’Appello de L’Aquila. Giulio Selvaggi, Franco Barberi, Enzo Boschi, Mauro Dolce, Claudio Eva e Michele Calvi sono stati assolti e Bernardo De Bernardinis, della Protezione civile, è stato condannato a due anni. I parenti delle vittime e tutta la popolazione del capoluogo abruzzese manifestano la loro indignazione nei confronti di una corte che non ha riconosciuto la colpevolezza degli scienziati. E nessuno pensa nemmeno lontanamente che loro (le vittime) non abbiano ragione quando cercano un colpevole delle loro tragedie. Ma può la scienza dare quelle certezze che chiede l’opinione pubblica quando sono in ballo delle vite? La risposta è semplice: no. Perché qualunque scienza applicata (come la geologia o la medicina) può solo dare verità statistiche, ovvero può solo dirci che “forse”, “chissà”, “può darsi”. E da qui nascono i problemi. Cercherò di spiegare perché

A L’Aquila i geologi sapevano che la Terra dava segnali di voler fare qualcosa di inusuale. Con che probabilità questo sarebbe accaduto non lo si poteva dire con certezza (il due per cento si lesse a un certo punto, ma poi molte parole sono corse). Certo, qualcosa di strano stava accadendo. Le evidenze scientifiche erano sufficienti a far sgombrare un’intera città? Gli uomini della Commissione Grandi Rischi ritennero di no. Ma…

Il Tribunale d’Appello de L’Aquila oggi condanna solo De Bernardinis, l’uomo della protezione civile, e fa bene. Perché di fronte alle percentuali degli scienziati, alle loro cautele, ai loro “chissà”, lui, l’uomo della politica aveva il dovere di prendere decisioni politiche. E anche di assumersene i rischi.

Resta che i sei della Commissione se la sono cavata. Forse era inevitabile perché, lo ripeto fino allo sfinimento, la scienza non dà certezze. Ma io non sono contenta del tutto perché quei professoroni hanno fatto per mesi la coda del pavone, si sono ingiuggiolati di essere la COMMISSIONE GRANDI RISCHI, hanno prestato le loro facce al governo Berlusconi e agli inciuci di Bertolaso. E se la cavano con poco… fino a un certo punto. Perché si sono presi una bella paura. Hanno fatto una figuraccia senza limiti. E forse questo insegnerà ai loro colleghi a fare meno i pavoni e a prendere più sul serio gli uffici pubblici. Ribadisco così quel che scrissi al tempo della prima sentenza in questo blog.

Eppure, per quanto irritanti siano gli scienziati che fanno finta di avere certezze, basta a condannarli per un evento del quale non potevano assolutamente prevedere con certezza alcunché? Francamente no.
Ma la morale di questa storia è limpida e chiara: dobbiamo smettere tutti di credere a questa gente quando mette su la coda del pavone e semina verità.

Dobbiamo capire tutti che la scienza è uno strumento, il migliore degli strumenti possibili, per ottenere dei risultati. Ma che è la politica a dover prendere le decisioni.

Dobbiamo renderci conto che la statistica è il più utile dei mezzi per intravedere la verità e immaginare ciò che accadrà, non è la verità.

Quindi ha fatto bene il Tribunale abruzzese a condannare De Bernardinis. Lui è l’incaricato del Governo. Lui doveva prendere decisioni anche scomode. Lui non ha fatto niente per calmierare alcuni (anche solo alcuni, magari pochi) effetti del terremoto.

Ora vediamo cosa dirà la Cassazione. Ma a L’Aquila si è scritto un capitolo della storia della scienza italiana. Non è come ha detto l’avvocato Coppi che si è riabilitata la credibilità dei suoi blasonati clienti (forse sì, ma non è quello che ci interessa): i giudici hanno messo i paletti, hanno mostrato all’opinione pubblica cosa deve pretendere e da chi. Alla scienza chiediamo teorie, previsioni statistiche, scenari. Ma stiamo ben attenti a vedere cosa ci fanno i politici con quei dati.