L'Italia ferma l'ingresso dell'India nel club dei missili. Loro rispondono bloccando il contratto per i cannoni Oto Melara. Una sfida internazionale con ogni tipo di ordigno

Noi blocchiamo i loro missili, loro fanno fuoco contro i cannoni. I siluri però restano ancora carichi... Cronache di guerra tra Italia e India, una battaglia combattuta con armamenti veri, ma sul fronte diplomatico e commerciale. Con un unico punto certo: i due marò restano prigionieri della giustizia di New Delhi da tre anni e mezzo. Mentre l'arbitrato internazionale che deciderà la sorte di Massimiliano Girone e Salvatore Latorre è in corso, i due paesi si sfidano in diverse partite. Tutte a sfondo bellico, con ricadute multimilionarie.

Il primo attacco è stato lanciato da Roma, che ha bloccato l'ingresso dei rivali nel Mtcr, il Missile Technology Control Regime, ossia il club delle nazioni che dispongono di tecnologia missilistica d'alto livello. Non è un circolo molto esclusivo, visto che i soci sono ben 34. Ma americani, tedeschi, francesi e britannici ci tenevano molto all'ammissione dell'India, che avrebbe forse semplificato le esportazioni di componenti hi-tech verso quel paese. I nostri invece hanno posto il veto.

In realtà, se guardiamo alla natura del gruppo, tenere fuori New Delhi non contribuisce certo alla pace mondiale. Infatti Mtcr è un comitato che ha l'obiettivo di contrastare la proliferazioni di armi di distruzione di massa, nato per vigilare sulle testate nucleare e poi allargato ai vettori che possono lanciare ogive chimiche o batteriologiche, tornate a essere lo spettro dell'apocalisse in tempi di terrorismo globale. Ma il governo Renzi sembra essere deciso a giocare tutte le carte disponibili per risolvere la questione dei due marò. E fare capire pure ai nostri partner atlantici che la pazienza è finita.

Il premier Narendra Modi quanto a nazionalismo però non teme rivali. E la prima replica è arrivata due giorni fa sospendendo Finmeccanica dalla gara per i nuovi cannoncini della flotta indiana: la fornitura di 110 pezzi da 30 millimetri poteva fruttare alla Oto Melara circa 400 milioni di euro. Lo stop è venuto dal governo che ha bandito il gruppo tricolore da ogni appalto finché non sarà chiusa l'indagine sulle tangenti di Agusta per vendere elicotteri all'aviazione indiana. Il procedimento è stato aperto nel 2010 dopo le rivelazioni della nostra magistratura. Ma mentre a Busto Arsizio il dibattimento in primo grado si è chiuso solo con una condanna per illeciti fiscali, escludendo il pagamento di mazzette, l'istruttoria locale procede con lentezza.

La bordata ha colto Finmeccanica di sorpresa. Pochi mesi fa la marina indiana aveva approvato un altro contrattone da circa 230 milioni di euro, dando via libera all'acquisto di 13 cannoni pesanti da 127 millimetri, sempre della Oto Melara. Si tratta del modello “Vulcano”, in grado di sparare proiettili razzo: il più avanzato esistente al mondo. All'epoca il ministro della Difesa Parrikar aveva dichiarato in televisione: «Finmeccanica non controlla solo Agusta ma 39 aziende. Dobbiamo fermare i rapporti con tutte le 39? Non sono d'accordo, i militari hanno bisogno di equipaggiamenti».

Adesso dopo l'intervento italiano sul club missilistico, il governo di New Delhi sembra averci ripensato. Anche se circola un'altra interpretazione, un po' bizantina. Finmeccanica verrà tenuta fuori solo dalle gare in cui si sono altri concorrenti, mentre potrà ottenere i contratti in cui non ha rivali. Una premessa che dovrebbe lasciare aperta la porta alla fornitura di siluri d'ultima generazione Black Shark, prodotti dalla Wass di Livorno, un'altra delle controllate. L'accordo per 98 ordigni vale 300 milioni di dollari ed è fortissimamente spinto dalla flotta locale, che tra poco riceverà nuovi costosissimi sottomarini ma non ha di che armarli. Anche questo affare sfumerà per la controversia sui due fanti di marina, accusati di avere ucciso due pescatori nel 2012 mentre scortavano un mercantile e che si sono sempre professati innocenti?

Tra i contrasti internazionali e i sospetti di corruzione, a Finmeccanica la disfatta indiana rischia di costare complessivamente più di due miliardi. Una brutta botta per i bilanci, molte armi in meno in giro per l'Asia.