Se vince il Sì nella consultazione del 4 dicembre, la tentazione del voto anticipato sarà irresistibile. Obiettivo: chiudere i giochi. In Italia e in Europa

Un voto tira l’altro. E se in televisione, tutte le sere, va in onda Armageddon, il Giudizio universale, lo scontro tra il sì al referendum sulla riforma della Costituzione e il fronte del no, nei palazzi della politica si comincia a guardare al giorno dopo, il day after, la tappa successiva: una campagna elettorale lunga un anno, tutto il 2017.

«Il 25 marzo 2017, il giorno del vertice dei 27 paesi Ue a Roma, sarà la data spartiacque, cruciale, decisiva», ha detto Matteo Renzi alla Camera il 12 ottobre. Un nuovo passaggio del destino, dopo quello del 4 dicembre che assomiglia sempre di più, nei progetti del premier, alla prima tappa di una lunga corsa più che alla chiusura della partita. Per arrivare in volata al voto politico, a nuove elezioni. Da anticipare rispetto alla scadenza naturale della legislatura prevista per l’inizio del 2018.

Nessuno o quasi ne parla. Eppure l’idea che questo scenario sia possibile, anzi, probabile, sembra l’unica consapevolezza comune tra le due anime del Pd, il doppio partito che si combatte e dilania in Parlamento, in largo del Nazareno, nelle piazze e nei convegni. Il referendum del 4 dicembre, visto dall’interno del Pd, serve a dare le carte, vincenti e perdenti.

Poi i due fronti si organizzeranno di conseguenza, in vista del vero appuntamento che stabilirà la vita o la morte di un paio di generazioni politiche, il voto con il nuovo assetto istituzionale, in caso di vittoria del sì. O con un sistema politico senza più certezze, in caso di vittoria del no.

Chiedere a un renziano se nei calcoli del premier sia messo in conto il voto anticipato nel 2017 significa ottenere la stessa risposta che veniva data quando nel 2013 si domandava delle intenzioni di Renzi verso Enrico Letta: il governo sta lavorando, proseguirà... Eppure il calendario offre a Renzi un allineamento dei pianeti favorevole e irripetibile, un’occasione da non perdere.

Alla fine della primavera 2017 si voterà in Francia per il nuovo inquilino dell’Eliseo: l’attuale presidente François Hollande nei sondaggi è dato tra il 10 e il 13 per cento, in testa -almeno al primo turno - c’è Marine Le Pen. In autunno andrà al voto anche la Germania, con Angela Merkel in crescente difficoltà, nel suo partito e nell’elettorato. Con i due maggiori paesi dell’Unione europea in campagna elettorale sono sei mesi di instabilità politica assicurata: per Renzi uno spiraglio per inserirsi da protagonista nel grande gioco europeo, a patto di saperne approfittare. L’eventuale prevalenza del sì al referendum lo consacrerebbe agli occhi della comunità internazionale come uno degli ormai rari governanti in grado di chiedere un voto popolare sulle sue riforme e di vincerlo. Una successiva campagna elettorale lampo, con gli avversari del Movimento 5 Stelle e il centro-destra ancora in fase di riorganizzazione delle truppe, trasformerebbe Renzi nel premier più stabile d’Europa. Capace di riscrivere i rapporti di forza a Bruxelles quando si andrà a negoziare per riscrivere i trattati.

Con l’obiettivo di far diventare l’Italia renziana il pilastro della nuova Europa, con la Spagna dei governi all’italiana e l’Inghilterra ormai fuori. Senza la vittoria il 4 dicembre la macchina non si mette in movimento. Ma in caso opposto la tentazione di incassare tutta la posta con un clamoroso rilancio elettorale per Renzi diventerebbe irresistibile.

Anche l’altro Pd, quello della minoranza di Pier Luigi Bersani, lacerata tra mille convulsioni, tra il rischio dell’irrilevanza a restare dentro il Pd e quello dell’insignificanza elettorale a cercar fortuna fuori, mette nel conto che nei piani del premier ci siano le elezioni anticipate. L’ex segretario ne parla apertamente: «Se vince il no al referendum», ragiona Bersani, «le elezioni anticipate vengono cancellate dall’agenda: bisogna fare una legge elettorale per il Senato, che a quel punto resterebbe in vita con gli attuali poteri, e riscrivere l’Italicum. Se vince il sì, invece... Non venitemi però a raccontare storie. È un’illusione pensare che Renzi possa vincere il referendum e subito dopo le elezioni».

Le incognite sono tante, una in particolare: lo scioglimento anticipato del Parlamento passa dal Quirinale, non si indicono nuove elezioni se non è venuta meno la maggioranza parlamentare e Sergio Mattarella farà rispettare rigorosamente la norma costituzionale. C’è poi la sentenza della Consulta sull’Italicum, attesa per il dopo referendum. il tam tam dice che i giudici costituzionali si preparano a eliminare la parte della legge elettorale che riguarda i capilista bloccati e le candidature multiple, con un intervento che non richiederebbe un nuovo passaggio in Parlamento. Una bocciatura in blocco della legge renderebbe invece impossibili le elezioni anticipate. Lo stop alle tentazioni di gloria di Renzi. Il 4 dicembre si voterà anche su questo.